In ricordo di Angelo

Sono un po'... non so, mi sembrava eterno. Io purtroppo nonni non ne ho avuti e quindi da bambino mi sono scelto lui.
Ci ho passato la mia vita, tutta la mia infanzia nell'orto con lui.
Mi ha insegnato tutto: l'amore per le piante, per la cucina, l'arte dell'arrangiarsi da soli.
Amava la sua terra, tantissimo.
Aveva un laboratorio dove si è costruito di tutto, dal pozzo di raccolta per l'acqua piovana ad una serra in miniatura per le sementi dell'orto.
Faceva una trippa che solo lui sapeva fare. Faceva il vino fatto in casa con la nostra uva, coltivava dei fiori bellissimi (tulipani, rose, gladioli, viole, crocus) per la sua Mary.
Amava la montagna, la sua Grigna. Aveva comperato 30 anni fa una baita a Piatta, una frazione di Bormio, che era completamente in stato di abbandono. E se l'è ristrutturata lui da solo, con le sue mani: gli impianti elettrici ed idraulici, la coibentazione, gli interni, il tetto...
Era un grande amante delle auto italiane, sopratutto le Alfa. Ha macinato milioni di chilometri col suo lavoro.
Era andato in pensione quando ero piccolo, però la mattina usciva sempre perché continuava a curare lui i suoi vecchi clienti. Alle 11 tornava, pranzavamo insieme, stavamo tutto il pomeriggio in laboratorio o nell'orto, la sera tornava Carlo (il figlio) da Ingegneria e cenavamo pure insieme.
Era un cuoco spettacolare, ridevamo sempre perché diceva che lui sporcava e Mary puliva, però anche lui era utile! E preparava dei piatti assurdi.
Poi era un genio, sapeva inventare qualsiasi cosa. Tutto, costruiva tutto.
Era un grande appassionato di matematica, faceva dei calcoli velocissimi e precisissimi.
Un'altra sua grande passione era il meteo, lo guardava 3/4 volte al giorno e da lì capiva cosa dovevamo fare per l'orto.
Parlava sempre di Pagnano, dove è nato il 21 luglio del ‘37, dei ricordi della vita di campagna e della sua adorata mamma Giovanna.
Aveva due fratelli ed erano tutti e tre legatissimi: il primo era Piero (il commercialista) recentemente scomparso (Studio Galbusera) e poi c'è il piccolo, "Primo", anche lui residente a Merate.
Che io ovviamente chiamavo zii, lo zio Piero e lo zio Primo.
Tre fratelli unici.
Lui buono, gigante, mai frettoloso, appassionato di tutto quello che faceva. Aveva una pazienza infinita.
Io gli devo solo dire grazie e non riesco a pensare molto. Ho perso un nonno e mi sembra di essermi schiantato contro un muro.

 

Benedetto
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