Comodamente sedute/62: bere un caffè per ascoltare col cuore e dare l'esclusiva

La scorsa settimana ho riunito la famiglia per il pranzo (con relativi fidanzati e fidanzata) e come dolce ho voluto stupirli provando a realizzare la ricetta della mousse di caffè di Benedetta Parodi che mi ha inviato la mia cara amica Luisa.
Vi giro al volo la ricetta perché è talmente veloce da realizzare e il risultato così squisito che dovete assolutamente sperimentarla.


MOUSSE DI CAFFE’
Ingredienti (per 7/8 persone)
2 tazzine di caffè (anche solubile andrà benissimo)
100 gr di zucchero
200 gr di cioccolato fondente
2 uova
250 gr di mascarpone
Preparazione
Preparate il caffè, quindi versatelo in un pentolino assieme al cioccolato fondente a pezzi e lo zucchero e fate sciogliere il tutto. Ottenuto un composto omogeneo, versatelo in una ciotola ed attendete che si raffreddi. Nel frattempo separate i tuorli dagli albumi, uniteli al composto assieme al mascarpone, mescolando per bene. Infine montate a neve gli albumi, a aggiungeteli gradatamente avendo l’accortezza di mescolare il tutto dall’alto verso il basso per non farlo smontare. Versate la mousse ottenuta in coppette monodose e lasciate riposare in frigorifero anche una notte, in modo che si solidifichi prima di servirle. Potete decorare con chicchi di caffè, zucchero a velo oppure consumarla così che è buonissima, soffice e con un sapore delicato che secondo me piacerà anche a chi, come me non ama particolarmente il caffè, perché si sente appena il retrogusto.

Mentre la gustavo mi sono soffermata a pensare a questa bevanda che ho scoperto avere origini antichissime. La storia del caffè ha inizio più di mille e cinquecento anni fa, in Africa, più precisamente in Etiopia, nella regione Kaffa, da cui il caffè prende il nome.  Fu poi merito di un veneziano, Pietro Della Valle, l’arrivo del caffè in Italia nel 1615. Pensate che ogni giorno si consumano quasi 1,6 miliardi di tazze di caffè in tutto il pianeta.  
Ma la cosa bella di cui vi voglio parlare è ciò che una tazzina di caffè è stata capace di creare nel tempo.
Oggi “prendersi un caffè” è diventata un’occasione  per chiacchierare, stare in compagnia, vivere piccoli momenti di serenità, anche in solitudine.
“A riempire una stanza basta una caffettiera sul fuoco”.
Erri De Luca
Io potrei rinunciare a tante cose, ma del profumo del caffè la mattina appena sveglia non credo che potrei fare a meno.
Quando i nostri figli erano piccoli e le cene rappresentavano uno dei momenti più caotici e faticosi della giornata, seppur piacevoli, ricordo che al termine, mio marito ed io ci sedevamo uno di fronte all’altro davanti a una tazzina di caffè assaporandola in santa pace raccontandoci la giornata.
Perché il caffè fa questo effetto, suscita il desiderio di aprire un po’ il cuore e in qualche modo ci legittima a prenderci una pausa che qualche volta vorremmo prolungare all’infinito, senza sentirci in colpa.
Quante volte abbiamo invitato un’amica che davanti a un caffè ha tirato fuori gioie e malumori?
Quante di noi cominciano la giornata in solitudine, quando ancora la casa dorme con tutti i suoi abitanti, e noi lasciamo che l’aroma del caffè invada la cucina con la stessa intensità con cui i pensieri invadono la nostra mente?
E quante volte nella pause in ufficio ci siamo ritrovati davanti alla macchinetta ad ascoltare le difficoltà di un collega?
Bere un caffè non è mai “solo” un caffè ma un evento sociale pieno di significati; è un momento di relax, di arricchimento reciproco, di dialogo e ascolto.
La pausa caffè è un momento di cui abbiamo bisogno perché racchiude gesti pieni di significati che sono in grado di arricchire le nostre giornate.
Bere un caffè con qualcuno significa dedicargli del tempo, ascoltarlo senza necessariamente elargire consigli. Spesso siamo portati a pensare che se una persona ha bisogno di parlare e di raccontarsi è perché in cambio si aspetta consigli, soluzioni, suggerimenti.
In realtà non è sempre così.
A volte si ha soltanto desiderio di avere di fronte qualcuno che accoglie il nostro mal di pancia senza provare a risolverlo.
Facciamo fatica ad ascoltare perché farlo significa sospendere il tempo, farci carico di una storia alle volte pesante, mettere da parte i nostri pregiudizi, la nostra testa pensante e credere che potrebbe anche accadere che si possa cambiare idea sulle cose e sulle persone.
Quanto tempo dedichiamo ad ascoltare le persone che amiamo?
Crediamo che l’ascolto sia efficace anche se lo mettiamo in pratica mentre sbrighiamo mille altre faccende.
Ascoltiamo mentre cuciniamo, mentre camminiamo, mentre guardiamo la TV, mentre siamo concentrati sulle risposte che daremo.
Ma l’ascolto, quando è autentico e fatto con il cuore, pretende l’esclusiva.
Altrimenti non è vero ascolto.
E senza ascolto non ci può essere una comunicazione tra le persone.
“Un bambino ha bisogno più di un buon ascolto che di una buona parola”.
Amiche care e voi come siete messe con l’ascolto?
Vi auguro una buona domenica e se volete raccontarmi le vostre storie sapete come fare (gio.fumagalli66@gmail.com), io non vedo l’ora di ascoltarle e come sempre se volete passare a salutarmi durante la pausa caffè nel mio blog www.comodamentesedute.com vi aspetto.
Rubrica a cura di Giovanna Fumagalli Biollo
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