Sabbioncello: padre Massimo, il frate guardiano che pianta gelsomini in memoria della mamma, e il Natale con 3 presepi
Il primo presepe allestito in chiesa
Un augurio affinchè Gesù nasca dalle viscere della Terra e dunque dal profondo del nostro cuore, che ritorni al centro della vita dell'uomo e che ci aiuti a raggiungere quell'opera d'arte alla quale ciascuno è stato chiamato.
Classe 1954, nativo di Cremona, entrato in convento a 19 anni attratto dal fascino della vita del poverello di Assisi, che fin da bambino aveva potuto respirare grazie alla sua famiglia di contadini e alla maestra elementare che gli era stata da esempio con i suoi insegnamenti, ha potuto fare rientro in Lombardia dopo 50 anni in giro per il mondo.
Missionario francescano in Africa, poi insegnante di teologia spirituale ha fatto tappa in ben 17 conventi e qui, in memoria della cara mamma Gelsomina, ha sempre piantato l'omonimo rampicante. Da quel fiore oggi ne estrae l'essenza profumata per ricavarne profumi da regalare.
Padre Massimo con il secondo presepe africano allestito sul pozzo nel chiostro
Del convento di Sabbioncello, dove oggi ci sono 16 francescani e tre clarisse anziane, ha già imparato ad assaporare il fermento che vi gravita attorno con i tanti volontari, amici, devoti che fanno parte di gruppi di preghiera, di ascolto, di servizio alla liturgia.
Padre Massimo con il presepe nel refettorio, opera della mamma Gelsomina
Per questo Natale ha voluto che fossero tre i presepi allestiti, con i quali porgere gli auguri ai fedeli.
Il primo posto a sinistra dell'ingresso, nella cappella diventata una grotta. Musica e luci fanno da sottofondo alla natività in forma agreste, con i pastori e le persone attorno alla grotta, vestite in abiti semplici proprio per rammentare le origini e l'incarnazione di Dio nella povertà, in un uomo che è venuto dalle viscere della Terra.
Alcuni dettagli delle vesti ricavate a mano da parametri sacri dismessi
Il secondo presepe si trova nel cuore del convento, esattamente sul pozzo che è al centro del chiostro. Si tratta di bellissime statue lignee provenienti dal Burundi, dove le forme dei corpi scolpiti e l'espressività dei volti raccontano la grandezza dell'artista che ha voluto un bambinello adagiato sulle mani di Maria e di Giuseppe, in alternanza. Il messaggio è quello di riportare Dio al centro della nostra esistenza, di farlo tornare a essere il fulcro delle nostre azioni con un Salvatore che è acqua, come quella del pozzo, capace di dissetare i nostri bisogni.
Tutti indossano vesti preziose per raccontare la grandezza e la magnificenza di questo Dio fatto bambino. Le stoffe di questi abiti sono state cucite su misura e poi "vestite" sulle statuine dalla mamma di padre Massimo che le ha ricavate dai paramenti sacri dismessi. Un vero capolavoro e un'opera d'arte, proprio come quella che ogni uomo è chiamato a diventare.
È con questi tre pensieri, derivanti da altrettante natività, che padre Massimo e tutti i francescani hanno voluto porgere gli auguri di buon Natale alla comunità meratese.