Retesalute: l’avv. Fortunato Riva, difensore della dr.sa Milani commenta la durissima sentenza di “condanna” dell’azienda

Giovedì 22 settembre a partire dalle ore 18.30, nella sala consigliare del comune di Merate, si riunirà l'Assemblea dei soci dell'azienda speciale pubblica Retesalute. Il primo argomento riguarda la bozza di bilancio 2021, in grave ritardo, che sarà poi riproposto in versione definitiva nella prossima adunanza. Al secondo punto, l'elemento di maggiore importanza: l'aggiornamento e assunzione di decisioni in merito agli sviluppi della causa giudiziaria del Tribunale di Lecco, sezione del Lavoro.

In breve: il collegio liquidatori con l'appoggio dell'Assemblea dei soci, cioè i rappresentanti dei 25 comuni che detengono quote di Retesalute, aveva presentato denunce a vario titolo nei confronti dell'ex direttore generale Simona Milani, dell'ex responsabile contabile Anna Ronchi e diffide con richieste di danni a diversi membri del Consiglio di Amministrazione precedente a quello che ha avviato la procedura di liquidazione e ad altri soggetti, peraltro in maniera incompleta.

Il Tribunale di Lecco, nella persona del giudice del Lavoro dottoressa Federica Trovò si era già espressa respingendo le richieste di Retesalute il cui ricorso aveva subito la medesima sorte ad opera della prima sezione civile del tribunale di Lecco presieduta dal presidente Ersilio Secchi.

Ma la doccia gelata è giunta a fine estate con una sentenza "durissima" nelle sue conseguenze. L'attribuzione di responsabilità del "dissesto finanziario" di Retesalute, con successiva richiesta di risarcimento, non può essere addossata alle dottoresse Milani e Ronchi. Al contrario l'azienda - caso più unico che raro nell'ambito dei procedimenti con Enti pubblici in causa - è stata condannata a risarcire i danni alle due ex dipendenti.

Per gli "ideatori" del lungo e costosissimo procedimento iniziato con la messa in liquidazione dell'azienda, tornata in bonis dopo un anno e proseguita con sventagliate di richieste di risarcimento danni, la batosta è pesantissima. Tale da sconsigliare l'ipotesi di un ricorso in Appello.

Che cosa deciderà l'Assemblea lo vedremo giovedì.

A beneficio dei sindaci-soci abbiamo posto alcune domande specifiche all'avvocato difensore, Fortunato Riva di Lecco, uno dei massimi esperti di diritto del lavoro. Le sue risposta sono illuminanti. Per tutti coloro che, con buon senso, vogliono capire e agire.




Avv. Riva, la sentenza del Tribunale accoglie totalmente le domande della Dott.ssa Milani e rigetta l'impianto di RETESALUTE: cosa c'è di nuovo ?

In effetti, oltre che riassumere e ribadire quanto già deciso ed affermato nelle ordinanze del procedimento cautelare, per la prima volta il Tribunale si esprime nel merito delle due domande diciamo "accessorie" svolte da RETESALUTE e relative alla restituzione della retribuzione di risultato e della corresponsione da parte della Dott.sa Milani della indennità di mancato
preavviso.
Però mi lasci dire che il punto più importante della sentenza, che illumina tutto il resto, è la condanna di RETESALUTE per responsabilità aggravata.



Andiamo con ordine: cosa dice la sentenza del presunto danno da oltre 4 milioni di euro.

La sentenza respinge nuovamente l'errata l'affermazione di RETESALUTE che i passivi di bilancio sono automaticamente da considerare un danno risarcibile e che essi siano imputabili alla Dott.ssa Milani, in assenza di fatti specifici che costituiscano nesso di causalità tra gli stessi fatti (ovviamente imputabili alla ex Direttore Generale) ed i passivi di bilancio. La problematica è sviscerata in tutte le sue sfaccettature dalla sentenza che chiarisce, oltre al fatto che non sono stati addotti fatti specifici a carico della Dott.ssa Milani, che il mancato adeguamento delle tariffe non era stata una scelta della Dott.ssa Milani, e che i Comuni soci erano consapevoli della sottocapitalizzazione della Azienda e della necessità di integrare il capitale e riequilibrare i costi.
Questo giornale ha già correttamente evidenziato e riportato la parte della sentenza nella quale il Tribunale riporta le affermazioni di alcuni sindaci nella assemblea del 2018 nella quale i Comuni hanno respinto il piano di rilancio. Le motivazioni del dissesto sono quindi chiaramente evidenziate e definite e mi stupisce che qualcuno insista ancora nell'affermare che devono ricercarsi i responsabili dell'inesistente ammanco: è ormai chiaro che il dissesto è ascrivibile solo a discutibili (ed errate) scelte politiche e non a comportamenti dolosi o colposi di chi lavorava in RETESALUTE o la amministrava.
Il Piano di rilancio del 2018 era appunto destinato a risolvere le anomalie della gestione contabile ed economico finanziaria e la sentenza mette in rilievo che la sua mancata approvazione è la causa dell'aggravarsi della situazione di sottocapitalizzazione e di mancato adeguamento delle tariffe: tutto questo, però, non può certo imputarsi all'ex Direttore Generale.
Chiarissima la affermazione della sentenza laddove precisa che : "La circostanza che i Comuni fossero consapevoli della sottocapitalizzazione dell'Azienda e dell'inadeguatezza delle tariffe implica che il danno non si sia prodotto a causa delle condotte ascritte alle odierne convenute, ma quale conseguenza delle scelte gestorie, come assunte per volonta dei soci stessi."



L'avvocato Fortunato Riva
Quindi la ricostruzione dei fatti da parte della sentenza esclude la responsabilità della Dott.ssa Milani e della Dott.ssa Ronchi: ma quest'ultima è sotto processo penale per gli stessi fatti; come influirà sulla posizione della ex Responsabile Amministrativa e sulla posizione degli altri amministratori e consulenti ?

Ovviamente, l'accertamento della inesistenza di un comportamento dannoso può avere degli effetti anche sul piano penale. Tuttavia, non essendo io interessato nella difesa penale della Dott.ssa Ronchi non posso esprimermi sul punto e posso solo rinviarLa alla collega che la assiste: evidenzio solo che la Dott.ssa Milani non è imputata di alcun reato e che la stessa è stata sentita solo come persona informata dei fatti (e cioè come testimone) e non le è stata contestata alcuna violazione.


Veniamo alle altre domande svolte nei confronti della sua assistita: cosa ha detto il Tribunale ?

La domanda di restituzione della retribuzione di risultato, svolte nei confronti di entrambe le ex dipendenti, è estremamente generica e senza alcun riferimento alle deliberazioni di approvazione e di erogazione della retribuzione di risultato.
La sentenza ha accolto le nostre argomentazioni laddove ha precisato che : "La difesa attorea fonda tali richieste restitutorie esclusivamente sul presupposto delle "enormi perdite" cagionate dalle convenute all'Azienda. Per quanto sopra ampiamente esposto, tale circostanza non e stata provata ed invero nemmeno adeguatamente allegata, sicche appaiono prive di causa anche le domande in esame, rispetto alle quali la difesa attorea non ha altrimenti allegato la mancanza di raggiungimento degli obbiettivi, che allo stato deve invece presumersi, visto che i compensi premiali sono stati regolarmente erogati.".
Infine, il Tribunale ha rigettato "... anche la domanda volta al pagamento dell'indennita sostitutiva del preavviso formulata dall'Azienda nei confronti della MILANI, la cui tesi sull'esistenza di un accordo tra le parti, avente ad oggetto le dimissioni volontarie della direttrice senza necessita di preavviso, appare fondata su plurimi elementi, tutti corredati di riscontri documentali e per i quali e quindi risultata superflua la prova testimoniale formulata nella memoria difensiva.".
Ritengo particolarmente importante l'adesione del Tribunale alla argomentazione circa l'esistenza di un accordo relativo alle dimissioni della Dott.ssa Milani senza il pagamento di alcuna indennità di mancato preavviso, perché è una delle anomalie nella risoluzione del rapporto di lavoro della Dott.ssa Milani che necessitano, secondo me, di una ponderata valutazione circa eventuali sviluppi giudiziari.



Per chiudere l'esame della sentenza, ci spiega perché ha svolto ladomanda di responsabilità aggravata nei confronti di RETESALUTE e perché il Tribunale l'ha accolta ?

Nella memoria di costituzione ho svolto domanda di condanna per responsabilità aggravata a carico di RETESALUTE perché ritenevo sussistere gli elementi che evidenziavano, secondo la giurisprudenza sul punto, il comportamento contrario alla buona fede ed alla correttezza processuale da parte della Azienda stessa.
Tali elementi, esplicitati nella memoria stessa, sono : l'esercizio della azione per contrastare un credito già accertato da un decreto ingiuntivo definitivamente esecutivo; addossare alla Dott.ssa Milani un credito incongruo e sproporzionato; l'aumento del contenzioso e la mancata valutazione della proposta transattiva; la mancata attivazione di ogni azione nei confronti degli altri soggetti asseritamente responsabili del danno quali i componenti "politici" del Consiglio di Amministrazione (del triennio 2015- 2018), i componenti degli organi di vigilanza e dei consulenti esterni, ed infine la continua riproposizione della asserita responsabilità della ex Direttore Generale (e degli altri soggetti) anche in atti che non necessitavano di tali precisazioni, quali le proposte di deliberazione sottoposte ai Comuni soci di Retesalute.
Il Tribunale ha ritenuto che le "... modalita dell'azione giudiziaria appaiono sintomatiche di uno sviamento nell'uso dello strumento processuale. In particolare, l'avere intrapreso l'azione soltanto nei confronti delle odierne convenute - nonostante che le condotte individuate come pregiudizievoli implicassero il coinvolgimento di diversi altri soggetti (nella specie: i membri del cda fino al 2019, il revisore legale pro tempore, il consulente esterno, i componenti dell'o.d.v., tutti effettivamente destinatari di una diffida di RETESALUTE, della cui esistenza si apprende dalla citata relazione della Guardia di Finanza)- e senza che tale "selezione" dei soggetti convenuti sia in alcun modo motivata dalla parte ricorrente, integra una condotta che appare contraria alle regole generali di correttezza e buona fede, che devono invece presidiare l'uso dello strumento processuale.".
Tenga conto, Direttore, che la condanna per responsabilità aggravata di una parte processuale, ancorché spesso richiesta da una delle parti processuali a carico dell'altra, viene accolta raramente dal giudice, essendo difficile anche giudicare le modalità di esercizio dell'azione giudiziaria senza correre il pericolo di limitare il diritto di agire in giudizio che la Costituzione riconosce a tutti i soggetti.
Se la condanna per responsabilità aggravata è, di norma, rara da riscontrare nelle sentenze, la condanna di un Ente Pubblico come la Azienda Speciale RETESALUTE è sicuramente eccezionale, atteso che i giudici hanno nei confronti del pubblico una particolare attenzione per le procedure legali che disciplinano l'esercizio del potere decisionale dei relativi organi. Ritengo pertanto di poter dire che la condanna per responsabilità aggravata di RETESALUTE costituisce prova di grande indipendenza e terzietà del Tribunale di Lecco.
Indipendenza e terzietà che dovrebbe far riflettere i soggetti che dovranno decidere se appellare la sentenza in oggetto.



La dottoressa Federica Trovò
Quindi, secondo lei, l'appello nei confronti della sentenza non dovrebbe essere proposto da RETESALUTE.

Direttore, detta così sembra che io voglia suggerire ai Sindaci ed al Consiglio di Amministrazione di non appellare la sentenza: lungi da me consigliare il da farsi alla mia controparte.
Evidenzio solo che l'atto di appello è semplicemente il riproporre gli stessi fatti, le stesse argomentazioni e le stesse domande svolte in primo grado e chiedere che la decisione del Tribunale sia rivalutata dalla Corte di Appello (composta da altri tre giudici).
Quindi nulla viene modificato rispetto a quanto già valutato dal Tribunale e quindi decidere di riproporre in appello gli stessi fatti, le stesse argomentazioni e le stesse domande vuol dire condividere tutto quanto già svolto in primo grado.
Il Consiglio di Amministrazione ed i Sindaci devono quindi valutare anche il contenuto e le motivazioni della decisione che ritengono di appellare, compreso i fatti e le motivazioni che sono state respinte dal Giudice di primo grado.
Sono pronti eventualmente a sentirsi dire che la loro condotta e la decisione di appellare "... integra una condotta che appare contraria alle regole generali di correttezza e buona fede, che devono invece presidiare l'uso dello strumento processuale.", come il Tribunale di Lecco ha ritenuto per il primo grado ?
Se questo è il pericolo dal punto di vista giudiziario, sotto il profilo politico la nomina del Consiglio di Amministrazione non era una svolta nella gestione di RETESALUTE e dei servizi sociali del territorio ?
Come si coordina la scelta di appellare con la asserita svolta ?
E come si potrà sostenere che la responsabilità della scelta di agire in giudizio contro i canoni di buona fede e di correttezza sono esclusiva responsabilità dei Liquidatori se anche la Corte di Appello ribadisse la condanna per responsabilità aggravata in appello ?
E per quanto riguarda il rigetto della domanda di condanna al pagamento della indennità di mancato preavviso richiesta nei confronti della Dott.ssa Milani, come si porranno i Sindaci di Merate e di Casatenovo che hanno partecipato alla trattativa poi immotivatamente annullata dalla ex Presidente del Consiglio di Amministrazione ?
Credo che la sentenza porterà certamente ad una chiara verifica delle singole posizioni ed alla comprensione, da parte dei cittadini, di chi agisce con serietà nell'interesse di RETESALUTE e che coltiva altri interessi.
C. B.
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