Non è così che si aiutano le donne
In questi giorni la cronaca ha riportato due casi in cui le mamme hanno deciso di affidare il loro neonato al sistema legale di adozione per dare loro un futuro migliore.
La cronaca si è buttata su queste notizie costruendo un pietistico teatrino di appello alla madre in difficoltà affinché riveda la sua dolorosa scelta.
Noi donne e il Gruppo Sanità di Unione Popolare Lecco denunciamo la nostra contrarietà, per prima cosa, alla grave violazione del codice di deontologia medica che garantisce l'anonimato dei pazienti in generale e maggiormente in questi casi delicati. Una donna che già si trova in una situazione dolorosa e difficile non deve essere così esposta al pubblico giudizio, anche se mascherato da caritatevole appello.
Malissimo hanno fatto i sanitari coinvolti a divulgare il fatto. La legge (DPR 396/2000, art. 30, comma 2) garantirebbe la possibilità di questa scelta difficile, tutelando il non riconoscimento del neonato, ma fa più scena montare il caso pietoso.
Invece di fare appelli a persone già straziate, mettiamo soldi in tutto ciò che veramente può sostenere le mamme in difficoltà.
Infatti, in secondo luogo, ma non meno importante, chiediamo: quali sono i provvedimenti sociali attivi, di sostegno reale e concreto alle persone in difficoltà economica o personale? Dove sono i Consultori? Dove è l'assistenza psicologica? Dove sono le abitazioni sociali e i sostegni pratici ed economici? Qualunque assistente sociale dei nostri comuni può parlare per ore della gravissima mancanza di mezzi e soluzioni a cui si può fare ricorso.
Ci si riempie la bocca di parole sulla maternità, sulla famiglia, sulle donne, poi si accetta tranquillamente che esse debbano firmare dimissioni anticipate in caso di gravidanza. Solo il 12% dei bambini in Italia può avere accesso a un Nido e tutti i pensionati italiani sanno che, senza il loro aiuto, le donne non potrebbero lavorare e realizzarsi.
Se veramente si hanno a cuore i diritti delle donne e dei bambini, meno ipocrisia spettacolare e più fatti concreti.
La cronaca si è buttata su queste notizie costruendo un pietistico teatrino di appello alla madre in difficoltà affinché riveda la sua dolorosa scelta.
Noi donne e il Gruppo Sanità di Unione Popolare Lecco denunciamo la nostra contrarietà, per prima cosa, alla grave violazione del codice di deontologia medica che garantisce l'anonimato dei pazienti in generale e maggiormente in questi casi delicati. Una donna che già si trova in una situazione dolorosa e difficile non deve essere così esposta al pubblico giudizio, anche se mascherato da caritatevole appello.
Malissimo hanno fatto i sanitari coinvolti a divulgare il fatto. La legge (DPR 396/2000, art. 30, comma 2) garantirebbe la possibilità di questa scelta difficile, tutelando il non riconoscimento del neonato, ma fa più scena montare il caso pietoso.
Invece di fare appelli a persone già straziate, mettiamo soldi in tutto ciò che veramente può sostenere le mamme in difficoltà.
Infatti, in secondo luogo, ma non meno importante, chiediamo: quali sono i provvedimenti sociali attivi, di sostegno reale e concreto alle persone in difficoltà economica o personale? Dove sono i Consultori? Dove è l'assistenza psicologica? Dove sono le abitazioni sociali e i sostegni pratici ed economici? Qualunque assistente sociale dei nostri comuni può parlare per ore della gravissima mancanza di mezzi e soluzioni a cui si può fare ricorso.
Ci si riempie la bocca di parole sulla maternità, sulla famiglia, sulle donne, poi si accetta tranquillamente che esse debbano firmare dimissioni anticipate in caso di gravidanza. Solo il 12% dei bambini in Italia può avere accesso a un Nido e tutti i pensionati italiani sanno che, senza il loro aiuto, le donne non potrebbero lavorare e realizzarsi.
Se veramente si hanno a cuore i diritti delle donne e dei bambini, meno ipocrisia spettacolare e più fatti concreti.
Unione popolare provincia di Lecco