Cernusco: la violenza contro le donne nella storia. Fare formazione per un futuro migliore

Nella serata di venerdì 4 novembre, il vicesindaco e assessore ai servizi sociali di Cernusco Renata Valagussa e l'assessore alla cultura Pietro Santoro hanno dato il via al primo di quattro incontri, ogni venerdì fino al 25 novembre, nella biblioteca comunale per discutere col supporto di esperti riguardo il tema della violenza sulle donne.


Il vice sindaco Renata Valagussa, il capitano Domenico Cerminara, la dott.ssa Serenella Pesarin

A fare da relatori per questo primo appuntamento sono stati il capitano dei carabinieri Domenico Cerminara e la dottoressa Serenella Pesarin, presidente della consulta alle politiche sociali, che hanno analizzato il tema sotto due punti di vista: giuridico a tutela delle vittime per Cerminara; "ruolo" della donna nella nostra società per Pesarin. Per iniziare il capitano Cerminara ha voluto spiegare il perchè la Giornata internazionale per l'eliminazione della violenza contro le donne sia stata istituita dall'ONU il 25 novembre, ovvero in onore delle sorelle Patria, Minerva e Maria Teresa Mirabal, che in quel giorno del 1960 in Repubblica Domenicana vennero torturate ed uccise per aver combattuto il regime autoritario di Rafael Trujillo.



Successivamente Cerminara ha offerto un excursus storico di eventi ed episodi cardini di un retaggio patriarcale e violento verso le donne, che ha caratterizzato gran parte della nostra scoietà. Primo frammento storico in cui l'uomo si pose a comando della libertà della donna, avvenne durante l'antica Roma con lo ius obsculi. Ciò consisteva nel diritto dell'uomo di baciare la moglie per capire se queste avessero bevuto del vino, a cui era vietato e, nel caso in cui il riscontro fosse stato postivo, l'uomo aveva il diritto di uccidere la coniuge senza processo pubblico. Altri casi di supremazia dell'uomo riguardavano la maternità: il marito poteva decidere di far abortire o abbandonare il figlio in caso di disabilità. Successivamente si è passati nel XVII secolo, con il caso della giovane pittrice Artemisia Gentileschi, la quale ebbe il coraggio di denunciare un abuso pur andando in contro a torture e ostacoli sociali. Avvicinandoci poi ai giorni nostri sono state toccate diverse vicende giudiziarie come l'abolizione della pena d'adulterio nel 1968, la denuncia per abuso di Franca Viola nel 1968 che ha generato scalpore solo nei confronti della stessa, l'omicidio del Circeo nel 1978 e l'abrogazione del delitto d'onore nel 1981. Tutti episodi che dimostrano come il retaggio patriarcale si sia mantenuto nel tempo e messo a margine in parte da leggi tardive.



Solo nel 1993 l'ONU ha stabilito una definizione di violenza sulle donne, riconoscendo ufficialmente un problema sociale grave: "Qualsiasi atto di violenza per motivi di genere che provochi o possa verosimilmente provocare danno fisico, sessuale, psicologico, comprese le minacce di violenza, la coercizione o privazione arbitraria della libertà personale, sia nella vita pubblica che privata". Bisogna attendere però il 2011 con la Convenzione di Istanbul per ottenere una linea guida di regole da seguire per gli stati partecipanti, su come risolvere il problema della violenza di genere. In Italia nel 2013 vennero istituite le quattro P: Prevenzione, Protezione, Perseguimento, Politiche integrate. Con la legge n.69 del 19 luglio 2019, nota come "Codice Rosso", la Repubblica Italiana si impone di tutelare con qualsiasi mezzo donne e soggetti deboli che subiscono violenze, per atti persecutori e maltrattanti. "Abbiamo fatto passi in avanti come società e codice giuridico. Abbiamo in mano molte misure cautelari per aiutare chiunque sia vittima di violenze. Bisogna però istruire i cittadini ad avere il coraggio di denunciare, in modo da aiutarli a risolvere il problema che li affligge. Senza la denuncia non si cambia nulla. Incontri come questo, soprattutto partendo dai giovani nelle scuole, permettono di creare uno scatto culturale nelle nuove generazioni, avverse alla violenza di genere" ha dichiarato Cerminara. "Dobbiamo impegnarci a creare reti tra autorità e cittadini per discutere dell'argomento perchè purtoppo negli ultimi anni i casi di violenza contro le donne e i femminicidi sono aumentati. La consapevolezza d'altro canto è aumentata e sempre più sono le denunce fatte".



Ha poi preso parola la dottoressa Pesarin, che ha analizzato che cosa abbia portato a creare il fenomeno del femminicidio. "Perchè si chiama femminicidio e non semplicemente omicidio? Perchè l'uccisione della donna è fatta in quanto donna. Mentre maschio e femmina sono concetti biologici, uomo e donna sono termini sociali a cui sono stati assegnati dei ruoli e delle aspettative. Nel tempo – ha spiegato – alle donne e agli uomini delle società sono stati affibbiati dei ruoli specifici. Se nel paleolitico vi era un'elevata parità tra i generi, con la Rivoluzione Industriale vi è stata la netta suddivisione tra uomo lavoratore e donna madre e allevatrice". Quando poi i ruoli assegnati e le aspettative non venivano rispettate, si passava alla punizione, spesso equivalente alla morte. Negli anni le donne hanno lottato per parità di diritti e opportunità lavorative, ma nella cultura dei popoli i ruoli erano e sono ancora netti. Per questo motivo una donna che lavora e non si è ancora sposata in tarda età è vista in malo modo. Seppur nella costituzione del 1948 l'articolo terzo specifica che tutti i cittadini sono uguali, anche di fronte al genere, ciò non è stato e non lo è attualmente, ha tratteggiato nelle sue riflessioni la relatrice. "Come ricordato dal capitano Cerminara, tante sono state le leggi che hanno sottolineato la differenza abissale tra diritti dell'uomo e della donna, senza contare i numerosi casi giuridici che non hanno dato giustizia a donne vittime di abusi".



La dottoressa ha poi specificato come la rivoluzione debba avvenire in modo profondo, all'interno della nostra società e della cultura, perchè nemmeno la legge riesce a sradicare questi ruoli e concetti tossici che nel tempo si sono creati. "Vorrei aggiungere che le vittime di questo retaggio non sono solo donne, ma anche gli uomini, i quali si trovano a non denunciare violenze fisiche e psicologiche ricevute da donne, per paura di deludere le aspettative ed essere giudicati". Al termine, sia relatori che amministrazione si sono detti contenti e fiduciosi di poter far capire ai cittadini quanto siano necessari questi incontri, in modo da creare una fitta rete sociale e culturale che abolisca il grave problema della violenza sulle donne, per dare vita ad un futuro di pace e parità.
M.Pen.
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