Osnago: il tema delle migrazioni e degli sbarchi nella serata del gruppo Amnesty

L’attenzione mediatica in queste giornate è focalizzata su Catania e sulle condizioni a bordo delle quattro navi cariche di migranti. È braccio di ferro tra Governo e ONG, ma anche tra Governo e Unione Europea e a breve, come accade spesso in Italia quando la politica è incapace di affrontare in Parlamento le questioni, tra Governo e magistratura. Una tensione che di ora in ora dalle acque si proietta ai piani più istituzionali.


Cristina Mazza, referente del gruppo Amnesty international di Merate


In questo contesto, venerdì 4 novembre, il gruppo Amnesty International 126 di Merate ha organizzato una serata per discutere di migrazioni e accoglienza. “Forse lo temevamo, forse speravamo che non si ricreasse questa situazione, con questa serata vogliamo esprimere la nostra attenzione verso questa tematica” ha esordito la referente del gruppo Amnesty di Merate, Cristina Mazza.


Cristina Mazza, Paolo Brivio, Daniele Biella, Nicola Datena

“La nuova stagione governativa probabilmente fa ritornare sulle prime pagine dei giornali un tema che non ha mai cessato di essere delicato e doloroso, ma che in certi momenti della nostra storia politica istituzionale rischia di essere un po’ strumentalmente agitato” ha poi introdotto il sindaco di Osnago Paolo Brivio, facendo gli onori di casa e circoscrivendo l’ambito di trattazione della serata: come regolare i flussi migratori senza uscire dall’alveo della legalità e mantenendo saldi i principî di umanità.


Il giornalista Daniele Biella

Il primo tra gli ospiti ad intervenire è stato il giornalista Daniele Biella, autore di numerosi reportage dalle tratte e dagli snodi dei flussi migratori. Il primo messaggio che ha consegnato all’attento pubblico della sala civica “Sandro Pertini” è stato che i movimenti migratori accadono e variano con una certa indipendenza dalle volontà dei governi. Si generano delle dinamiche che non sono sotto il controllo di nessuno. “Gli stessi Paesi europei sono purtroppo portatori di violenze strutturali, ma anche fisiche. Si sente parlare troppo spesso di violenze alla frontiera tra Croazia e Bosnia, tra Bulgaria e Turchia, e anche la Grecia non si sta comportando bene nel mare Egeo o lungo i fiumi” ha dichiarato Biella. Nemmeno certe costrizioni, che si sommano ad altre vissute nella prima parte dei viaggi, fermano la volontà degli stranieri in fuga di costruirsi una seconda vita in Europa. “Ho visto con i miei occhi ragazzi di 14, 15, 16 anni che vedono il proprio futuro in Europa e non li fermi. Puoi provarci causando loro dei traumi psicologici che si porteranno appresso arrivati a destinazione. Hanno un’energia dentro che fa superare ogni sorta di frontiera” ha testimoniato ancora Biella. Hai poi criticato l’attuale governo, ancora concentrato sullo slogan “porti chiusi” nonostante tutte le pressanti sfide socio-economiche del momento. Il giornalista ha anche ricordato le esperienze positive di accoglienza che ci sono in Sicilia per offrire delle alternative alle donne vittime di abusi e costrette a prostituirsi.



Il dibattito è entrato nel vivo con l’intervento dell’avvocato Nicola Datena, che fa parte dell’Associazione Studi Giuridici sull’Immigrazione. “In certi racconti io di diritti non ne vedo, perché non sembra che le persone possano accedere in Europa per chiedere protezione, asilo politico e costruirsi una vita – ha sostenuto Datena – Anzi devono quasi farsi ammazzare per entrare in Europa in una condizione di subordine rispetto a una concessione che fa uno Stato. Sembra che la situazione non sia di diritti riconosciuti ma di concessioni che vengono date”. Esternalizzare le frontiere, e dunque appaltare la gestione dei flussi ad altri Stati meno democratici – questa la tesi dell’avvocato – concorre ad alimentare un sistema criminogeno. Per Nicola Datena e per l’associazione che rappresenta andrebbe applicato un meccanismo di visti per regolarizzare l’ingresso nei Paesi europei.



L'avvocato Nicola Datena dell'associazione Studi giuridici sull'immigrazione

Venendo al tema dei corridoi umanitari, nell’ottica dell’avv. Datena non è opportuno che vengano gestiti da associazioni, Enti non governativi o fondazioni privati, quando in realtà è un affare che andrebbe affrontato dalle istituzioni pubbliche trattandosi della tutela di diritti. “Lo Stato concede a determinate associazioni di avere una grande responsabilità: selezionare le persone che potranno arrivare in Italia. Come si fa a decidere tu sì e tu no? È uno strumento che genera ingiustizia e che ancora una volta è criminogeno”. Una prospettiva ribaltata da Oliviero Forti, responsabile Ufficio Immigrazione Caritas Italiana, realtà che ha già sperimentato – e continuerà a farlo – tentativi di corridoi umanitari. “A nostro avviso i corridoi umanitari sono uno strumento importante – ha replicato Forti – Nessuno ha mai sostenuto che possano essere la soluzione. Bisogna considerare i corridoi umanitari non tanto e non solo come uno strumento per aiutare delle persone a lasciare dei Paesi terzi, ma anche una straordinaria occasione per la comunità che accoglie per vivere in prima persona la dimensione dell’asilo, l’esperienza dei migranti”. Oliviero Forti ha poi citato l’esempio dei corridoi universitari dall’Africa per garantire a 50 studenti a fare la specialistica in Italia. “È un inizio, da qualche parte bisognava pur cominciare. Se ci imputiamo che è lo Stato che debba farlo e poi non lo fa, inevitabilmente dobbiamo trovare delle strade alternative” ha commentato il responsabile Immigrazione per Caritas Italia.



Molte le sollecitazioni arrivate dal pubblico. In particolare, degno di nota, il caso di un operatore del settore veterinario, che è venuto a conoscenza di un collega afgano, attualmente residente con un regolare visto di lavoro in India in scadenza però a fine anno. Teme per la sua incolumità di tornare nel Paese che, a causa della mossa azzardata degli Stati Uniti, è stato riconsegnato nelle mani dei talebani. È stato dunque chiesto come si potrebbe fare per farlo arrivare in Italia o in altri Stati europei insieme alla moglie e ai cinque figli. La risposta è stata che non c’è canale legale per il suo caso. I corridoi umanitari non partono dall’India. I visti di lavoro non vengono più concessi. Identica cosa vale per le lettere d’invito onerose. Ha creato qualche borbottio in sala la considerazione di Oliviero Forti in merito: “Quello che cerchiamo di far capire alla maggior parte di queste persone è che spesso la cosa migliore è di rimanere nel proprio Paese e cercare di cambiarlo. È chiaro che è complicato e difficile, ma non è che svuotando questi Paesi noi riusciamo a risolvere certi problemi”.


Oliviero Forti, responsabile Ufficio Immigrazione Caritas Italiana

Tramite il giornalista Daniele Biella, è stato possibile ascoltare il contributo video del presidente di SOS Mediterranee, che ha lamentato l’atteggiamento del governo italiano rivendicando sulla base del diritto internazionale la necessità di sbarco delle navi, vicine alle coste italiane, che hanno salvato in mare i migranti.


Alessandro Porro, presidente di SOS Mediterranee

La serata organizzata dal gruppo Amnesty International di Merate è riuscita a sollevare un dibattito serio, articolato, non scontato, andando al di là di ideologie e semplici populismi, su un tema all’ordine del giorno in cui l’Italia è interpellata innanzitutto per questioni geografiche oltre che etiche.
M.P.
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