Al povero ed incompreso sig. Emilio

Caro sig. Emilio, anche in passato, dopo aver letto alcuni suoi interventi, mi ero posto il dubbio se valesse la pena di rispondere alle sue reiterate esternazioni.
Provo a rispiegarne i motivi, anche perché così mi consente - non mi interessa tanto il ping pong - di esprimere il mio personale(e quindi comunque opinabile) pensiero su come non solo sia giusto ma sia addirittura fruttuoso e reciprocamente arricchente un sano confronto d'idee, a cui peraltro anche lei dice di volersi ispirare ma, nei fatti, mal praticare.
E questa volta mi scuso in partenza perché non potrò essere sintetico.
Innanzitutto non avevo capito, visto il voler perpetrare - nonostante le sollecitazioni contrarie - il suo parziale anonimato, se lei fosse un'entità astratta o un'invenzione giornalistica per alimentare il dibattito. Continuo ancora adesso a ritenere l'esternazione completa delle proprie generalità un esercizio di piena assunzione di responsabilità rispetto a quanto si va affermando volta per volta.
Lei con l'ultimo suo scritto sembra assumere un atteggiamento vittimistico ma forse non si ricorda bene di come il suo argomentare sia spesso sottilmente sprezzante nei confronti delle opinioni degli altri. Basti ricordare un passaggio di uno dei suoi ultimi scritti attribuendo loro, in forma studiata, quel "fare l'asino nel lenzuolo".
Eppoi quel suo voler quasi sempre etichettare e ricondurre il pensiero degli altri secondo rigide logiche d'appartenenza partitica ( basti pensare a quel suo "Effetto Schlein comincia a farsi sentire") mi sembra non consideri neppure la possibilità di una loro ricerca disinteressata senza aderire - semmai il contrario - alle tesi di questo o quel partito.
Come anche quel suo ridurre ad un antagonismo competitivo, con tanto di possibili vincitori e vinti ( basti l'esempio ultimo di quel suo "Avete vinto voi ? Io penso di no" oppure a quel sentirsi lei "forse inattaccabile": ma perché qualcuno la dovrebbe attaccare? ), non mi sembra molto in linea con quel suo dichiararsi disponibile ad un confronto disinteressato.
A me personalmente non interessa affatto vincere o perdere ma contribuire a promuovere un senso critico responsabile e partecipativo che, confrontandosi, sappia rispettare le opinioni di ognuno.
Quindi, ad esempio, un documentato senso critico nei confronti di questo modello di sviluppo e sistema socio-economico che spesso ha visto e vede acquiescenti sia la destra che la sinistra, per stare a categorie ormai logorate da un pervasivo sistema globalizzato.
Sul fatto che non si sia risposto con puntuali ed documentate contro argomentazioni alle sue non penso che personalmente debba dimostrare altro, basta vedere i miei precedenti scritti.
Sul suo presunto rigore analitico mi basta sottolineare quel suo passaggio riguardo al gruppo Bozen ( come lo definisce lei) di via Rasella "si trattava di un feroce gruppo come da te postato" che attribuisce al direttore una descrizione immaginifica vista l'effettiva terminologia che aveva usato"si trattava di militari del Polizeiregiment "Bozen". E' una forzatura casuale o un escamotage argomentativo l'uso del termine "feroce gruppo"?
Infine quel suo assumere un sommesso atteggiamento da incompreso e di disponibile a mettersi in discussione non cozza un po' con quel suo autoreferenziale "forse perché ero abbastanza inattaccabile"?
Mi fermo qui anche se avrei voluto sorvolare su tutto ciò ma lei imperterrito, mi sembra, continui a rovesciare sugli altri ciò che forse appartiene alla sua lente deformante.
Quindi, perlomeno per quanto mi riguarda, quel suo" mi hanno chiuso la porta in faccia" non corrisponde al vero.
Certo occorrerà che il dialogo/confronto, se vorrà proseguire non certo ossessivamente, sia condotto da tutti, come anche da me, con modalità e atteggiamenti ancor più costruttivi.
Perché la diversità è senz'altro un valore, purché prevalga una genuina ricerca del giusto e del vero. Visto che un po' di verità sta in tutti la si cerchi assieme con cuore sgombero.
Buona Pasqua a lei come a tutti!
Germano Bosisio
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