Sen. Rusconi: riscoprire la centralità del docente

Ad ogni inizio di anno scolastico, rischia di accompagnarci la ritualità e la liturgia laica delle buone intenzioni sulla scuola italiana, degli appelli e dei saluti.
Eppure se nella società globalizzata la questione educativa e della conoscenza dei saperi è prioritaria rispetto anche allo sviluppo economico, nessuna riflessione sulla scuola italiana può prescindere da un coinvolgimento degli insegnanti, di politiche di effettiva valorizzazione, di restituzione di dignità e senso a una professione strategica per il paese.
Ebbene il disastro dei tre anni del Ministero Gelmini parte da questo aspetto: l’idea che si possano fare buone riforme, nonostante gli insegnanti.
“Perché chiediamo tanto alla scuola e a chi insegna riconosciamo così poco?”: il titolo è da un importante quotidiano nazionale, ma pone un quesito fondamentale, qual è il modello di docente che la società di propone, quale attrazione riveste sui giovani più preparati, quale prestigio e autorevolezza propone.
Perché i tagli lineari, progressivi del binomio Tremonti – Gelmini, hanno di fatto escluso un’intera nuova generazione dalla possibilità di scegliere convintamente questa professione, abolendo da una parte lo strumento delle SSIS e dall’altra con l’immissione in ruolo solo di una percentuale dei precari già previsti dal Governo Prodi, ha offerto l’idea di una professione instabile e incerta, contribuendo a incrinare ulteriormente il prestigio della categoria.
Per questo come Partito Democratico è fondamentale costruire e delineare nuove modalità di reclutamento, un progetto non rinviabile nei prossimi mesi, come rendere ambiziosa questa professione, diremmo, con espressione ormai desueta, come sentirla una vocazione per tanti giovani capaci e meritevoli di cui la scuola italiana ha estremamente bisogno.
D’altra parte le parole d’ordine con cui aveva esordito la Gelmini hanno esaurito la loro funzione di ipocrita benevolenza e manifestano ogni giorno il fallimento per l’assenza di un progetto di scuola.
Si è parlato di rigore contro gli sprechi e di federalismo e si sono effettuati solo tagli lineari per assicurarsi una congrua riduzione delle risorse destinate alla scuola italiana, tagli che, peraltro, nonostante le dichiarazioni del Ministro, continueranno nei prossimi tre anni, a completamento delle cosiddette riforme della scuola primaria e superiore.
Si è parlato di merito con l’introduzione di appositi meccanismi retributivi e il risultato è che tutto è rinviato alla prossima legislatura, ci si augura, non con questo Governo né con questo Ministro.
Si è parlato di una scuola più severa, quella che “boccia” e dei “5 in condotta” e si constata amaramente che sono di gran lunga aumentati gli episodi di bullismo e in una scuola dell’obbligo che abbassa la qualità, di fatto a soffrirne sono i più deboli. Diventa una scuola dove i più problematici, i diseredati, i disabili sono anche un po’ più soli. Appare tuttora di grande attualità la lezione della scuola di Barbiana e di don Milani:”Allora è più onesto dire che tutti i ragazzi nascono eguali e se in seguito non lo sono più è colpa nostra e dobbiamo rimediare. E’ esattamente quello che dice la Costituzione … …”
Si è parlato di primato della famiglia e la diminuzione del tempo – scuola, i tagli alle risorse dei Comuni,  puniscono e mettono in difficoltà i genitori che lavorano, le famiglie numerose, quelle con difficoltà economiche.
Il risultato è che oggi l’Italia ha una scuola più povera e dicendo grazie, nonostante tutto, alla professionalità e all’impegno di tanti insegnanti, questa scuola che esclude ed abbandona non ci piace.
Sen. Antonio Rusconi
Invia un messaggio alla redazione

Il tuo indirizzo email ed eventuali dati personali non verranno pubblicati.