Osnago: dialogo sul fine vita per i 20 anni di attività dell'Hospice Il Nespolo di Airuno
In occasione dei primi vent'anni di attività dell'Hospice 'Il Nespolo' di Airuno, mercoledì 19 ottobre si è tenuto un incontro in sala civica a Osnago dal titolo "Dare vita ai giorni", per dialogare a più voci riguardo l'attività dell'Hospice e in cosa consistono le cure pallative e perchè sono un diritto. A promuovere l'iniziativa sono stati proprio il comune e la parrocchia di Osnago, in ricordo del beneamato don Costantino Prina, scomparso un anno fa mentre soggiornava all'Hospice. "E' necessario far comprendere l'importanza delle cure palliative a tutti i cittadini, sia per l'efficacia nell'affrontare il fine vita, sia perchè si tratta di un diritto del paziente" ha dichiarato il sindaco Paolo Brivio. Don Alessandro Fusetti ha aggiunto: "Come insegnatoci da don Costantino, dobbiamo ricordarci sempre di avere cura e rispetto per i malati e - sempre citando l'indimenticato don – non dobbiamo avere paura che la vita possa finire, ma che essa possa non iniziare mai davvero".
Da sinistra, il volontario e presidente dell'associazione Fabio Sassi Daniele Lorenzet, la direttrice sanitaria de' Il Nespolo
la dott.ssa Luisa Nervi, la giornalista Barbara Garavaglia, il sindaco di Osnago Paolo Brivio, don Roberto Valeri e Katia Banci
A moderare l'incontro è stata invitata la giornalista Barbara Garavaglia, che ha affrontato le tematiche della serata, con il supporto di esperti e testimoni diretti. Prima ospite interpellata è stata la Direttrice Sanitaria de 'Il Nespolo', la dottoressa Luisa Nervi, la quale ha dato una definizione di cure palliative come "cure attive per il sollievo dai dolori dei sintomi, che vengono proposte al paziente ed ai famigliari, nel momento in cui viene confermata la prognosi infausta". Si tratta dunque di trattamenti in strutture o a domicilio, in cui il malato viene seguito e aiutato nel processo di raggiungimento del fine vita, che sia con cure che riducono il dolore ma anche con sedute con psicologi per affrontare la situazione.L'assistenza però verte anche nei confronti dei famigliari, spesso appesantiti dal dolore e dal dover prendersi cura completamente del famigliare se si trova in casa. Le cure palliative sono per la legge 38 del 2010 un diritto al paziente. Si tratta quindi di una possibilità che il malato ha a disposizione in caso di prognosi infausta e che può sottoscrivere come trattamento in un testamento biologico. In questo modo, non solo la sua volontà verrà ascoltata anche in caso di impossibilità comunicativa, ma aiuterà anche i medici nell'eliminare i tempi decisionali per dare inizio da subito alle cure. "L'Hospice e l'assistenza domiciliare non sono opere di buon cuore da parte dei medici e volontari, ma sono diritto dei pazienti" ha ribadito la dott.ssa Nervi, sottolineando come in Italia si necessiti di maggior support da parte dello Stato alle strutture apposite, anche ospedaliere e alla formazione di un numero sempre maggiore di addetti per formare l'equipe domiciliare. "Pur essendo un diritto di legge, in molte regioni il servizio non è concesso, per via di una mancata formazione e un adeguato finanziamento agli enti sanitari. Questo è inaccettabile e perciò bisogna istruire i cittadini a lottare per i propri interessi" ha continuato la direttrice dell'Hospice.
A seguire ha preso parola il volontario Daniele Lorenzet, divenuto Presidente dell'Associazione Fabio Sassi, ONLUS che si pone l'obiettivo di dare dignità al fine vita. Alla domanda di Garavaglia sul perchè si diventa volontario, Lorenzet ha risposto citando la parabola del buon Samaritano. "Tutti i volontari hanno la propria filosofia. Per quanto mi riguarda so di star intraprendendo un viaggio in questo mondo assieme ad altre persone, che nel momento del bisogno sento il dovere di aiutare" ha spiegato Lorenzet. "Non essendo medici noi volontari non curiamo dalle malattie del corpo, ma abbiamo il compito di assistere e sostenere pazienti e famigliari per curare la loro persona. Accettare la prognosi e superare il lutto successivo è sempre difficile e per questo motivo va fatto nel migliore dei modi. Che sia semplicemente chiacchierare col malato, stargli vicino ad ascoltare le sue parole o chiamare uno psicologo o un prete. Mai dimenticarsi però che se nel paziente il dolore può essere alleviato, nei famigliari perdurerà anche dopo la morte. La famiglia dei pazienti va quindi anch'essa aiutata in tutto" ha dichiarato Lorenzet. Prima di concludere, ha però voluto sottolineare come il servizio delle cure sia completamente gratutito e che una struttura come l'Hospice di Airuno esiste grazie al denaro proveniente da iniziative e da donazioni di privati, che vanno ad aggiungersi al finanziamento dello Stato, che è sempre inferiore alle spese effettive affrontate.
Altri ospiti della serata sono stati Katia Banci e don Roberto Valeri, la prima come testimone dell'esperienza dei famigliari ed il secondo come teologo morale, membro della Consulta di Pastorale sanitaria della diocesi di Milano ed esperto in accompagnamento spirituale al fine vita. Entrambi hanno riportato le loro esperienze per accentuare l'importanza delle cure palliative, del lavoro immenso degli addetti, medici e volontari, e della necessità di far conoscere a sempre più persone che si tratta di un diritto, che va tutelato e supportato intensamente anche dallo Stato.
M.Pen.