Merate, inchiesta esercenti: lei non c'era ma...smentisce
A volte, prendere le parti di una categoria - la cui importanza viene sottolineata in ogni discorso - rischia di essere una pura perdita di tempo. Lo scorso sabato, nel quadro dei servizi giornalistici in occasione dello Street Food - oltre ad aver raccolto l'entusiastico commento degli standisti - abbiamo sentito diversi commercianti tra piazza Prinetti e via Manzoni. Il collega, con lo scrupolo che gli viene riconosciuto dagli amministratori dei comuni a lui affidati, ha chiesto se l'iniziativa abbia favorito o danneggiato l'attività. Senza pregiudizio. Si è mosso in completa autonomia, proprio perchè non conosce alcun negoziante nell'ex salotto buono di Merate. Tra gli altri è entrato nella storica merceria Ripamonti dove ha incontrato la titolare, sola presenza nel locale, la quale ha detto espressamente (e il collega con scrupolo ha annotato): "i clienti sono entrati al mattino, nessuno al pomeriggio", aggiungendo che "il periodo è di crisi per il commercio e, insomma, questa cosa non ci voleva". L'allusione alla chiusura totale di via Manzoni per tre giorni era chiarissima. Del resto il parere era uniforme a quanti hanno accettato di rispondere. Dunque, nulla di che, nessuno si offende pensiamo che anche gli organizzatori fossero consapevoli di creare qualche disagio al commercio fisso per dare vita a una grande (e riuscita) festa di piazza. Invece ecco arrivare da Francesca Ripamonti un messaggio su un cellulare privato, col quale smentisce che qualcuno del negozio abbia pronunciato le frasi riportare nell'articolo e, si badi bene, non attribuite specificamente a qualcuno, chiedendo anche ufficialmente di togliere il nome del suo negozio dal pezzo. Abbiamo atteso lo stesso rilievo ma sulla posta del giornale, come si conviene. Invece nulla. Tuttavia il venticello è fastidioso per cui lo riprendiamo qui. Per quanto ci riguarda ribadiamo l'assoluta fedeltà del testo. Ma il WA non sorprende: già in passato la signorina usando un social - e ignorando che la giurisprudenza lo assimila a un giornale con tutte le responsabilità connesse - aveva insinuato il dubbio sulla veridicità delle lettere. I nostri legali ci avevano consigliato di procedere con una denuncia-querela per calunnia e, considerando il danno potenzialmente prodotto a una testata che ogni giorno registra accessi unici tra 25 e 30mila, anche la richiesta danni sarebbe stata coerente. Ma siamo una piccola comunità e il tribunale è l'estrema ratio. Certo che se questo è l'ordine mentale di chi gestisce o collabora alla gestione di un negozio, non ci deve sorprendere poi il numero di saracinesche abbassate.