Comodamente sedute/59: la differenza tra fare una bella figura e essere belli dentro
Per celebrare questi primi freschi giorni settembrini ho preparato un plum-cake alla pesca che è stato molto apprezzato in famiglia, e quindi volentieri vi giro la ricetta al volo.
PLUM CAKE AL SAPORE DI PESCA
INGREDIENTI
2 uova
150 gr. di zucchero
100 gr. di farina
50 gr. di fecola
Un vasetto di yogurt alle pesche
1 bustina di vanillina
Mezza bustina di lievito
Marmellata di pesche
Granella di zucchero
Procedimento
Unire le uova allo zucchero e montarli fino ad ottenere un composto bianco e spumoso.
Aggiungere il vasetto di yogurt, continuare a mescolare, quindi aggiungere la farina, la fecola, la vanillina e da ultimo il lievito. Versare l’impasto in una teglia da plum cake ricoperta di carta forno e cuocere a 170 gradi per circa 30 minuti. Toglierlo dal forno e spalmare la superficie di marmellata di pesche (io ho usato la mia, avendone prodotta questa estate in grande quantità) e cospargere la superficie di granella di zucchero che rimarrà facilmente attaccata al dolce (potete anche metterla prima di infornarlo, ma il risultato non sarà lo stesso perché durante la cottura tende a essere incorporato dall’impasto).
Se non avete lo yogurt di pesche potete usare quello bianco e unire una pesca a pezzettini oppure potete anche utilizzare un frutto diverso a seconda di quello che avete in casa. E’ un dolce morbido che la fecola rende particolarmente soffice. Provate e fatemi sapere come viene.
La parte più divertente della realizzazione di questo dolce è stata la distribuzione della granella che io amo per la sua consistenza particolare e anche per l’effetto finale che regala ai dolci.
Spargerlo poi non richiede alcun impegno, perché anche distribuendolo a caso, fa sempre fare bella figura alla torta.
Giovanna Fumagalli Biollo
A proposito di questo modo dire, mi è tornato alla mente un articolo che avevo letto di recente che raccontava di come sia praticamente intraducibile nelle altre lingue, poiché si tratta, assieme a sua sorella FARE BRUTTA FIGURA, di un’espressione (e una preoccupazione) tipicamente italiana. Cosa significano veramente queste parole? In sostanza comparire bene o male in pubblico.
Chi di noi non ricorda le parole severe dei propri genitori: “Non farmi fare brutta figura!” o ancora peggio “Cerca di fare bella figura”, in presenza di persone più o meno conosciute?
E noi giù a sentirci inadeguati in ogni sacrosanta circostanza.
Perché in realtà quel timore di fare brutta figura ci è stato inculcato con tale maestria, da sentire l’urgenza di tramandarlo ai nostri figli quale indispensabile bagaglio di vita.
Ma la domanda che mi pongo è: perché ci interessa così tanto l’opinione di persone a volte addirittura sconosciute?
O ancora peggio: fino a che punto questa attenzione nel non sfigurare finisce per limitare la nostra libertà di azione, di movimento e anche di espressione?
Io credo che il problema stia nel fatto che attribuiamo alle esteriorità ancora tantissima, troppa importanza.
E’ chiaro che a nessuno di noi piace andare in giro in uno stato di trascuratezza, o presenziare a una cerimonia importante con abiti fuori luogo, anche perché probabilmente questo ci farebbe sentire talmente inadeguati da morire di imbarazzo.
Ma forse qualche volta, sorvolare su questo aspetto dell’esteriorità ci consentirebbe di affrontare la vita con cuore più leggero, e soprattutto di smettere di pensare che le persone siano sempre così giudicanti nei nostri confronti.
Basterebbero insomma un po’ di equilibrio e di buon senso.
Ammetto che nelle situazioni ufficiali ci tengo a presentarmi in ordine, ma mi piace anche uscire la mattina con il mio cane con una tuta di casa e senza un filo di mascara, correndo il rischio di incontrare persone (è capitato!) che non vedo da tempo e che avrei decisamente preferito incontrare in altre occasioni.
Ma quel desiderio di leggerezza e anche un po’ di noncuranza di chi potrei incontrare o di cosa potrebbe pensare, mi fa sentire alla fine, a posto con me stessa.
Alle volte pensiamo che per fare bella figura sia essenziale essere a posto esteriormente, ma ho imparato che in realtà, è quando apriamo la bocca per parlare che rischiamo veramente di fare figuracce.
Quando anziché fare uso della parola, ne facciamo abuso esprimendo critiche, giudizi, pettegolezzi gratuiti, allora sì che facciamo brutta figura, molto più che con un capello fuori posto o una gonna con l’orlo scucito.
“C’È UNA DIFFERENZA, UN’ENORME MOSTRUOSA DIFFERENZA, TRA “FARE BELLA FIGURA” ED “ESSERE UNA BELLA PERSONA” - A. D’OTTAVIO
Amiche care, se c’è qualche timore di fare brutta figura di cui volete liberarvi, io direi che è arrivato il momento.
Settembre è il tempo della ripartenza e inevitabilmente porta con sé il desiderio di nuovi propositi.
E perché non cominciare proprio da qui?
Ridimensionando l’ossessione della bella e della brutta figura.
Cosa dite ci proviamo?
Vi auguro una buona domenica e come sempre se questo articolo vi è piaciuto, potete fare un salto nel mio blog www.comodamentesedute.com per leggerne altri.
Rubrica a cura di Giovanna Fumagalli Biollo