LIBRI CHE RIMARRANNO/88: anglismi ad minchiam e lezioni semiserie di italiano
Era il 2007 quando uscì un libro sospetto di un pericoloso intellettuale conservatore con pericolose simpatie destrorse che alle pagine 32, 33 e 34 stigmatizzava l'abuso degli anglismi e dei forestierismi in genere nella nostra lingua patria, e addirittura osava fornire alle pagine 35 e 36 un elenco di ventuno espressioni in lingua inglese facilmente e meritoriamente sostituibili con efficaci perifrasi italiane:
"meeting" = riunione di lavoro (sovente inutile). Incontro (purtroppo inevitabile). Convegno (principalmente cattolico)
"customizzazione" = personalizzazione a caro prezzo
"start-up" = piccola impresa con molte speranze, pochi soldi e nessuna esperienza.
L'autore di queste veline dal sentore fascista era nientepopodimeno che Beppe Severgnini. Il cosmopolita Severgnini, il più anglofilo tra le penne del nostro giornalismo, il più modaiolo tra gli opinionisti della nostra televisione. Non esattamente un intellettuale di Destra ma sicuramente, rispetto al deputato di Fratelli d'Italia Fabio Rampelli, un intellettuale. Il libro è "L'italiano. Lezioni semiserie", pubblicato da Rizzoli. Io l'ho usato per anni come manuale per i miei giovani studenti che volevano seguire le mie piccole orme di scrittore. Cercatelo: si trova ancora.
Se ben ricordo, nessuno all'epoca levò dei peana per l'attentato alla libertà d'espressione o evocò fantomatiche veline da Minculpop. Ridemmo tutti di come Severgnini smascherasse con sagace ironia una delle (molte) cattive abitudini tipiche degli italiani, che per essere cool seguono i trend del momento, tra cui usare anglismi ad minchiam.
Dal 2007 a oggi le cose purtroppo non sono migliorate, nonostante l'apprezzabile sforzo di Severgnini. Anzi, la rivoluzione digitale ci ha sommersi di neologismi intraducibili (voglio vedere un capitolato di spesa di un ufficio pubblico in cui vengano richiesti dei "topi" come periferiche di comando per i "calcolatori elettronici"!) senza che sia migliorata né la nostra conoscenza dell'italiano né tantomeno quella dell'inglese: sento quotidianamente gente che crede di essere "à la page" dire "slides", mettendo una "s" plurale che in italiano non ci vuole, o - peggio - pronunciare "steig" = "palcoscenico" quella che invece è una parola francese, "stage" e significa "tirocinio".
Forse c'ha visto giusto l'ex nuotatore e ora vicepresidente della Camera Rampelli: agli italiani più che la purezza della lingua interessa la pienezza del portafogli. Toccali lì e vedrai che capiscono. Perché la sua proposta di legge prevede una sanzione amministrativa da 5.000 a 100.000 euro per chi non userà la lingua italiana nelle istituzioni, nelle società partecipate come la Rai e in tutta la pubblica amministrazione, comprese scuole e Università.
Quindi plaudo a questa iniziativa. A patto che si possegga in modo altrettanto efficace la lingua italiana. Perché altrimenti il rischio è di sentire adolescenti che per non usare "cool" per definire una cosa elegante, dicono "figa". E di fronte a quella non c'è multa che tenga, ahimè.
"meeting" = riunione di lavoro (sovente inutile). Incontro (purtroppo inevitabile). Convegno (principalmente cattolico)
"customizzazione" = personalizzazione a caro prezzo
"start-up" = piccola impresa con molte speranze, pochi soldi e nessuna esperienza.
L'autore di queste veline dal sentore fascista era nientepopodimeno che Beppe Severgnini. Il cosmopolita Severgnini, il più anglofilo tra le penne del nostro giornalismo, il più modaiolo tra gli opinionisti della nostra televisione. Non esattamente un intellettuale di Destra ma sicuramente, rispetto al deputato di Fratelli d'Italia Fabio Rampelli, un intellettuale. Il libro è "L'italiano. Lezioni semiserie", pubblicato da Rizzoli. Io l'ho usato per anni come manuale per i miei giovani studenti che volevano seguire le mie piccole orme di scrittore. Cercatelo: si trova ancora.
Se ben ricordo, nessuno all'epoca levò dei peana per l'attentato alla libertà d'espressione o evocò fantomatiche veline da Minculpop. Ridemmo tutti di come Severgnini smascherasse con sagace ironia una delle (molte) cattive abitudini tipiche degli italiani, che per essere cool seguono i trend del momento, tra cui usare anglismi ad minchiam.
Dal 2007 a oggi le cose purtroppo non sono migliorate, nonostante l'apprezzabile sforzo di Severgnini. Anzi, la rivoluzione digitale ci ha sommersi di neologismi intraducibili (voglio vedere un capitolato di spesa di un ufficio pubblico in cui vengano richiesti dei "topi" come periferiche di comando per i "calcolatori elettronici"!) senza che sia migliorata né la nostra conoscenza dell'italiano né tantomeno quella dell'inglese: sento quotidianamente gente che crede di essere "à la page" dire "slides", mettendo una "s" plurale che in italiano non ci vuole, o - peggio - pronunciare "steig" = "palcoscenico" quella che invece è una parola francese, "stage" e significa "tirocinio".
Forse c'ha visto giusto l'ex nuotatore e ora vicepresidente della Camera Rampelli: agli italiani più che la purezza della lingua interessa la pienezza del portafogli. Toccali lì e vedrai che capiscono. Perché la sua proposta di legge prevede una sanzione amministrativa da 5.000 a 100.000 euro per chi non userà la lingua italiana nelle istituzioni, nelle società partecipate come la Rai e in tutta la pubblica amministrazione, comprese scuole e Università.
Quindi plaudo a questa iniziativa. A patto che si possegga in modo altrettanto efficace la lingua italiana. Perché altrimenti il rischio è di sentire adolescenti che per non usare "cool" per definire una cosa elegante, dicono "figa". E di fronte a quella non c'è multa che tenga, ahimè.
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Rubrica a cura di Stefano Motta