Airuno: la nipote Chiara racconta il nonno Giuseppe Bonanomi, scampato a un lager

La targhetta con il numero di riconoscimento, una pagina scritta a macchina e una poesia, queste sono le uniche testimonianze lasciate da Giuseppe Bonanomi della sua permanenza in un campo di concentramento nazista.

Al centro Chiara Spreafico tra Roberta Consonni e Chiara Casalboni

La nipote Chiara Spreafico, mamma e insegnante alla scuola dell'infanzia di Galbiate, in un incontro tenutosi venerdì 3 nella biblioteca di Airuno, si è resa portavoce della storia del nonno materno, spirato nel 1999 quando lei aveva 19 anni, raccogliendo tutte le informazioni che le sono state lasciate: "Avrei voluto fargli molte domande, se potessi tornare indietro lo farei, ma ero giovane e non avevo la consapevolezza che ho ora" spiega Chiara.

Giuseppe Bonanomi era stato catturato a Roma l'8 settembre 1943 in quanto oppositore politico e trasportato su un treno per bestiame a Stettino in un lungo viaggio senza sosta durato 25 giorni. Da quel momento erano iniziati i mesi di inferno nel campo di lavoro fino alla liberazione delle truppe russe il 6 maggio 1945. In un breve testo scritto 30 anni dopo l'internamento, Giuseppe aveva descritto il terrore continuo che aveva permeato la sua vita in quel periodo, le aberranti condizioni igieniche alle quali erano lasciati, le fucilazioni alle quali è miracolosamente sopravvissuto.

La nipote Chiara, nel corso della sua narrazione, ha ricordato un particolare evento, uno dei pochi che il nonno raccontava, forse per risparmiare ai suoi cari, ma anche a se stesso, l'immagine delle crudeltà e disumanità alle quali fu sottoposto: "un giorno, dopo essere stati messi in fila, l'interprete ha spiegato che i soldati stavano cercando qualcuno che sapesse fare il pane per aiutare dei panettieri che avevano bisogno di un garzone. Mio nonno non sapeva fare il pane, eppure alla domanda alzò subito la mano, capì che era l'unico modo per salvarsi e così è stato".

Non solo, Giuseppe convinse anche il suo vicino di fila a fare lo stesso permettendogli così di sopravvivere. Così anni dopo Bonanomi, che oltre ad essere operaio era artista, partecipando alla trasmissione "Portobello" per esporre le sue opere venne mostrato sullo schermo e immediatamente riconosciuto dall'uomo che aveva salvato anni prima. Contattando la Rai i due erano riusciti a scambiarsi i numeri di telefono e ritrovarsi in condizioni ben diverse da quelle in cui si erano conosciuti. Subito eranato un forte rapporto perpetuato nel tempo: un legame iniziato con la gomitata di Giuseppe al compagno, convincendolo ad alzare la mano e a salvarsi così la vita.

La nipote, davanti al pubblico rapito dal racconto, ha poi recitato l'unica poesia dedicata al campo di sterminio tratta dalla piccola raccolta del nonno "Poesie e pensieri", nella quale Giuseppe aveva fatto percepire il sentimento di paura che nasceva guardando il teschio sorridente sulla divisa dei soldati tedeschi, e poi la malinconia verso i propri cari, l'umiliazione di perdere il proprio nome di battesimo cancellato completamente dal numero di matricola, e ancora la tristezza per i compagni non sopravvissuti alla prigionia. Infine ecco comparire la speranza che invece non muore mai e che gli aveva dato la forza di tornare a casa.

Da sinistra Thierry Averna, Gianmaria Stucchi, Donatella Balasso, Franco Riva,
Roberta Consonni, Claudio Rossi, Chiara Spreafico, Erminio Cereda e Chiara Casalboni

Tramandando la storia del nonno, Chiara ha voluto rendersi testimone di un'eredità storica che non deve essere dimenticata perché questa è ciò che ci consente di creare un futuro migliore evitando di ripetere questo grande orrore che come ha scritto Michael Rosen "Accade di nuovo, è accaduto di nuovo".

I.Bi.
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