Paderno: l’immigrazione vista da chi lavora in prima linea nei centri e sulle navi ''ONG''

Come fa un rifugiato appena sbarcato ad arrivare a Paderno d'Adda? Questa è la domanda alla quale hanno risposto, nella serata di giovedì 20, Riccardo Gatti di Medici Senza Frontiere e l'operatrice legale Veronica Vergani.


"Ogni individuo ha diritto alla libertà di movimento e di residenza entro i confini di ogni Stato. Ogni individuo ha diritto di lasciare qualsiasi paese, incluso il proprio, e di ritornare nel proprio paese", così cita l'articolo 13 della dichiarazione universale dei diritti umani. Principio che purtroppo ancora oggi non viene sempre rispettato. I dati di fine 2021 dicono che ci sono 82.3 milioni di persone costrette ad emigrare che vengono maggiormente accolte da Turchia, Colombia, Germania, Uganda e Pakistan. L'80% dei rifugiati proviene da paesi di basso medio reddito: Siria, Venezuela, Afghanistan, Sud Sudan, Myanmar. In Italia i punti di sbarco principali sono Lampedusa, Crotone e Roccella Ionica. Circa 111 mila persone sono presenti nel sistema di accoglienza italiano a marzo 2023, è un trend in continua crescita che registra ogni anno il picco più alto nei mesi estivi. Al lecchese, nel primo trimestre del 2023, sono stati assegnati 158 migranti, le presenze complessive sono però di 500 individui con una disponibilità di 495 posti letto rispetto alle 330 mila persone residenti in tutta la provincia.

 

 

"Sono passati quasi due mesi dal naufragio avvenuto al largo delle coste di Steccato di Cutro in Calabria il 26 febbraio, in cui hanno perso la vita 94 persone di cui 35 minori. Fin dai giorni successivi alla tragedia si è discusso a lungo dei ritardi nei soccorsi e nei rimpalli di responsabilità. Resta da capire perché a seguito dell'avvistamento della nave da parte di Frontex (l'Agenzia europea della guardia di frontiera e costiera) non ci siano stati interventi di soccorso delle autorità italiane seguendo il protocollo SAR (Search and Rescue) ma sia invece intervenuta la guardia di finanza che non disponeva degli strumenti per effettuare una missione di salvataggio". È da questo episodio che all' associazione Rifugio e alla Consulta Giovani di Paderno e Montevecchia, è scaturita l'idea di parlare di immigrazione con due esperti del campo.

 

Riccardo Gatti, responsabile delle operazioni di soccorso in mare per Medici Senza Frontiere, si dedica a questo tipo di salvataggi dal 2015 svolgendo le mansioni di comandante capo missione e pilota. Riccardo ha spiegato che il soccorso è dettato da diverse convenzioni e obblighi che portano tutti la stessa dicitura: ogni autorità che viene a conoscenza della presenza di persone a rischio, deve intervenire mettendo a disposizione tutte le risorse disponibili per portarli in salvo in maniera sicura. Ad oggi solamente le navi di organizzazioni non governative (ONG) agiscono in modo sistematico nel Mediterraneo centrale, a causa della mancanza di un operativo europeo attivo nei soccorsi nel mar Mediterraneo. La situazione era ben diversa nel 2013, quando era vigente l'operazione "Mare Nostrum", indetta dal governo italiano a seguito di gravi naufragi lungo le coste di Lampedusa. Le navi e gli aerei della Marina Militare pattugliavano le zone dove si sarebbero potute incontrare potenziali persone in pericolo per poi dare l'allarme. Operazione che purtroppo si è conclusa alla fine del 2014 - portando in salvo 180 mila persone - in quanto da patto, solo l'Italia era omologata ad effettuare questo tipo soccorso quando invece era necessario un supporto a livello europeo. Furono attivate così altre missioni, non più a livello nazionale, tra cui l'operazione Triton capitanata da Frontex. Fino al 2019 ogni imbarcazione individuata faceva scattare un'operazione in mare, da quando il controllo è passato alla polizia di frontiera non è più possibile operare in questo modo. Negli anni sono cambiate anche le comunicazioni, mentre prima si indicava dove indirizzare le navi nei soccorsi, ora si passa tutto il giorno a scrutare l'orizzonte con binocoli e a ricevere messaggi di allerta dagli aerei ONG o dalle stesse imbarcazioni in pericolo. Una volta individuata un'imbarcazione si compie un'analisi della situazione per valutare il livello di rischio, lo stato dell'imbarcazione e del mare, dei passeggeri e la presenza delle scialuppe. Avviene quindi il trasferimento dei superstiti sulla nave di Medici senza frontiere che poi vengono fatti sbarcare in Italia, in un porto che però spesso viene dato il più lontano possibile allungando così i giorni di viaggio e sofferenza. Il lavoro di Riccardo finisce non appena i rifugiati toccano terra in un luogo sicuro, lasciando il posto a quello di Veronica.

 

Veronica Vergani è un operatore legale per il Sistema Accoglienza Integrazione (SAI) ed è direttore di due Centri di Accoglienza Straordinaria (CAS) di Monza, che nel corso della serata ha guidato i presenti nel percorso tedioso che i rifugiati percorrono per l'ottenimento del permesso di soggiorno. Una volta completato lo sbarco, il ministero dell'interno indirizza i migranti, attraverso le prefetture, alle diverse provincie italiane, dopo aver effettuato verifiche sanitarie e di identità. Vengono quindi predisposti dei pullman che li trasportano al paese assegnato dove vengono presi in carico dagli enti gestori. Se queste persone vogliono rimanere in Italia devono fare richiesta di asilo politico. L'unico modo per farlo legalmente è attraverso il Decreto flussi, una legge varata dal governo che stabilisce ogni anno quanti cittadini stranieri non comunitari possono entrare in Italia per motivi di lavoro. Veronica ha quindi illustrato i sei step necessari per ottenere il riconoscimento di questa protezione internazionale.

Il processo purtroppo risulta spesso lungo e tedioso, ma nel momento in cui la si ottiene, la protezione internazionale garantisce al beneficiario di non poter essere rimpatriato. Se si risulta quindi idonei all' ottenimento, la protezione si manifesta nell'asilo politico, che è il permesso di soggiorno più forte che abbiamo in Italia della durata di 5 anni, in protezione sussidiaria, che anch'essa vale 5 anni e fornisce un titolo di viaggio speciale o in protezione speciale che va a coprire due anni. Si procede quindi con la compilazione del modello C3 che rappresenta la formalizzazione della domanda di richiesta d'asilo a seguito della quale dopo 30 giorni si può iniziare a lavorare regolarmente e che inoltre conferisce il diritto all'accoglienza per chi è privo di mezzi per mantenersi. Questi ultimi finiscono nei centri dove opera anche Veronica e che orientano questi cittadini all'interno del loro nuovo paese.

Ciò che è emerso durante la serata è che le migrazioni sono fenomeni che non smetteranno mai di esistere e sarebbe dunque importante cambiarne la narrazione. Il testo unico sulla migrazione risale infatti al 1998, sarebbe tempo di smettere di chiamarla emergenza ma invece considerarla fenomeno strutturale variabile, chissà se così le politiche di gestione cambieranno. Il sindaco Gianpaolo Torchio ha ringraziato di cuore le tre consulte di giovani che hanno messo i presenti di fronte ad una tematica importante che ha portato, e sempre porterà, forti conseguenze nella nostra società.

I.Bi.
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