Educativa scolastica, parla una operatrice: restare con i miei ragazzi o con la Coop. Scegliere è stato difficile
Per completare il quadro serve il punto di vista di chi è direttamente coinvolto. Abbiamo ospitato perciò gli interventi di genitori, nonni e insegnanti. Abbiamo intervistato un'educatrice per immergerci in queste settimane in cui lei e i suoi colleghi sono stati costretti ad assumere una scelta cruciale: restare con i propri ragazzi cambiando però la cooperativa con cui si lavorava oppure cambiare area ma restando con la stessa coop con cui si era assunti.
La giovane che abbiamo ascoltato ha iniziato a lavorare nel 2019 per Retesalute, attraverso una cooperativa legata a Consolida, con cui ha deciso di rimanere. Ha visto crescere alcuni bambini dalla scuola materna ai primi anni della primaria e lasciarli non è stato un passo semplice.
"Ho lavorato con bambini con diversi tipi di disturbi e fragilità, ma prevalentemente con autistici. Per due anni ho seguito un bambino con una forma grave, adesso mi occupavo prevalentemente di un bambino ad alto funzionamento, ma con problemi relazionali sia con i pari sia con gli adulti. Ha fatto notevoli progressi da quando l'ho preso, ma quando ha cambiato la sua insegnante di riferimento è stato difficile per lui elaborare il cambiamento. Con questa consapevolezza per noi educatori è stato difficilissimo prendere la scelta. Il primo pensiero è stato rivolto ai nostri ragazzi".
Quali sono state le altre valutazioni che ha fatto?
"Teoricamente con il passaggio alla nuova cooperativa avrei mantenuto lo stesso monte ore e lo stesso stipendio, ma la mia tipologia di contratto è ciclica. È valido per anno scolastico. Poi la mia cooperativa mi ha sempre fatto proseguire nel periodo delle vacanze con i centri estivi e gli oratori. Non potevo sapere se con il nuovo affidatario sarebbe stato così lo stesso, si tratta di una cooperativa che non conoscevamo".
Quindi ha deciso di mantenere i rapporti con la sua cooperativa?
"È stata una scelta sofferta. Alcune mie colleghe avevano firmato ancora prima della scadenza del precedente appalto, cioè prima del 28 febbraio. Sapevamo che quella era la scadenza e dalle chat condivise era emerso che dovessimo decidere entro il giorno prima. Altrimenti i nominativi sarebbero stati inviati alla nuova cooperativa. Io mi sono trovata nel limbo, ho ricevuto una proposta, ma un po' più tardi di altri colleghi. Trovandoci a marzo, l'Educativa scolastica è un po' ovunque già coperta. Quindi la proposta non è stata molto allettante, ma ho scelto di adeguarmi fino a giugno e poi con il nuovo anno scolastico dovrebbe tornare tutto più regolare, ma ovviamente in un'altra zona".
Quando ha saputo di questa situazione di cambiamento?
"A fine settembre o inizio ottobre abbiamo fatto una riunione con la cooperativa e Consolida per un aggiornamento. Ci è stato detto in quell'occasione che non si sapeva se avrebbero partecipato al bando anche perché ancora non era uscito il bando, ma era stata fatta solo una manifestazione d'interesse. Il consorzio ha sostenuto che il bando andasse fatto d'estate e ha cercato di trovare un compromesso sui costi e sulla sostenibilità della proposta. Poi il 6 febbraio abbiamo avuto un'altra riunione allargata anche ai rappresentanti delle altre cooperative. In quel frangente ci hanno comunicato di non aver partecipato al bando, ci hanno spiegato le ragioni delle scelte e prospettato gli scenari per le successive due settimane. L'8 febbraio abbiamo ricevuto un foglio per fissare un colloquio facoltativo con l'ufficio risorse umane della nostra cooperativa per il ricollocamento dal 1° marzo".
Come sono state spiegate le ragioni di non partecipare più al bando?
"Ci è stato detto che all'arrivo a scuola noi educatori avremmo dovuto dimostrare la nostra presenza tramite una piattaforma per la geolocalizzazione. Non si capiva nemmeno se utilizzando il nostro cellulare personale o con un dispositivo fornito da Retesalute. Ad ogni caso il costo di questo servizio sarebbe stato a carico della cooperativa. Inoltre non sarebbe stata prevista la formazione. Ci sarebbe stato un coordinatore ma a patto che si rendesse reperibile 10 ore".
Mi sembra di capire che fossero delle condizioni non tollerabili.
"Non pensavo di venirmi a trovare in una situazione simile. Dentro di me prospettavo di completare almeno il ciclo di studi con i ragazzi che seguo. Sono state settimane davvero complicate, con la preoccupazione per il lavoro, la consapevolezza del disagio che avremmo creato alle famiglie e ai bambini stessi, dopo anni di lavoro alle spalle per ottenere dei progressi da loro, grazie a tanta pazienza e dedizione. È una cosa che mi ha destabilizzato, ma poi ho preso la mia decisione, anche perché già avevamo notato un peggioramento con Retesalute".
A cosa si riferisce?
"In piena pandemia sono state tagliate le ore di formazione, attività che prima svolgevamo presso la sede di Retesalute. Poi sono state tolte le ore di supervisione, mentre sono state dimensionate quelle di coordinamento gestite da Retesalute. Bisogna considerare che abbiamo cambiato tre coordinatrici in due anni e che queste attività erano già poche prima del covid. Sono stati dei tagli che hanno inciso sul lavoro educativo che facevamo perché è sempre utile un confronto tra educatori e una riflessione sui progetti che si svolgono e sulle difficoltà che si affrontano. Ci è stato detto che il bilancio di Retesalute non consentiva più di investire su questo fronte. Forse queste ore di formazione sono state considerate superflue. Ripeto, sono stata combattuta, è stato difficilissimo riferirlo ai genitori".
Quindi siete stati voi educatori a dover comunicare alle famiglie che non ci sareste più stati?
"Le famiglie non sapevano nulla. Girava voce che la notizia del passaggio sarebbe stata comunicata dall'assistente sociale, ma non è stato così. Ci abbiamo dovuto pensare noi educatori. Pensi che in quelle settimane quando già noi eravamo a conoscenza della situazione si sono svolti i GLO [Gruppo di Lavoro Operativo per l'inclusione, ndr], che corrispondono ai classici colloqui dei genitori con gli insegnanti. Per gli alunni disabili prendono parte però anche l'educatore, l'insegnante di sostegno, il coordinatore di sostegno dell'Istituto comprensivo e vengono invitati anche gli psicologi. Ecco, abbiamo svolto questi colloqui come se nulla fosse. Alcune mie colleghe hanno colto questo momento per dare la notizia alla scuola e ai genitori. Io personalmente non me la sono sentita, non ce l'ho fatta. Nei giorni successivi ho parlato al telefono con i genitori e li ho informati. Mi sono trovata in enorme difficoltà".