LIBRI CHE RIMARRANNO/79: ''Gli amici di Brusuglio'' di Isabella Becherucci

È il 20 agosto 1866. Il Consigliere Imperiale Antonio Salvotti, giudice tirolese, ligissimo servitore dell'Austria e segaligno avversario dei rivoluzionari italiani milanesi è morto da tre giorni. Il figlio Scipio torna nella villa avita di San Giorgio, a Trento, in cerca di alcuni libri. Tra le carte accuratamente riposte nello studio, trova un fascicolo "rivestito in pergamena e cucito con un esile filo color verde sbiadito". A differenza degli altri volumi impolverati e degli altri documenti, legati grossolanamente con uno spago, questo manoscritto appare lindo, come qualcosa di costantemente e prudentemente curato.
La grafia della dedica è sicuramente di suo padre: "A Scipio, con affetto".
Il titolo lo identifica come un romanzo, "Gli amici di Brusuglio".
L'autore è sconosciuto.

Ora, i venticinque lettori di questa mia rubrica settimanale non faticheranno a capire cosa significhi, per un manzonista qual mi si dice, un romanzo che inizia con un manoscritto anonimo (come i "Promessi sposi"), che esordisce con quel Salvotti che fu l'avversario di Fedele Confalonieri, di Silvio Pellico e dei patrioti milanesi che nel 1821 speravano nel successo dei moti piemontesi. E che sia ambientato a Brusuglio, là dove Manzoni risiedette, nella villa che apparteneva a Carlo Imbonati e che, lasciata da quest'ultimo in eredità a Giulia Beccaria, sua amante, divenne Villa Manzoni, o, per gli amici, "il Brusù".
La trovata del romanzo anonimo che Scipio Salvotti ha tra le mani offre a Isabella Becherucci, docente di Letteratura Italiana a Roma e curatrice proprio dell'Archivio manzoniano di Brusuglio, il pretesto per il racconto meticoloso e bellissimo della vita di Manzoni fino alle macchinazioni per aggirare la Censura e diffondere il "Cinque Maggio" e poi fino alla immediata vigilia della pubblicazione del romanzo.
Le pagine scorrono fluide, colte e piane, in un racconto che ha note dolcissime, e che mi ha fatto commuovere. Non c'è superbia nel dire che non vi ho ritrovato nulla che già non sapessi (Manzoni è l'oggetto dei miei studi e ci mancherebbe che così non fosse stato!), ma non provo vergogna nel dire che mi sono emozionato moltissimo leggendo cose, che sapevo, raccontate con tale garbo e finezza.
Se devo consigliare delle pubblicazioni non saggistiche ma romanzate sulla biografia di Manzoni dirò che non ho mai apprezzato "La famiglia Manzoni" di Natalia Ginzburg né "Quel che il cuore sapeva" di Marta Boneschi, e amo invece moltissimo "La collina di Brusuglio" di Pietro Citati, "Il Natale del 1833" di Mario Pomilio" e "Il Journal di Matilde Manzoni" di Cesare Garboli: "Gli amici di Brusuglio" (Giulio Perrone Editore, 2021, pagg. 374, Euro 20,00) ha la qualità di questi tre, e forse persino di più.
Giovanni Torti, Ermes Visconti, Tommaso Grossi, Gaetano Cattaneo sono gli amici che insieme a Manzoni cercano attraverso la letteratura e la scuola (la scuola lancasteriana di mutuo insegnamento di Santa Margherita a Milano, animata da Federico Confalonieri, Luigi Porro Lambertenghi, Silvio Pellico, Lodovico di Breme e chiusa dalle autorità austriache) di cambiare il loro mondo.
In questa ottica "Il conte di Carmagnola", "Adelchi", "Marzo 1821", il "Cinque Maggio", l'embrionale tragedia "Spartaco", e soprattutto il romanzo che sta nascendo diventano armi potenti quanto e più dei fucili nell'Italia risorgimentale che per risollevarsi ha bisogno non solo di barricate ma anche di poesia.

Le azioni degli amici di Brusuglio attirano naturalmente l'attenzione del Salvotti. Confalonieri e Pellico vengono confinati allo Spielberg, e un delatore rivela in realtà che anche Alessandro Manzoni...
Alla fine si scoprirà, naturalmente, l'autore del romanzo, e la lettura di Scipio getterà nuova luce anche sul ruolo di questo delatore, che forse potrebbe essere iscritto a uguale buon diritto nella cerchia stessa di quegli amici di Brusuglio. Ma si arriva alle ultime pagine essendosi quasi dimenticati che c'era questa specie di giallo da risolvere: in altri libri avrei detto che questo è un difetto. Qui va bene così!

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Rubrica a cura di Stefano Motta
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