Carate: complesso intervento Chirurgico a ''Ortopedia''
Il dottor Giuseppe Castoldi
Per la prima volta in chirurgia ortopedica, presso il Presidio Ospedaliero, è stata adottata una metodica microchirurgica.
L'intervento ha interessato una paziente di 44 anni, proveniente dalla provincia di Bergamo, affetta da pseudoartrosi del radio che, come noto, assieme all'ulna concorre a formare lo scheletro dell'avambraccio.
"Per pseudoartrosi - spiega Castoldi - si intende una mancata guarigione di una frattura, che non tende alla consolidazione".
La donna, in altro centro ospedaliero, prima di giungere a Carate, aveva già subito diversi interventi, senza operò risolvere la frattura e senza guarire dal dolore sofferto. "S'era anche innestato - ricorda il primario di Carate - un prelievo di osso dalla cresta iliaca, ma senza alcun beneficio".
Il trattamento delle pseudoartrosi dell'avambraccio rappresenta una bella sfida per la chirurgia ortopedica. "L'obiettivo dell'intervento chirurgico - sottolinea lo specialista ortopedico - deve essere quello di promuovere la guarigione della malattia, il recupero del normale rapporto fra le ossa dell'avambraccio e un ritorno alla motilità (la più possibile) fisiologica".
In letteratura sono state descritte numerose tecniche chirurgiche per trattare questa complicanza.
A Carate è stato scelto un innesto osseo vascolarizzato, descritto dalla pubblicistica scientifica e con un alto tasso di guarigione, anche se comporta tempi chirurgici più lunghi e la presenza in sala di una équipe specializzata.
Così è stata chiesto la collaborazione dei microchirurghi dell'Ospedale San Gerardo e organizzato in sala operatoria un complesso intervento che ha coinvolto il team ortopedico (oltre a Castoldi, Luca Molteni e Francesca Colombo), i microchirurghi di Monza Antonio Peri di Caprio e Pietro Garrieri, personale strumentista e infermieri di sala operatoria.
L'intervento è durato più di sette ore: "in estrema sintesi - ricorda Castoldi - è consistito nel prelievo di un pezzo di perone con i suoi peduncoli vascolari e nel posizionarlo nella giusta lunghezza nella sede della pseudoatrosi del radio, fissandolo con una placca. La parte più critica è stata l'anastomosi ovvero il collegamento dei vasi venosi e arteriosi che ha funzionato perfettamente, con nostra grande soddisfazione"
La paziente, dopo due giorni di degenza, è tornata a casa, in buone condizioni, contenta soprattutto di non avvertire più il dolore che la accompagnava da tempo, costringendola ad una limitazione della sua vita quotidiana.
Ora, nei prossimi mesi, dovrà sottoporsi a programmate viste ambulatoriali per il follow up.