Caso Gilardi: 'una vita improntata all'altruismo'. Al processo per circonvenzione altri racconti sulle molte richieste di soldi
Il quadro emerso è stato in linea con quello dell'udienza precedente. Carlo Gilardi avrebbe vissuto con l'ansia e la preoccupazione costanti, talvolta impossibilitato persino a dormire poichè frequenti erano le richieste di elargizione economica da parte di molte delle persone che gli gravitavano intorno. In particolare - come noto - nel procedimento penale che si sta svolgendo al cospetto del giudice in ruolo monocratico Giulia Barazzetta, sono cinque le persone chiamate a rispondere dell'accusa (ancora chiaramente da dimostrare) di circonvenzione di incapace (art.643 cp). Si tratta di Abdelmalak Rougui, Hichem Horroun, Khalifa Mejbri, Abdellatif Ben Mustapha Hamrouni e Nedal Abushunar, tutti assenti all'udienza odierna tranne quest'ultimo, detenuto per altra causa.
A delineare i rapporti dell'anziano di Airuno - per quanto era a sua conoscenza - è stato l'avvocato Adriana Lanfranconi, mandellese e per un certo periodo di tempo anche amministratrice di sostegno di Gilardi. La professionista ha riferito di aver stretto con il professore un rapporto quasi confidenziale poichè frequenti erano le visite presso lo studio condiviso con la collega Carolina Boghi; a quest'ultima si era infatti rivolta, tramite un conoscente, Giuseppina Gilardi per chiedere la possibilità di aprire la procedura di amministrazione di sostegno nei confronti del fratello i cui prelevamenti bancari a favore di terzi erano ormai divenuti quasi all'ordine del giorno.
Un iter avviato nel maggio 2017 a seguito del quale le incursioni dell'anziano airunese presso lo studio legale delle due professioniste erano particolarmente assidue. Accompagnato da Khalifa ad esempio, Carlo Gilardi aveva chiesto la possibilità di svincolare delle somme per acquistare al giovane un furgone del valore di circa 17mila euro. ''Le avrebbe usate per tornare in Tunisia dove era in procinto di realizzare un allevamento di polli. All'improvviso però aveva cambiato idea, optando per una macchina'' ha detto l'avvocato Lanfranconi ricordando altre necessità evidenziate dal tunisino classe 1982, che chiedeva somme di denaro ingenti anche per un'operazione medica e per poter entrare in possesso del passaporto. In quegli stessi giorni del 2019 fra l'altro, Gilardi - al quale il giudice tutelare aveva negato ulteriori prelevamenti - avrebbe trovato un cartello esposto sul cancello di casa, nel quale si mettevano in discussione le sue doti di buon cristiano. ''Si faceva spesso leva sulla sua fede religiosa e sulle sue passioni, come quella per gli animali'' ha proseguito la teste secondo la quale questo atteggiamento da parte di alcuni, avrebbe convinto l'anziano a fare il possibile per aiutare chi era in difficoltà.
Per quanto riguarda Abushunar invece, Lanfranconi ha ricordato come quest'ultimo vivesse in Via Pizzagalli Magno, presso una delle abitazioni di Gilardi. Una convivenza pesante per il professore, tanto da spingerlo nel maggio 2020, a trasferirsi al Cerè in Via SS Cosma e Damiano per allontanarsi dall'israeliano classe 1973, che successivamente era stato costretto, alla presenza delle forze dell'ordine, ad abbandonare l'immobile. ''Ricordo che durante la sua permanenza a casa di Carlo arrivavano bollette di luce e gas salatissime'' ha aggiunto Lanfranconi.
Hichem Horroun (algerino classe 1977, difeso dall'avvocato Andrea Artusi del foro di Lecco) sarebbe stato invece diffidato da Gilardi nel proseguire alcuni lavori di ristrutturazione presso l'immobile del Cerè, mai autorizzati. ''Nel 2019 aveva però pagato la fattura per queste opere: era stato Carlo a chiedermelo'' ha proseguito la teste, ricordando la paura dell'anziano di ricevere eventuali ritorsioni.
Insomma, Gilardi avrebbe vissuto in un clima di angoscia. Lanfranconi non ha mai incontrato nè Abdelmalak Rougui (marocchino, classe 1982), nè Abdellatif Ben Mustapha Hamrouni (nato in Tunisia nel 1969), entrambi difesi dall'avvocato Artusi. Per anni i due avrebbero abitato nelle case del professor Gilardi, approfittando della sua ospitalità; il primo veniva definito da Carlo uno ''spendaccione'', il secondo avrebbe chiesto a più riprese aiuti per le spese mediche che doveva sostenere.
Una vita improntata all'altruismo quella dell'anziano, come ha testimoniato anche Alessandro Giovenzana, amico del professore sin dall'infanzia. La sua deposizione ha di fatto confermato i racconti già resi dalle amministratrici di sostegno Lanfranconi e Barra, delineando quelli che erano stati gli aiuti nei confronti delle persone a giudizio. ''Negli ultimi tempi lo vedevo affaticato. Ricordo in particolare una mattina: stavamo andando a Messa ma lui non aveva dormito bene ed era sporco. Mi aveva riferito di aver trascorso la notte nella porcilaia pur di non essere tormentato da chi gli chiedeva continuamente denaro'' ha detto il teste. ''Carlo era sotto pressione, non si riusciva nemmeno più a fare dei discorsi con lui perchè non poteva mai stare da solo, non lo mollavano''.
Un'attitudine generosa che tuttavia Gilardi non manifestava unicamente nei confronti degli imputati: era infatti incline ad aiutare chi in generale aveva bisogno. Lo stesso teste, nel rispondere alla domanda postagli dall'avvocato Artusi, ha dichiarato di aver beneficiato di un'elargizione del tutto spontanea dall'amico, per alcune necessità familiari. ''Ha sempre dato un aiuto, ospitando presso casa sua al Cerè, molte persone'' ha aggiunto l'anziano amico del professore.
Insomma, l'airunese ha aiutato a livello economico moltissime persone: quello che dovrà stabilire il processo in corso sono le modalità utilizzate dai beneficiari per ottenere sostegno dall'anziano, sottoposto peraltro nell'estate 2020 ad una valutazione psichiatrica. I risultati sono stati esposti in udienza dalla dottoressa Ombretta Monetti che ha risposto alle domande postele dall'avvocato Stefano Pelizzari, costituitosi parte civile per conto dell'amministrazione di sostegno, ancora oggi rappresentata dalla collega Barra. ''Appariva lucido a livello neuro-cognitivo, pur evidenziando un disturbo della personalità misto, con elementi ossessivi, schizoidi e dipendenti'' ha detto la professionista mettendo in luce il costante assecondare i principi del francescanesimo. ''Era generoso, ma poco empatico, quasi anaffettivo e viveva una vera e propria dipendenza rispetto a questi precetti. Si sentiva un privilegiato rispetto ai suoi coetanei, sin dall'infanzia e viveva il dono come una sorta di mezzo espiatorio. Aspetti questi ultimi che si sono cronicizzati con il tempo''.
Le deposizioni dei testi si sono succedute sino al primo pomeriggio odierno, quando il giudice Barazzetta ha aggiornato l'udienza al prossimo 20 marzo per il completamento dell'istruttoria.
A delineare i rapporti dell'anziano di Airuno - per quanto era a sua conoscenza - è stato l'avvocato Adriana Lanfranconi, mandellese e per un certo periodo di tempo anche amministratrice di sostegno di Gilardi. La professionista ha riferito di aver stretto con il professore un rapporto quasi confidenziale poichè frequenti erano le visite presso lo studio condiviso con la collega Carolina Boghi; a quest'ultima si era infatti rivolta, tramite un conoscente, Giuseppina Gilardi per chiedere la possibilità di aprire la procedura di amministrazione di sostegno nei confronti del fratello i cui prelevamenti bancari a favore di terzi erano ormai divenuti quasi all'ordine del giorno.
Il prof. Carlo Gilardi
Per quanto riguarda Abushunar invece, Lanfranconi ha ricordato come quest'ultimo vivesse in Via Pizzagalli Magno, presso una delle abitazioni di Gilardi. Una convivenza pesante per il professore, tanto da spingerlo nel maggio 2020, a trasferirsi al Cerè in Via SS Cosma e Damiano per allontanarsi dall'israeliano classe 1973, che successivamente era stato costretto, alla presenza delle forze dell'ordine, ad abbandonare l'immobile. ''Ricordo che durante la sua permanenza a casa di Carlo arrivavano bollette di luce e gas salatissime'' ha aggiunto Lanfranconi.
Hichem Horroun (algerino classe 1977, difeso dall'avvocato Andrea Artusi del foro di Lecco) sarebbe stato invece diffidato da Gilardi nel proseguire alcuni lavori di ristrutturazione presso l'immobile del Cerè, mai autorizzati. ''Nel 2019 aveva però pagato la fattura per queste opere: era stato Carlo a chiedermelo'' ha proseguito la teste, ricordando la paura dell'anziano di ricevere eventuali ritorsioni.
Insomma, Gilardi avrebbe vissuto in un clima di angoscia. Lanfranconi non ha mai incontrato nè Abdelmalak Rougui (marocchino, classe 1982), nè Abdellatif Ben Mustapha Hamrouni (nato in Tunisia nel 1969), entrambi difesi dall'avvocato Artusi. Per anni i due avrebbero abitato nelle case del professor Gilardi, approfittando della sua ospitalità; il primo veniva definito da Carlo uno ''spendaccione'', il secondo avrebbe chiesto a più riprese aiuti per le spese mediche che doveva sostenere.
Una vita improntata all'altruismo quella dell'anziano, come ha testimoniato anche Alessandro Giovenzana, amico del professore sin dall'infanzia. La sua deposizione ha di fatto confermato i racconti già resi dalle amministratrici di sostegno Lanfranconi e Barra, delineando quelli che erano stati gli aiuti nei confronti delle persone a giudizio. ''Negli ultimi tempi lo vedevo affaticato. Ricordo in particolare una mattina: stavamo andando a Messa ma lui non aveva dormito bene ed era sporco. Mi aveva riferito di aver trascorso la notte nella porcilaia pur di non essere tormentato da chi gli chiedeva continuamente denaro'' ha detto il teste. ''Carlo era sotto pressione, non si riusciva nemmeno più a fare dei discorsi con lui perchè non poteva mai stare da solo, non lo mollavano''.
Un'attitudine generosa che tuttavia Gilardi non manifestava unicamente nei confronti degli imputati: era infatti incline ad aiutare chi in generale aveva bisogno. Lo stesso teste, nel rispondere alla domanda postagli dall'avvocato Artusi, ha dichiarato di aver beneficiato di un'elargizione del tutto spontanea dall'amico, per alcune necessità familiari. ''Ha sempre dato un aiuto, ospitando presso casa sua al Cerè, molte persone'' ha aggiunto l'anziano amico del professore.
Insomma, l'airunese ha aiutato a livello economico moltissime persone: quello che dovrà stabilire il processo in corso sono le modalità utilizzate dai beneficiari per ottenere sostegno dall'anziano, sottoposto peraltro nell'estate 2020 ad una valutazione psichiatrica. I risultati sono stati esposti in udienza dalla dottoressa Ombretta Monetti che ha risposto alle domande postele dall'avvocato Stefano Pelizzari, costituitosi parte civile per conto dell'amministrazione di sostegno, ancora oggi rappresentata dalla collega Barra. ''Appariva lucido a livello neuro-cognitivo, pur evidenziando un disturbo della personalità misto, con elementi ossessivi, schizoidi e dipendenti'' ha detto la professionista mettendo in luce il costante assecondare i principi del francescanesimo. ''Era generoso, ma poco empatico, quasi anaffettivo e viveva una vera e propria dipendenza rispetto a questi precetti. Si sentiva un privilegiato rispetto ai suoi coetanei, sin dall'infanzia e viveva il dono come una sorta di mezzo espiatorio. Aspetti questi ultimi che si sono cronicizzati con il tempo''.
Le deposizioni dei testi si sono succedute sino al primo pomeriggio odierno, quando il giudice Barazzetta ha aggiornato l'udienza al prossimo 20 marzo per il completamento dell'istruttoria.
G. C.