Brivio: gioia, servizio e abbandono. Chiara Pozzi dà la sua lettura del libro del Qohelet

È iniziato nella serata di venerdì 18 novembre il terzo e ultimo ciclo di letture dei capitoli del libro del Qohelet organizzato dalla parrocchia di Brivio, nelle persone di don Emilio Colombo e Ugo Panzeri. Al contrario dei precedenti otto appuntamenti l'incontro di venerdì (e così sarà anche per i tre successivi) si è tenuto presso il cineteatro Excelsior, recentemente oggetto di ristrutturazione. Non è cambiato invece il "format": prima di dare spazio alla lettura del testo e alla relazione dell'ospite, infatti, la serata si è aperta con un accompagnamento musicale di Gabriele, talentuoso tastierista della Comunità Pastorale "Beata Vergine Maria", cui ha fatto seguito l'ascolto della lettura del capitolo in ebraico e infine in italiano, a cura di altri due giovani.

Chiara Pozzi

Dopo l'appuntamento dello scorso luglio, durante il quale l'imprenditore Marco Campanari aveva affrontato e ragionato sull'ottavo capitolo, è stata la Piccola Apostola della Carità della parrocchia San Giovani di Lecco Chiara Pozzi a riprendere e ad affrontare il nono capitolo durante la serata intitolata "Cecità".
Gli affezionati spettatori avevano ormai imparato a conoscere il libro del Qohelet come un testo caratterizzato da una visione estremamente realista della vita, a tratti pessimista. Chiara Pozzi, invece, offrendo la sua visione ha individuato nel capitolo assegnatole spunti positivi che hanno aperto a una diversa lettura del testo.

"Il libro su cui state meditando è difficile, non mi sento tanto adeguata, ma mi piace condividere con voi alcune parole che questo capitolo mi ha suscitato nella preghiera" ha esordito, citando innanzitutto il termine "gioia", che compare nei versetti 7 e 8. "Sono entrata in Istituto nel 2008 e uno dei brani evangelici che mi ha guidato nella scelta è stato quello del giovane ricco" ha continuato, raccontando quando da piccola frequentava l'oratorio di Airuno (suo paese d'origine) e sperimentava la bellezza del gruppo: "Guardavo i ragazzi più grande e vedevo come stavano bene insieme. Desideravo anche io darmi da fare così". In particolare Chiara ha ricordato di un'amica di quei tempi che desiderava diventare suora di clausura ad Assisi: "Ricordo la gioia che aveva negli occhi quando ce lo raccontava. In quel momento ho pensato che volevo anche io vivere quella gioia lì. Ho pensato che se avessi trovato anche io il mio posto nel mondo sarei potuta diventare così felice".

"Mangia con gioia il tuo pane e bevi di buon cuore il tuo vino" recita il Qohelet. "Mi fa pensare - ha detto Chiara - che sia una gioia che troviamo nel quotidiano, seppur non sia facile. Il quotidiano di ciascuno è fatto di incontri, penso a me e agli incontri con le mie sette sorelle, con cui viviamo in comunità. La gioia la viviamo nel nostro stare insieme". E poi, citando don Luigi Monza, fondatore proprio dell'Istituto Secolare delle Piccole Apostole della Carità, ha ricordato: "Fate assaporare la gioia di vivere fratelli in Cristo". "Siamo chiamati a questo, a far assaporare la gioia".

La seconda parola individuata da Chiara è stata "servizio", che ha trovato nel versetto 10: "Tutto ciò che la tua mano può trovare da fare con forza, fallo". Raccontando della sua storia, la Piccola Apostola della Carità ha spiegato come la sua formazione l'abbia portata a diventare educatrice presso la Nostra Famiglia di Bosisio Parini, opera principale dell'Istituto a cui appartiene. "«Fallo con tutta la tua forza», mi fa pensare all'impegno che ciascuno di noi mette nelle azioni quotidiane". Successivamente a Chiara è stato chiesto di studiare pedagogia e diventare coordinatrice della scuola primaria e dell'infanzia. "Per me è stata una fatica lasciare l'impegno diretto con i bambini, mi sembrava di fare un po' meno con forza quello che potevo fare. Ho comunque accettato, perché credo che nell'obbedienza ci sia la volontà del Signore". A distanza di anni, Chiara si è detta soddisfatta della scelta che ha preso.

                                                                                                                                       Ugo Panzeri

È stata "Abbandono" l'ultima parola trovata nel testo, un vocabolo che - ha ammesso Chiara - non ha compreso subito. "Lo troviamo nel verso 1: «Ho posto nel mio cuore tutto questo e l'ho chiarito. I giusti e i sapienti e le loro azioni sono nelle mani di Dio». La parola ‘abbandono' non l'ho ancora compresa del tutto, mentre ‘gioia' mi ha spinto a cercare la gioia piena e la parola ‘servizio' mi ha spronato a voler fare tutto quello che posso per donarmi agli altri, ‘abbandono' è arrivato un po' dopo nel mio cammino vocazionale". Chiara ha ripreso dunque il suo percorso: "Noi abbiamo tre anni di noviziato, poi si fa la prima professione, poi altri sei anni durante i quali ogni anno rinnoviamo i voti, fino poi ad arrivare alla professione perpetua". Questo l'ha portata ad accostare la parola ‘gioia' alla prima professione, e la parola ‘abbandono' alla professione perpetua. "Il versetto del Salmo 15 che mi ha condotto alla professione perpetua è «nelle tue mani è la mia vita»: la parola ‘abbandono' è la parola delle fatiche quotidiane, quando la gioia non si sente o quando il servizio diventa difficile. I giusti, i sapienti e le loro fatiche sono nella mani di Dio, lui raccoglie tutto di me: il buono che sono, l'amore che so dare, ma anche le fatiche che vivo e i limiti che ho, i sentimenti negativi che porto in me''.

Il parroco don Emilio Colombo

Riprendendo il titolo della serata - cecità - Chiara ha concluso dicendo che la parola ‘abbandono' racchiude il titolo stesso: "Attraversare la cecità della fatica e farlo indenni, richiede un po' questo abbandono. Una persona che non ci vede deve fidarsi degli altri, e per me l'abbandono è questo: sapere che anche quando la gioia non c'è, o il servizio è difficile, c'è qualcuno di più grande che mi conduce".

E.Ma.
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