Tra Arlate e Brivio l'assembramento di carpe nel fiume, in fuga dai cormorani
Potrebbero essere le stesse carpe che da Imbersago hanno risalito l'Adda fino ad arrivare a confine tra Arlate e Brivio, nei pressi del metanodotto e che hanno trovato nuovamente rifugio tra le fronde degli alberi a raso della riva, per sfuggire così alla caccia dei cormorani.
Da qualche giorno, infatti, i pesci sono stati notati in un'ansa dai passanti che si trovano a camminare lungo il sentiero fluviale che collega Brivio ad Arlate e hanno notato l'assembramento dei pesci, a pelo d'acqua che boccheggiano, ma che non si allontanano dalla riva.
Così facendo però i pesci rischiano di morire per mancanza di ossigeno in uno spazio ridotto e, al tempo stesso, vanno incontro ad un altro pericolo, molto spesso più temibile, l'uomo, che con il guadino ne può raccogliere a decine, senza fatica. Una pratica però vietata dalla normativa e che viene punita come pesca di frodo.
Questa mattina il presidente della Fipsas Stefano Simonetti con il vice Mario Bandera ha fatto un sopralluogo coadiuvati dal presidente dei pescatori della Briantea di Merate Giorgio Fumagalli e da alcuni esponenti della società di Brivio. Resta ora da capire se si tratti degli stessi esemplari (come sembra, dato che a Imbersago non sono più presenti) e come agire per tutelarne la sopravvvvenza.
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Da qualche giorno, infatti, i pesci sono stati notati in un'ansa dai passanti che si trovano a camminare lungo il sentiero fluviale che collega Brivio ad Arlate e hanno notato l'assembramento dei pesci, a pelo d'acqua che boccheggiano, ma che non si allontanano dalla riva.
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Gli esemplari di carpe, infatti, da quanto è stato possibile capire, stanno letteralmente scappando dagli uccelli che, affamati, danno loro la caccia lanciandosi dall'alto nell'acqua e pescandoli senza lasciare loro scampo. Per questa ragione, le carpe tenderebbero a rifugiarsi verso la riva, in particolare tra le anse dove ci sono rami, foglie, fronde, radici che impediscono ai volatili di individuarli e avvicinarsi in sicurezza, senza il correre il rischio di rimanere impigliati.
Così facendo però i pesci rischiano di morire per mancanza di ossigeno in uno spazio ridotto e, al tempo stesso, vanno incontro ad un altro pericolo, molto spesso più temibile, l'uomo, che con il guadino ne può raccogliere a decine, senza fatica. Una pratica però vietata dalla normativa e che viene punita come pesca di frodo.
Questa mattina il presidente della Fipsas Stefano Simonetti con il vice Mario Bandera ha fatto un sopralluogo coadiuvati dal presidente dei pescatori della Briantea di Merate Giorgio Fumagalli e da alcuni esponenti della società di Brivio. Resta ora da capire se si tratti degli stessi esemplari (come sembra, dato che a Imbersago non sono più presenti) e come agire per tutelarne la sopravvvvenza.
A Imbersago i guardiapesca si sono dati da fare per tutte queste settimane per fare appostamenti e controlli così da scongiurare l'azione di bracconieri che, in un caso, hanno anche avuto atteggiamenti minacciosi contro uno di loro e che ora rischiano anche conseguenze giudiziarie.
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S.V.