LIBRI CHE RIMARRANNO/87: ''Il posto della guerra e il costo della libertà'' di Vittorio Emanuele Parsi

Prendete 14.600 e dividetelo per 5.600: il risultato è 2,6.
Prendete i cinquemilaseicento anni di storia umana documentata attraverso fonti scritte e distribuite in essi le quattordicimilaseicento guerre testimoniate: il risultato va dalle due alle tre guerre ogni anno. Non esattamente il ritratto di un mondo pacifico.
Perché gli uomini - gli Stati - continuano a farsi la guerra? E perché, soprattutto, in Europa?
L'Europa, che per ottant'anni, dopo la fine del secondo conflitto mondiale, è stata capace di costruirsi come posto della pace è ripiombata ad essere la culla della guerra con l'attacco all'Ucraina da parte della Russia di Putin. Che non è solo il tentativo di conquista di un territorio, per quanto ricco di materie strategiche per la nuova economia del futuro, né soltanto il rigurgito revanscista di grandezza.
Nel suo "Il posto della guerra e il costo della libertà" (Bompiani 2022, Euro 17,00), Vittorio Emanuele Parsi, professore ordinario di Relazioni internazionali in Università Cattolica, direttore di ASERI (Alta Scuola di Economia e Relazioni Internazionali), opinionista televisivo noto, fornisce un quadro documentato non solo sui fatti di questi ultimi due anni ma sulle loro cause remote e sulle loro implicazioni prossime in un quadro geopolitico più ampio.
Perché questa guerra è scoppiata proprio nel 2022? Come interpretare la non belligeranza della Cina in relazione alle sue mire su Taiwan? È vero che le sanzioni alla Russia stanno pesando sui paesi, come il nostro, che ne dipendevano dal punto di vista energetico o è la Russia a pagarne in realtà il prezzo maggiore?
"È un libro scritto in modo arrabbiato", ho detto a Parsi domenica, incontrandolo per un caffè prima di un'intervista, e usando un altro aggettivo, più deciso, per rimarcare lo stile fortemente assertivo della prosa.
"Mi sono reso conto che andavano dette in maniera chiara alcune cose", mi ha risposto. "Che era giunto il momento di scriverle per rioccupare uno spazio da cui i fatti erano assenti e che era monopolizzato dalle opinioni, dai 'secondo me'. Talvolta stare zitti è rendere un cattivo servizio alla verità."
Solitamente in questa rubrica recensiamo romanzi, e non saggi come questo. E nonostante sia protagonista di grandi capolavori, nessuna guerra è esattamente romanzesca. Eppure esiste una lettura che non è soltanto fuga o divertissement, ma anche responsabilità nei confronti dei fatti e della verità. Per parlare non solo "per sentito dire".


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Rubrica a cura di Stefano Motta
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