Retesalute/3: gli avvocati del C.d A. illustrano la sentenza. E’ troppo precisa e netta per tentare il ricorso in Appello

Il passaggio più dirimente, da un punto di vista politico, nell'assemblea dei soci di Retesalute è stato quello sull'analisi della sentenza del Giudice del Lavoro e la conseguente discussione circa l'opportunità a ricorrere in secondo grado. L'avvocato Roberto Corbetta, membro del CdA dell'azienda speciale, ha dettagliato in maniera analitica e chiara ogni aspetto contenuto nella sentenza. Compreso quello in cui vengono attribuite le responsabilità originarie ai soci, dunque agli stessi sindaci che erano in quel momento in assemblea. Tra l'imbarazzo palpabile dei primi cittadini presenti a Palazzo Tettamanti, salvo chi era distratto al cellulare o a parlare con il sodale vicino, l'avv. Corbetta ha sottolineato che per il Giudice le due ex dipendenti avrebbero contribuito ad occultare una situazione finanziaria determinata appunto da terzi, da chi aveva il potere di determinare le tariffe dei servizi, ossia i soci. Una doccia fredda. Nessun sindaco ha preso la parola per commentare questa rilevante nota di demerito politico, preferendo deviare il dibattito su altri contenuti.

L'avvocato Roberto Corbetta

 

Corbetta ha evidenziato diverse criticità che emergono dalla sentenza. Ha parlato di "difetto d'impostazione della causa, secondo il tribunale, al quale non si può dare rimedio perché in Appello non si possono aggiungere nuovi atti. In secondo grado non si possono coprire le criticità con le pezze". Fin dalle prime battute il componente del CdA ha sottolineato che il Giudice riconosce addirittura a Retesalute la responsabilità aggravata, secondo l'art. 96 del codice di procedura penale, per aver intentato una causa, degradata a lite temeraria.

L'assessore di Olgiate Molgora, Maurizio Maggioni, da sempre contrario alla messa in liquidazione dell'azienda speciale ha stuzzicato il CdA su un'altra questione saliente. Ovvero la ragione per cui l'organo liquidatore ha agito in giudizio solo contro due ex dipendenti, nonostante avesse identificato altri soggetti ritenuti responsabili e destinatari di una diffida. Maggioni ha fatto riferimento a un atto prodotto dal collegio dei liquidatori in cui si diceva che la causa veniva mossa al posto dell'opposizione al decreto ingiuntivo notificato dall'ex direttore generale Simona Milani. Maggioni ha domandato se la causa per danni non sia stata una sorta di ripicca dal momento che l'ex dipendente aveva fatto annullare una precedente azione legale in quanto mossa da Retesalute oltre la scadenza dei termini, per due giorni di ritardo. Il CdA si è dimostrato scettico su questa ricostruzione. L'avv. Maddalena Reitano ha tuttavia confermato l'esistenza di un atto in cui i liquidatori motivano che "questa azione giudiziaria viene proposta in luogo dell'opposizione al decreto ingiuntivo notificato da Simona Milani". Si tratta della delibera n. 6 del Collegio dei liquidatori del 15 luglio 2021.

L'avv. Maddalena Reitano

Il presidente dell'assemblea dei soci, Massimo Panzeri, ha scoperto le carte fin dall'introduzione del punto, assumendo una posizione netta e per certi versi coraggiosa: "È una sentenza decisamente lapidaria, in cui il Giudice ritiene che la causa si è accanita contro due sole persone quando l'azione di responsabilità era più ampia. Contestare una sentenza del genere, secondo me, sarebbe una cavolata clamorosa. C'è stato un difetto d'impostazione da parte dei legali". Dunque nessun ricorso in secondo grado. Allo stesso tempo però Panzeri ha voluto chiarire che l'assemblea dei soci aveva consegnato al collegio dei liquidatori il mandato a trovare le responsabilità tramite delle azioni giudiziarie. Un semplice input, poi "le azioni non sono state mai concordate né nelle modalità né nella tempistica". In altri termini il presidente dell'assemblea dei soci ha sollevato l'organo che presiede da ogni responsabilità circa il disarmante esito giudiziario.

Ora, non impugnare una così pesante sentenza di primo grado significa in qualche modo riconoscerne la validità. Una sentenza che non si limita a contestare dei vizi di forma nell'elaborazione della causa, ma delinea un più ampio quadro di responsabilità che investe anche i soci. Qualcuno, anziché fare mea culpa, potrebbe piuttosto essersi guardato l'ombelico già immaginando le contestazioni delle rispettive minoranze consiliari. Alcuni sindaci di centro-sinistra hanno cercato di prendere tempo. Déjà-vu. Il sindaco di Robbiate Daniele Villa ha dichiarato: "Noi non siamo tuttologi e prendiamo le scelte in base a dei pareri. Posso avere la tua stessa opinione [rivolgendosi al sindaco di Merate, ndr], ma vorrei prendere una scelta sulla base di un parere di un professionista. Mi sembra doveroso che la decisione sia avallata da parte di qualcuno e mi aspetto che il CdA si esprima".

L'avvocato Corbetta ha illustrato così le ragioni dei legali che hanno mosso l'azione giudiziaria per conto di Retesalute, che giustificano il proprio operato in base al principio della "responsabilità solidale". Secondo il codice di procedura civile è possibile muovere una causa soltanto verso alcuni dei soggetti responsabili e poi la parte attorea può esercitare delle azioni di regresso per il ricalcolo "frazionato" della condanna. Un ragionamento, secondo Corbetta "ineccepibile, ma cozza con il pronunciamento severo del Giudice. Nulla esclude che un altro Giudice arrivi a prendere una decisione completamente diversa. Certo è che la sentenza di primo grado è davvero pesante. Dice che c'è stato un abuso dello strumento giudiziario. Una condanna per l'art. 96 del codice di procedura civile non viene emessa tutti i giorni".

Il sindaco di Casatenovo, Filippo Galbiati, ha cercato di tagliare la testa al toro: "Ulteriori pareri non sono necessari. Casatenovo è stato uno dei primi Comuni a mandare una nota alla Corte dei Conti per un principio di trasparenza a cui siamo chiamati. Quella nota ha completato l'esigenza di trasparenza. Ora invito a votare quello per cui siamo stati convocati stasera. La sentenza è più che chiara e ho colto nella relazione dell'avvocato Corbetta la non opportunità tecnico-giuridica a ricorrere in secondo grado. Noi abbiamo chiesto un parere al nostro segretario comunale che ha confermato questo indirizzo". Linea sposata anche da Olgiate Molgora, che ha informato di avere l'appoggio del proprio segretario comunale.

In soccorso alla posizione di Robbiate, schiacciata da Merate, Casatenovo e Olgiate, è arrivato il sindaco di Osnago Paolo Brivio, che in una stessa frase è riuscito a prendere le parti degli uni e dell'altro. Ha riconosciuto di avere lo stesso parere di Olgiate condividendone il segretario comunale, allo stesso tempo Brivio ha sostenuto di comprendere l'esigenza del collega robbiatese per una "maggiore tranquillità". Ha riportato l'esempio di un recente caso [l'autorizzazione dell'antenna 5 G in località Marasche, ndr] in cui il parere di un legale ha fatto chiarezza sui contorni giuridici e ha espresso un parere positivo verso la concessione. Corbetta ha fatto notare che nei casi in cui esiste un conclamato orientamento della giurisprudenza - esattamente il caso di Osnago - è più facile esprimere un parere definitivo. Invece l'intera vicenda di Retesalute è intricata e sui generis. Allo stesso tempo gli avvocati Corbetta e Reitano hanno evidenziato il rischio per Retesalute di beccarsi un'ulteriore condanna per l'art. 96 c.p.c.

È emersa una differenza di vedute su chi ha la responsabilità di scegliere o formulare pareri sul ricorso in appello. L'avv. Reitano è arrivata a dire: "Il problema è stata la decisione iniziale di agire solo verso queste due persone. Dovete decidere voi se continuare a dare fiducia al legale a cui avete affidato l'incarico. Voi avete preso la decisione di andare contro queste due persone e non verso altri". Si è smarcato il sindaco Villa: "Non lo abbiamo deciso noi". È intervenuto spazientito il consigliere di Casatenovo Fabio Crippa: "Per un problema di metodo è stato deciso solo dal collegio dei liquidatori" ammettendo dunque delle responsabilità d'impostazione a monte in capo ai soci. "Noi abbiamo fatto una richiesta di accesso agli atti e abbiamo ricevuto un solo documento in cui il Collegio dei liquidatori attribuiva delle responsabilità specifiche a più di due persone e con una scelta autonoma decideva di richiedere i danni solo a due di loro. Un'azione giudiziaria che dicevano essere ‘proposta in luogo dell'opposizione al decreto ingiuntivo notificato a Simona Milani'. Mi sono fatto delle domande, non capivo. Poi è arrivata la sentenza, l'ho letta e ho compreso perché è così pesante". Per Crippa già le premesse erano sbagliate e con una metafora ha ribadito velatamente delle corresponsabilità della politica anche nelle scelte legali: "È stata commessa una partenza falsa e nessuno ha sparato a salve due volte per bloccare la corsa". D'altronde, ci permettiamo di aggiungere, il Collegio dei liquidatori ha sempre aggiornato l'assemblea dei soci - quando veniva convocata - sull'avanzamento delle azioni legali e nessun sindaco si è mai stracciato le vesti.

Non ne ha voluto sapere Daniele Villa, che ha anzi alzato la posta: "Viste le criticità ritengo necessario che il CdA dia un indirizzo. Me lo aspetto per poter deliberare. Io se non c'è questa espressione me ne vado e non partecipo al voto. È anche responsabilità vostra". A tendergli una mano anche Gianpaolo Torchio, sindaco di Paderno d'Adda, secondo il quale la competenza della decisione di ricorrere in secondo grado non sarebbe dell'assemblea dei soci ma dell'organo di governo dell'azienda. Il dibattito si è trasformato in un surreale braccio di ferro. Il membro del CdA Sandro Feole ha ribattuto: "Io sono responsabile di quello che ho deciso. Noi siamo arrivati quando la situazione era già deteriorata. Non sono stato io a impostare l'azione legale". Feole ha concluso l'intervento facendo notare, qualora fosse sfuggito a qualche sindaco che Retesalute aveva chiesto alle due ex dipendenti di ripagare 4 milioni di euro di danni e la sentenza azzera i danni e condanna l'azienda per responsabilità aggravata.

A posizionare i giusti paletti è intervenuta la sindaca di Monticello Alessandra Hofmann. "Due membri del CdA, che sono avvocati, hanno mostrato delle forti criticità. Il legale Messi ha spiegato le sue ragioni, ma qualsiasi avvocato lo farebbe per una propria causa. Per una volta prendiamoci le nostre responsabilità. La condanna potrebbe essere raddoppiata. Ognuno di noi in questi dieci giorni, da quando è arrivata la sentenza, si è confrontato con il proprio segretario comunale e questa sera posso già esprimere per Monticello di non voler ricorrere in appello".

Alla fine l'assemblea a maggioranza ha approvato di non ricorrere in secondo grado. Si sono astenuti soltanto Robbiate e Brivio.

Curiosamente il sindaco Alessandro Milani e l'assessore di Airuno avevano lasciato la seduta verso la fine della discussione per non meglio precisati impegni già presi. Senza però far conoscere le posizioni sia sul ripiano del costo della vertenza giudiziaria sia sull'eventuale Appello.

Con Brivio che praticamente è sparito dai radar di Retesalute (infatti l'assessore presente si è astenuto su entrambe le questioni), anche Airuno ha preferito non esprimersi. Entrambi i comuni non hanno fatto bella figura.

M.P.
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