Migranti: anche io ''fortunato''
" Caro Direttore,
sono anch'io, come lei, un "fortunato" occidentale. Lo sono da pensionato che non vive certamente nell'oro ma, contrariamente ad altri miei simili, non posso lamentarmi della mia condizione.
Anche per questo cerco pure io di far la mia piccola parte nel dare una mano a chi sta peggio. Ma proprio perchè non voglio girarmi dall'altra parte non posso non interrogarmi, come del resto fa lei, sulle reali cause delle ingiustizie planetarie che producono questi come altri inumani e tragici "effetti".
Sicuramente il "solidarismo", o comunque lo si voglia chiamare, è un basilare valore umano - spesso non casualamente degradato, anche per ragioni strumentali di narrazione mediatica, a "buonismo" - e può contribuire a lenire certe situazioni ma, per chi vuole realmente capire, più si approfondisce e più ci si rende conto che tutto ciò appartiene a meccanismi tutt'altro che ineluttabili ma invece ben individuabili ( alcuni li ha indicati anche lei in diverse sue pur brevi annotazioni).
Ecco perché, specie come tentativo di cristiano, a volte mi assale un dubbio del resto ben espresso dal Concilio Vaticano II che ammoniva a non offrire " come dono di carità ciò che è gia dovuto a titolo di giustizia". A maggior ragione, aggiungo io, questo dovrebbe valere per gli Stati e i grandi organismi internazionali che hanno mezzi e strumenti per intervenire in modo strutturale e efficace, se solo lo volessero realmente.
Come è possibile accettare il fatto, nel terzo millennio, che basterebbe interrompere, come ci ha anche recentemente ricordato Papa Francesco, per un anno nel mondo la produzione di armi per sconfiggere definitivamente la fame?
Come è possibile ancora non rendersi conto che questo sistema inumano è voluto per avvantaggiare alcuni a scapito della gran parte degli altri e che questo modello di sviluppo gioca su nazionalismi e leggi di mercato mascherati da solo presunti interessi collettivi?
Esserne consapevoli è il primo e necessario passo per cercare di cambiarne i paradigmi che producono sistematici squilibri e disuguaglianze sia tra gli Stati che all'interno di essi. Squilibri "strutturali" che portano alle gravi e molteplici situazioni che abbiamo davanti. Sullo specifico problema dell'immigrazione mi ero già più volte espresso ma trovo perlomeno stucchevole, se non addirittura vergognoso, farne una questione di appartenenze partitiche. Le responsabilità, vecchie come attuali, sono a carico di molti e direi quasi di tutti.
Altro che guerre tra poveri e tra ultimi e penultimi, mettendo strumentalmente contro gli uni agli altri. Il sistema si regge su individualismo e assolutizzazione delle convenienze economiche, unico vero indicatore a cui viene subordinato, nei fatti e non nei proclami, tutto il resto.
Solo se si riuscirà a tener presente questo quadro ( e la consapevolezza si sta sempre più diffondendo) e continuando contemporaneamente l'azione migliorativa diretta e concreta del giorno per giorno si potrà avere una speranza vera di riscatto.
Ad ognuno e a tutti far la propria parte.