Osnago: ultimo saluto a Francesco Galli, 17 anni, scomparso tragicamente, ''che ha saputo colorare la vita di tante persone''

Non è bastata la chiesa parrocchiale per contenere tutte le persone che hanno voluto partecipare al funerale del giovane Francesco Galli, morto a 17 anni in sella alla sua moto. Quasi non è bastata l’intera piazza del centro storico ad accogliere tutti. Una folla che è arrivata fino alla pasticceria di famiglia, ai suoi tavolini, e oltre. Una schiera di moto è stata posizionata sul piazzale, quelle dei suoi amici e dei suoi compagni. Moltissimi i ragazzi, tantissima gioventù che ha ricordato ai presenti quanta vita e quanto affetto Francesco avrebbe avuto ancora davanti a sé. Una composta fila di suoi coetanei si è avvicinata per tutto l’arco della funzione funebre all’uscio della chiesa per lasciare un segno della propria presenza nel quaderno delle firme.



“In quest’ora di grande dolore chiediamo a Dio una fede forte, una speranza che ha lo spessore della certezza. Si rinnova il rito della croce, si apre per noi la possibilità di essere certi della resurrezione” con queste parole contenute il parroco don Alessandro Fusetti ha introdotto la celebrazione. Con l’omelia, poi il sacerdote si è aperto in un discorso carico di umanità, di empatia e di fede. Ha espresso vicinanza ai genitori Lorenza e Roberto, alla sorella Viviana, alle nonne, ai cugini e a tutti i parenti. “Siamo qui insieme perché vogliamo aiutare a prenderci cura di questa ferita profonda che la morte ingiusta ha colpito Francesco e colpisce anche noi. Siamo qui in tanti perché vogliamo regalare gratitudine e stima a Francesco, gli è dovuta per tutta la simpatia che lui ci ha donato. Questa gratitudine e stima diventano vicinanza affettuosa a Lorenza, Roberto e Viviana” ha commentato sommessamente il prete.





Don Alessandro si è poi rivolto agli amici del ragazzo osnaghese: “In questo giorno così triste vorrei accostarmi a voi e al vostro dolore e forse vorrei avvicinarmi anche alla vostra rabbia. Lo vorrei fare con tanto rispetto, con il cuore libero. Non voglio convincervi di niente, voglio solo condividere quello che ho nel cuore. Voglio soltanto diventare un compagno di sentiero”. Il parroco fin dalle prime ore dopo la morte si è messo a disposizione della comunità in lutto, con tanti momenti informali, per strada, in piazza, nella casa della famiglia, e in chiesa, fino alla veglia di martedì sera.





Don Alessandro, che si è lasciato ad un lungo intervento, ha ripercorso alcuni istanti di queste ultime giornate. “Domenica pomeriggio alcuni di voi mi hanno avvicinato e mi hanno consegnato quella domanda che ho fatto risuonare anche ieri sera alla veglia: ‘Ma Dio sabato dov’era?’. Domenica pomeriggio a questa domanda io ho detto di non sapere dare una risposta e anche adesso non ho un perché da offrire” ha ammesso il parroco. Ha tuttavia voluto consegnare due consapevolezze “che vorrei sempre tenere vive nel mio animo come questa candela” ha detto il sacerdote. “Da una parte vorrei essere consapevole che la nostra vita è fragile, a qualunque età. Basta un niente per mandarla in frantumi e per ferirla. Allora bisogna prendersi cura della vita vicendevolmente, gli uni e gli altri”. Don Alessandro è passato al secondo aspetto: “La nostra vita non è però abitata soltanto da fragilità. È abitata anche da una grandezza d’animo, da una grandezza di pensiero, è abitata da una bellezza di cuore, da una nobiltà d’animo e di intenzioni. E tutto questo bello non può svanire nel niente. Noi siamo capaci di lacrime e di carezze, di gesti che spaccano quella solitudine a cui il dolore vorrebbe relegarci. Noi siamo capaci di dare vita a delle amicizie così intense, autentiche e vere che sono capaci di proteggere la vita, non soltanto la mia ma anche quella degli altri”. Si è quindi domandato don Alessandro: “Come può diventare niente tutta questa grandezza? Il male, la malvagità e la morte, queste sì finiscono nel niente, ma la nostra bellezza no. Conviene allora coltivare insieme questa bellezza”.



Don Alessandro ha ammesso di non aver conosciuto bene Francesco. Di lui porta però la sua cordialità che esprimeva con un saluto fugace quanto intenso. “Aveva il piacere di salutarti e chiamarti per nome. Dava la sensazione di avere il piacere di farti sentire che ti aveva notato, che ai suoi occhi tu esistevi. Questo tratto così semplice, ma estremamente bello, di Francesco come può diventare niente come un soffio o un respiro?” ha ribadito il sacerdote.



È stata poi proposta nuovamente la domanda che affligge il credente in momenti così tragici: “Ma Dio dov’era?”. Un quesito cruciale che ha attraversato l’animo di don Alessandro in questi giorni. “Domenica sera qui nel silenzio tagliente di questa chiesa la domanda rimbombava – ha confessato il prete – In quel silenzio per fortuna è riaffiorata la pagina di Vangelo che voglio condividere oggi perché anche a Gesù hanno fatto la stessa domanda le sorelle di Lazzaro”. Citando quindi il passo del Vangelo ha rievocato l’incontro tra Gesù e Marta, che comunque aveva espresso fiducia in lui. “E Gesù sembra prendere subito questo credito di Marta, questa espressione di fiducia. Gesù chiede una cosa incredibile, che risorga a vita eterna. Tanto è vero che Gesù dice a Marta che Lazzaro risorgerà” ha spiegato il parroco di Osnago.



Don Alessandro ha quindi voluto estendere la richiesta di far risorgere a vita eterna anche il giovane Francesco: “È quello che vorrei fare oggi con voi in maniera ardita, vorrei permettermi di dire a Dio questo, che Francesco risorga a vita eterna subito. Che Francesco viva pienamente la sua vita per sempre, non più toccata dalla fragilità della morte che vorrebbe svuotarci di tutto, perfino della vita eterna. La morte è tremenda, vorrebbe trasformare la cortesia di Francesco in niente, un qualcosa che si disperde. No, Francesco viva eternamente, per sempre, la pienezza della sua vita. Che Francesco risorga, che il suo volto sia per sempre, che la sua bellezza di cuore sia per sempre”.


Il prof. di religione Fabio Carlini

Col passo incerto della fede, messa a dura prova da fatti come la morte di Francesco, don Alessandro ha rivendicato tuttavia la forza di credere: “Io credo, Signore, che tu sei impregnato di vita, come era impregnato di vita il sorriso di Francesco quando salutava. Io credo, Signore, che tu sei capace di impregnarci di vita e sei disposto a duellare con la morte quando cerca di svuotarci della vita per sempre. Io credo che tu sei capace di darci questa vita eterna, che non so neanch’io bene cos’è e com’è. Io credo che Francesco ora, in un modo che a noi umani appare troppo grande e fuori dalle nostre misure, ci accompagna e aiuta la sua mamma, il suo papà, la sua sorella, i suoi famigliari e i suoi amici a vivere profondamente la vita, a vivere portando frutto. Io credo che tu e Francesco ci aiutate ad appassionarci della vita. Io credo che tu sei qui accanto a ciascuno di noi”. Ha ripetuto di non pretendere di convincere nessuno: Posso solo semmai invitarvi ad essere qui con me e a dire con me con fatica: io credo, Signore”.



Un altro momento toccante della cerimonia funebre è stato quello dei doni all’altare. I compagni di classe della 3^ L dell’Istituto Viganò di Merate e i suoi amici hanno portato il progetto grafico realizzato da Francesco nell’ultima settimana di scuola: “rappresenta l’impegno che ciascuno di noi mette in quello che fa” ha spiegato un amico, che ha poi annunciato il secondo oggetto, il casco, simbolo della sua passione per la sua moto e, più in generale, delle passioni che accompagnano i ragazzi nel percorso per diventare adulti. Un’altra compagna di classe ha invece introdotto gli altri due doni: le brioches che Francesco condivideva a scuola “Ci ricordano la sua simpatia e generosità, ma anche l’aiuto che dava nell’attività di famiglia” ha detto l’amica. E infine le cuffiette “per ascoltare la musica attraverso la quale noi ragazzi esprimiamo noi stessi, le nostre emozioni e i nostri stati d’animo, che vogliamo offrire in questa triste giornata per trovare un senso al non-senso”.



Un pensiero di commiato è stato poi letto, interrotto dai singhiozzi del pianto, da una cugina di Francesco: “Vorrei trovare le parole giuste, ma non riesco a farlo, sarebbe più facile parlarti, ma purtroppo la vita è ingiusta perché tu non ti meritavi questo, non dovevi andartene adesso e così”. La cugina ha ricordato i tratti del suo carattere, solare e pieno di vita, di gioia, un po’ testardo ma sempre pronto ad aiutare. “Con il tuo modo di fare eri capace di strappare un sorriso e mettere allegria. La scuola ti piaceva, stavi anche pensando di andare all’università. Eri felice perché avevi la moto, quella maledetta moto di cui eri orgoglioso” ha aggiunto piena di rammarico la giovane parente. “Sarai sempre nel mio cuore, anche se un pezzo lo hai portato via, hai lasciato un vuoto, mi mancherai. Avrei voluto diventare grande con te e invece adesso dovrò crescere anche per te e fare per te tutto quello che non hai potuto fare”.



Difficile intervenire dopo una testimonianza così emotiva e colma di affetto. Ci è riuscito il professore di Francesco, che ha anticipato che anche a scuola sarà organizzato un momento di commemorazione per lo studente. Intanto è già in corso di realizzazione un libretto che contiene il disegno dell’immaginetta che è stata distribuita. “Nell’immagine ho voluto mettere il sole perché Franci è una luce” ha sostenuto il docente, che si è poi domandato come consolare in un momento così doloroso. Il professore ha trovato queste parole: “Francesco è stato un artista che ha saputo colorare la vita di tante persone. Così, caro Francesco vogliamo coprirti con la tonalità che tanto ti può rappresentare, l’arancione. Che tu possa negli occhi dei tuoi famigliari essere lo sguardo dell’amore. Un seme caduto bene sulla terra darà il suo frutto, questa la speranza”. Così alcuni suoi compagni hanno preso una leggera stola arancione e l’hanno posta delicatamente sopra la bara.



Sono seguiti altri ricordi dei compagni della 3^ L enunciati sopra una base musicale, conclusi da una carrellata di fotografia e brevi video che hanno ben rappresentato la quotidianità in classe, in gita e in vacanza, ma anche piccoli istanti della vita privata, compreso il momento in cui Francesco per la prima volta aveva fatto rombare con tanta soddisfazione il motore della sua nuova moto.





Lento è stato il deflusso dalla chiesa. A gestire la folla tanti volontari della parrocchia, del gruppo di Protezione civile, dell'associazione Io per Osnago, sotto la supervisione del comandante della Polizia locale e di due agenti, che hanno chiuso il transito del tratto di strada.
M. P.
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