Buon viaggio Angelo ''Valpreda'' nel ricordo di quelle sere all'osteria di Ettore...

Non so perché ma a volte le parole che scrivo sembra che non mi appartengano, che se ne escano da sole pigiando i tasti della tastiera senza bisogno di essere formulate. La vita sembra un gigantesco Jenga, una piramide di emozioni e di eventi che si accumulano con il passare degli anni e ogni tanto il destino sottrae un tassello qua e un tassello la , lasciandoti in equilibrio precario su una piramide sempre più alta e sempre più in bilico. Ci sono tasselli che quando vengono sottratti ti riportano indietro nel tempo e ti catapultano nel pieno della tua giovinezza e ricordarli ti sembra un doveroso riconoscimento a chi ti ha camminato accanto. Improvvisamente ripiombi indietro negli anni, in un mondo che nonostante tutto non c'è più, non solo perché non ci sono più gli attori, ma anche perché mancano i riferimenti tangibili.

Ricordare Angelo, nel giorno della sua scomparsa significa ripiombare nell'osteria di Ettore, sì, osteria , perché bar è troppo moderno, l'osteria mantiene tutto il suo fascino e tutta la sua storia. La storia di uomini che si ammazzavano di lavoro tutto il giorno, magari prima in fabbrica e poi nei campi e non avevano altro sfogo che percorrere quei pochi metri che separavano le loro case dall'osteria di Ettore. Così, dopo cena, si riempiva il locale. la nebbia del fumo delle sigarette a volte era così densa che non riuscivi a vedere chi stava agli ultimi tavoli. Una partita al calcetto, una scopa o una marianna , a volte una partita al due , ma quello che mi affascinava e mi faceva restare ai margini a guardare con ammirazione era la partita a tresette.

Impazzivo quando si mettevano a segnare le carte. Senza aprire la bocca, con i soli gesti delle mani e con una carta in mano, il socio sapeva indicare al compagno tutte le carte che aveva in mano, in modo che sommando le carte del compare con le proprie si potesse impostare la strategia di gioco. Trovavo questo gioco fantastico, perchè al contrario della briscola , in cui i segni li devi fare di nascosto, al contrario della scopa, in cui non segni nulla ma è solo la modalità del gioco che ti fa intuire le carte del tuo compagno, il tresette era palese. Tutti vedevano quello che segnavi e quindi almeno metà delle carte dell'avversario le conoscevi.Anche mio padre era solito fae la partitina da Ettore alla domenica mattina dopo l messa. Ebbene, Fra tutti gli avventori dell'osteria di Ettore c'era anche Angelo.

Mi ricordo come se fosse oggi le chiacchierate, le risate e la spensieratezza che si stemperava fra una sigaretta e un bicchiere di vino. Un uomo che per me rappresenta il prototipo della bontà, non l'ho mai visto arrabbiato o arrabbiarsi, non l'ho mai visto una volta sopra le righe. Ricordo invece i siparietti di sorrisi che riuscivo a strappargli. Nelle non sempre chiare teorie Junghiane pesco la teoria degli specchi, dell'uomo che riflette quello che è . Ecco, Angelo era così, il timbro della sua voce era lo specchio del suo essere, un tono ovattato, come soffice era la sua presenza, mai in primo piano, sempre discreto ma anche sempre disponibile al dialogo. Uno che parlava e che sapeva anche ascoltare. Nelle chiacchiere ci stavano le storie della vita, i problemi e le considerazioni obliterate dal trantran quotidiano.

Perchè per essere considerati non serve essere i primi davanti, non serve essere importanti, a volte basta il difficile e non scontato cammino di vivere e nel vivere confrontarsi con gli altri su quel angusto e non sempre facile cammino. Quello era il sociale di quaranta anni fa, nulla di impalpabile e posticcio come potrebbe essere ora, ma il gustoso e chiassoso dopocena serale fatto di uomini e di storie.

Mi stupì un pochino il fatto che pur essendo in un osteria, dove non era certo il circolo culturale della frazione, qualcuno notò la sua straordinaria somiglianza con l'anarchico Valpreda, al tempo assurto agli onori della cronaca, tanto è vero che nella consolidata abitudine di attribuire nomignoli o soprannomi a tutti tipica dei paesini agresti, lui sia diventato "Valpreda", ben più identificativo di Angelo con cui si poteva facilmente confondere. Così se ne va un'altro tassello del nostro Jenga, un uomo pacato ,schivo e rispettoso degli spazi in cui non eccedeva mai per rispetto ed educazione.

Buon viaggio Angelo "Valpreda".

Un abbraccio alle donne della tua famiglia
Giustino Comi
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