Osnago: Il cammino verso il perdono nel racconto della vedova di Luigi Calabresi

È stata una serata toccante e piena di riflessioni, quella di venerdì 24 marzo, per i numerosi presenti che si sono recati presso il cine teatro Sironi dove il Centro sociale e culturale Giuseppe Lazzati di Osnago, in collaborazione con la Parrocchia S. Stefano, ha organizzato un incontro con Gemma Calabresi Milite che, con l'aiuto di Don Lorenzo Maggioni, ha offerto la sua testimonianza in memoria del marito Luigi Calabresi, in una storia di perdono verso i suoi assassini intrinseca di valori fondamentali per la meditazione che caratterizza il periodo Quaresimale. Partendo dalla copertina del libro scritto dalla signora Calabresi "La crepa e la luce", Don Lorenzo ha avviato il racconto di Gemma, partendo dal giorno del suo matrimonio, con una foto che riassume perfettamente il messaggio che la vedova voleva far trasparire con questo libro. Gemma appare in primo piano giovane e raggiante mentre "Gigi", sfocato sullo sfondo, le tiene la mano. Lei rivolge lo sguardo al futuro tenendosi in qualche modo però legata al passato, lei non voleva che il marito passasse solo come il padre ucciso, ma che continuasse a far parte della sua famiglia. Anche il titolo è intriso di un forte significato, per Gemma la crepa rappresenta sì la tragedia che l'ha colpita, ma è proprio da quella fessura che è scaturita la luce che ha vinto sul male e ha portato alla sua "resurrezione": la luce di Dio.

La vita di Gemma fu sconvolta completamente il 17 maggio 1972, quando aveva solo 25 anni, due figli piccoli ed era incinta del terzo. Erano gli anni di Piombo quando l'anarchico Giuseppe Pinelli morì durante un interrogatorio nella questura di Milano e Luigi Calabresi commissario di polizia, capo dell'ufficio politico della Questura di Milano, fu scelto come capro espiatorio per la morte dell'anarchico precipitato dal quarto piano della Questura dove era in corso il suo interrogatorio.

Don Lorenzo e Gemma Calabresi

 

Per il giovane commissario iniziano anni di diffamazione che lo portano a temere per la propria sicurezza e quella della sua famiglia tanto da suggerire delle regole, come le chiamava Gemma, da seguire "quando esci sul portone controlla che non ci sia nessuno fermo e guarda che nessuno ti segua, non dire a nessuno che sono commissario e quando vai nei negozi non dare a nessuno il cognome Calabresi". Era in un clima come questo che in una mattina come tutte le altre Gigi rientra in casa per cambiare la sua cravatta rosa di seta in una bianca di lana che dice alla moglie essere "il simbolo della sua purezza". Queste furono le ultime parole che Gemma sentì pronunciare dal marito, diventate per lei come un testamento della sua fede. Pochi minuti dopo, Luigi fu ucciso da diversi colpi di pistola sparati da terroristi che lo stavano attendendo vicino alla sua abitazione. Gemma viene informata dell'attentato dal suo parroco Don Sandro: "Io mi accascio sul divano con un dolore lacerante, una sensazione totale di vuoto e abbandono, pensavo che niente aveva più significato. Ma dopo non so quanto tempo, con la mia mano stretta fra quella di Don Sandro provo una sensazione fisica di torpore, forza e grande pace, al punto che ho detto a Don Sandro "recitiamo un Ave Maria per la famiglia dell'assassino che avrà un dolore molto più forte del mio".

Don Alessandro Fusetti

 

Qualcuno in quel momento testimoniava attraverso di me, mi indicava la strada. Io quella mattina ho ricevuto da Dio il dono della fede, che non toglie il dolore, la sofferenza, ma la riempie di significati, non ti fa sentire sola e ti dà la speranza".

È già quindi dal giorno più difficile della sua vita che Gemma intraprende il suo cammino di perdono, tracciato da segni di speranza attraverso anni bui e di sconforto, caratterizzati oltretutto da desideri di vendetta. Gemma aveva raggiunto la consapevolezza che "Anche dopo una tragedia, un dolore lacerante, si può amare di nuovo la vita ed essere ancora felici, credere ancora negli altri dopo tradimento e calunnia e cambiare opinione sulle persone che prima vedevi come tutto il male del mondo", grazie oltretutto all'amore dei suoi figli e del suo secondo marito Tonino Milite.

 

La fase consapevole di perdono, ammette che però arrivò solamente quando fu fatta giustizia, dopo anni e anni di processo che per lei furono come un Calvario. E furono proprio le parole di Gesù in croce "Padre perdona loro perché non sanno quello che fanno", che anni prima la madre le aveva suggerito per il necrologio di Luigi, che un giorno nella Chiesa della Beata Vergine Maria Addolorata Gemma assumono un significato: "Il perdono, lo dice la parola stessa, è un dono, che non si dà con il raziocinio ma col cuore, con amore. Ho deciso che avrei perdonato come scelta della mia vita, indipendentemente dal fatto che mi venisse chiesto. E ci ho messo una vita. Ho capito che dovevo rendere mio quel necrologio. Capì che Gesù in croce, siccome era uomo, chiese al Padre di perdonare al posto suo, perché per l'uomo è impossibile perdonare nel momento del dolore, del tradimento. E quindi Gesù ci indica questa strada, di chiedere al Padre di perdonare al posto nostro, lasciando a noi il tempo del cammino".

Un cammino che Gemma non ha mai affrontato da sola, ma con la forza dei suoi cari, di Luigi e di Dio.

 

 

A concludere l'incontro i ringraziamenti del parroco Don Alessandro Fusetti a Gemma, a Don Lorenzo e agli organizzatori, accompagnati dalla lettura di uno stralcio tratto da un libro del teologo Giovanni Cesare Pagazzi sul tema dell'essere abbandonati, ricordando la presenza del Signore in tutti i giorni della vita, come recita il Vangelo di Matteo. Al termine di questo intervento, la signora Calabresi si è trattenuta ancora un po' per firmare le copie del suo libro per i presenti e dialogare con loro.

Ilaria Biffi
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