''Sgrammaticature'' o falsificazioni della storia?

 Gentile Direttore di Merateonline
"Sgrammaticature" o falsificazioni della storia?
Mi rivolgo al "fantomatico" sig. Emilio, il quale in una lettera al direttore del 5/04/2023, mi attribuisce la carica di Presidente provinciale dell'Anpi di Lecco, voglio precisare che faccio parte della Segreteria dell'Anpi Lecco, come avevo riportato a margine del mio intervento dello scorso febbraio. Colgo l'occasione per rilevare nell'intervento del signor Emilio una serie di gravi inesattezze, "sgrammaticature" o sarebbe meglio dire falsificazioni che ben meritano di porsi accanto a quelle ben più gravi (per il ruolo istituzionale che ricopre) espresse dal Presidente del Senato Ignazio La Russa. L' attacco partigiano di via Rasella fu un legittimo atto di guerra condotto contro una pattuglia di poliziotti altoatesini appartenenti al terzo battaglione Bozen.
Il Polizeiregiment Bozen comprendeva tre battaglioni, si era formato nel settembre 1943, subito dopo che i Tedeschi, a seguito dell'armistizio, avevano costituito l'Operationszone Alpenvorland, (Zona di Operazione delle Prealpi), che comprendeva le province di Belluno, Trento e Bolzano. L'azione venne pianificata e compiuta dai Gap (Gruppi d'azione patriottica) formazioni partigiane di ispirazione comunista che operavano in forma clandestina nelle grandi città e che erano inquadrate e rispondevano per le loro operazioni alla Giunta Militare del Cln nazionale (il Cln era l'organo politico della Resistenza i cui membri rappresentavano i cinque maggiori partiti antifascisti (Partito comunista, Partito socialista di unità proletaria, Partito liberale, Partito d'Azione, Democrazia cristiana). Della Giunta militare il rappresentante del Partito comunista era certo Giorgio Amendola, figlio del deputato liberale Giovanni Amendola morto nel 1926 per le conseguenze delle bastonate ricevute dai fascisti. il quale diede l'approvazione a nome della totalità della Giunta militare, sentito l'ente politico (il Cln nazionale), ad eseguire l'azione. E' bene rammentare che l'attività di direzione politica del Cln si svolgeva a stretto e permanente contatto con il Comando alleato, gli angloamericani, i quali per fiaccare la resistenza militare tedesca chiedevano costantemente ai partigiani di attaccare i tedeschi in Roma. La Roma di quegli anni era tutt'altro che una città pacificata, Herbert Kappler, comandante della Gestapo a Roma durante l'occupazione tedesca, parlò della capitale come della città europea che aveva dato più filo da torcere ai tedeschi . Roma era occupata militarmente ma non rassegnata, nonostante il coprifuoco , la caccia a sbandati, renitenti alla leva, ebrei, Roma non si piegava (si veda, a questo riguardo la bella lezione del professor Alessandro Barbero sull'attentato di via Rasella in A.Barbero, "Festival della mente"di Sarzana, 1917 . Ad alimentare la Resistenza vi erano anche unità del Regio Esercito che operavano clandestinamente (agli ordini del colonnello Montezemolo, anch'egli ucciso alle Fosse Ardeatine) i cui ufficiali avevano accesso ai depositi militari, furono loro a consegnare l'esplosivo per l'attentato alla partigiana Carla Capponi. Eppure, prima delle Fosse Ardeatine, mai nessuna rappresaglia venne eseguita dai nazifascisti, a dispetto dell'automatismo che , a giudizio del signor Emilio, sarebbe dovuto intervenire per muovere i partigiani a rivedere la loro strategia e sospendere o cancellare l'azione. Ricordo, inoltre, che della Giunta militare del Cln faceva parte anche un certo Sandro Pertini, Presidente della repubblica dal 1978 al 1985, e che nel 1950 il Presidente della Repubblica Luigi Einaudi, su proposta del Presidente del Consiglio Alcide De Gasperi, conferì ai partigiani dei GAP Rosario Bentivegna e Franco Calamandrei la medaglia d'argento al valor militare per l'attacco di Via Rasella. Quanto all'affermazione assai infelice del "chi piglio piglio", fa il paio con quella pronunciata dalla presidente del Consiglio Giorgia Meloni, "massacrati solo perchè italiani", non è vero, sono stati uccisi perchè antifascisti, perchè dissidenti, perchè ebrei, e le liste furono compilate con la fattiva complicità del questore di Roma Pietro Caruso, fascista, una parola che la presidente del consiglio e il presidente del Senato non riescono pronunciare. e quelle liste, ha affermato Kappler, sono state stilate per sferrare un duro colpo a Roma e alla Resistenza, come ebbero a confermare ancora Kappler e il comandante delle SS a Roma Dollmann, davanti ai giudici nel corso dei processi cui furono chiamati a rispondere di gravi reati a loro carico . Altro che "chi piglio piglio". In ultimo, quando nel 1948 i nazisti furono condannati per la strage delle Fosse Ardeatine la fattispecie di reato non fu "rappresaglia" ma "crimini di guerra". A chi giova questa serie di esternazioni "farlocche" prive di fondamento storico? Giova all'attuale destra al governo e risponde al progetto di riscrivere la storia di questo Paese secondo il loro paradigma ideologico conservatore, un disegno che mira palesemente a recidere ed estirpare le radici antifasciste su cui si fonda la nostra democrazia, un disegno che non può fare a meno di ricostruire i fatti manipolandone i contenuti, distorcendoli e spacciandoli per verità attese e finalmente rivelate. Tutto ciò ha un nome e si chiama "revisionismo storico" (da non confondere con la normale revisione dei fenomeni storici che si basa sull'analisi di nuove o inedite fonti), il progetto della Destra ha tra gli scopi, uno di questi, adombrato dal sig. Emilio e dai suoi epigoni istituzionali, quello di rovesciare il comune orizzonte di senso storico, consolidatosi nel corso degli ultimi cinquant'anni , trasferendo le responsabilità delle violenze, dai veri carnefici, fascisti e nazisti, a coloro che li combattevano, i partigiani. E' un disegno pericoloso non solo perchè si usa la storia per scopi che sono estranei al suo statuto (secondo un suo uso politico orientato al governo del presente) così facendo strame di intere biblioteche di studi e ricerche su quel periodo, ma soprattutto perchè 'revoca in dubbio lo spirito e la memoria di quanti hanno sacrificato la loro vita per dare libertà e democrazia ai cittadini di questo Paese.
Alberto Magni, Segreteria, Anpi provinciale, Lecco
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