Meglio santo Stefano che santo gnorri

"Siate dunque prudenti come serpenti e semplici come colombe"
 " Siate astuti come serpenti e puri come colombe"
Ecco il saggio passo evangelico (Matteo 10,16), nelle due versioni simili, che mi è balenato in mente dopo aver letto "L'INTERVENTO" dell'apprezzato Prof. Stefano Motta che fa riferimento, con varie sfumature, al santo di cui porta il nome:
https://www.merateonline.it/articolo.php?idd=123120
Non mi soffermo qui su alcune condivisibili sue argute e un po' anticonformistiche argomentazioni, vorrei invece analizzare quel particolare aspetto che sembrerebbe emergere soprattutto da queste sue due frasi:
"Con gli anni ho imparato che la pazienza è più saggia della foga, e che la testimonianza migliore non sempre passa  attraverso la lotta. E che, se hai la forza di aspettare (e se hai ragione, naturalmente) i tuoi avversari incappano ... ".
"Perché è vero che Stefano fu praticamente linciato in una sassaiola. Ma è altrettanto pur vero che le risposte del giovane di fronte al sinedrio furono di quelle che ti tirano i sassi fuori dalle mani, diciamolo. La letteratura è piena di uomini coraggiosi cui il fervore della fede fa da velo all'astuzia comunicativa: fra Cristoforo nei "Promessi è degno emulo di questo primo martire".
E' vero, lo stesso Gesù di Nazareth aveva espresso un'esplicita esortazione comportamentale ai suoi discepoli, che ho richiamato nel mio incipit, ma in tema di scomodità e audacia non mi sembra occorra dimostrare che proprio il "nazareno" figlio di Dio, sia stato secondo a nessuno.
In sostanza e sintetizzando al massimo:
Pienamente condivisibili le argomentazioni del Prof., ma alla condizione (lo dico ovviamente in termini generali e non certo applicabili al Prof. Motta che conosco solo attraverso i suoi scritti) che queste argomentazioni non possano o, meglio, non debbano essere strumentalizzate per giustificare, specie in questi tempi di trasformismo, il rimanere terzi rispetto all'ingiustizia nelle forme di un mal interpretato mix di "equilibrio" ed avvedutezza" che finisce col l'anteporre quasi sempre le ragioni di "opportunità","ragionevolezza" ed "astuzia comunicativa", pur necessarie, a quelle della ricerca del "Giusto e del Vero".
Attenzione quindi noi tutti a non rischiare di alimentare nei confronti degli "Stefano", anche pur solo involontariamente, il "se l'è un po' cercata" . Quell'ammiccante atteggiamento, ad esempio, esercitato da Giulio Andreotti nei confronti dell'avvocato Giorgio Ambrosoli, cercando di farlo sottilmente passare dalla parte del torto.
Riguardo poi la pur saggia " forza di saper aspettare" e, aggiungo io, la benevolenza nel giudicare, mi limito a riportare qui una più che significativa frase di Dom Pedro Casaldaliga, il "vescovo dei poveri" brasiliano, scomparso nel 2020:
«Saper aspettare, sapendo allo stesso tempo forzare l'ora di quell'urgenza che non permette più d'aspettare».
Un grazie comunque al Prof. Motta per i suoi scritti sempre così interessanti.
Germano Bosisio
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