Sul futuro dei giovani
Leggo sempre volentieri le appassionate pillole di saggezza del signor Alberico che non ho avuto il piacere di conoscere personalmente.
Dell'ultima sua non posso non ravvisare l'essere, semplicemente e senza presunzione, in pace con se stesso per aver fatto la propria parte ma anche, contemporaneamente, una chiara e sconsolata denuncia di un mondo che, pur con qualche eccezione, non gli piace più.
E' questo che riscontro amaramente e peraltro comprensibilmente anche in molti altri anziani, ed a volte pure in me stesso.
Ma quello che mi rende inquieto e preoccupato, immagino valga anche per il cortese Almerico per quello che si intuisce anche non solo da questo suo scritto, è il pensare ai nostri giovani costretti a misurarsi con un presente che non sembra garantire loro un futuro degno di tal nome, rispetto a quello che intravedevamo noi quando eravamo giovani, nella convinzione di poter contribuire a costruirlo.
Come aiutarli ancora oggi a non rassegnarsi ad un mondo che spesso gira al contrario e che possa ancora essere migliorato sommando gli sforzi di tutti, giovani, adulti e vecchi?
Forse continuando a far ognuno la propria parte e sentendoci componenti di un insieme che non rinuncia mai ad interrogarsi a fondo sulle contraddizioni di un sistema che sembra spesso premiare i furbi ed i cinici e isolare gli onesti e i responsabili?
Un certo avvocato Giorgio Ambrosoli a chi gli diceva che l'onesta è la virtù di gente da poco rispondeva "il vero Paese è quello che ci costruiamo noi col nostro lavoro".
Dell'ultima sua non posso non ravvisare l'essere, semplicemente e senza presunzione, in pace con se stesso per aver fatto la propria parte ma anche, contemporaneamente, una chiara e sconsolata denuncia di un mondo che, pur con qualche eccezione, non gli piace più.
E' questo che riscontro amaramente e peraltro comprensibilmente anche in molti altri anziani, ed a volte pure in me stesso.
Ma quello che mi rende inquieto e preoccupato, immagino valga anche per il cortese Almerico per quello che si intuisce anche non solo da questo suo scritto, è il pensare ai nostri giovani costretti a misurarsi con un presente che non sembra garantire loro un futuro degno di tal nome, rispetto a quello che intravedevamo noi quando eravamo giovani, nella convinzione di poter contribuire a costruirlo.
Come aiutarli ancora oggi a non rassegnarsi ad un mondo che spesso gira al contrario e che possa ancora essere migliorato sommando gli sforzi di tutti, giovani, adulti e vecchi?
Forse continuando a far ognuno la propria parte e sentendoci componenti di un insieme che non rinuncia mai ad interrogarsi a fondo sulle contraddizioni di un sistema che sembra spesso premiare i furbi ed i cinici e isolare gli onesti e i responsabili?
Un certo avvocato Giorgio Ambrosoli a chi gli diceva che l'onesta è la virtù di gente da poco rispondeva "il vero Paese è quello che ci costruiamo noi col nostro lavoro".
Non è mai "tempo per morire" se testardamente si cerca di capovolge il detto popolare "Vivi sapendo che devi morire" in un più auspicabile e significativo "Vivi sapendo che devi ....Vivere".
Fino ... alla fine.
Un caro saluto al signor Alberico!
Germano Bosisio