LIBRI CHE RIMARRANNO/73 : ''Il bambino scomparso'' di Frediano Sessi

Le bibliografie scolastiche sono ricche di titoli che si occupano della Shoah, così come accade passando in rassegna la produzione cinematografica dei registi contemporanei, o i calendari degli eventi collegati annualmente alla cosiddetta Giornata della Memoria, istituita nella data dal forte valore simbolico della liberazione del campo di Auschwitz da parte dell'Armata Rossa.
Il libro di Frediano Sessi, "Il bambino scomparso" (Marsilio 2022, pagg. 155, Euro 16,00) spiazza alcune di queste considerazioni.
Auschwitz non è stato liberato trionfalmente dai russi, dice a un certo punto il narratore. Ed è lui la scoperta più inattesa, perché si tratta di un testimone che per decenni ha cercato e preteso di rimanere nell'ombra. C'è un merchandising attorno all'Olocausto, alimentato anche dall'orgia di testimonianze, che rende ancora più cristallina la testimonianza a cui Sessi dà voce in questo libro prezioso.
"Birkenau - dice ad un certo punto il protagonista, che rimette piede nel campo a molti anni di distanza - era attrezzato per accogliere una folla immensa e gli organizzatori avevano messo molte bancarelle, tanto che il vecchio Lager assomigliava a un mercato. Ai miei occhi quel luogo così tremendo sembrava un luna park. Mi chiesi [...] come sarebbe stata la memoria in futuro? Birkenau sarebbe diventato una meta turistica tra Cracovia e Varsavia?"
(pagg. 62-63)
Sì, Luigino Ferri: è diventato questo.
Perciò questo libro di Sessi, che è il curatore dell'edizione italiana del "Diario" di Anna Frank, tra le altre cose, è necessario. Il protagonista, Luigi Fritsch, poi Luigi Ferri per occultare in parte l'origine ebraica nel cognome, è quel "Luigino" che ha attraversato Auschwitz come una leggenda, quasi una fiabesca se non fosse per l'abbrutimento del luogo.
Cattolico ariano, fu portato per suo volere insieme alla nonna alla Risiera di San Sabba e poi deportato nel lager. Non per eroismo, dirà lui. Semplicemente per paura di rimanere da solo a Trieste e per attaccamento affettuoso ma anche utilitaristico a nonna Rosa.
Poi nel girone infernale delle baracche trova il suo Virgilio in un medico ebreo, Otto Wolken, che lo nasconde sottraendolo alle camere a gas qui venivano destinati automaticamente i bambini: inutili ai fini del campo perché troppo gracili per lavorare.
Di lui si sapeva qualcosa e si sono poi perse le tracce negli anni per sua stessa espressa volontà di scomparire
"Oggi proliferano gli scritti di memoria: assistiamo alla pubblicazione di decine di racconti, spesso redatti da giornalisti o storici, in cui la voce dell'ex deportato o dell'ex deportata ammonisce i lettori: mai più deve accadere quello che è successo a noi. Come se chi ha vissuto un'esperienza estrema, incisa come il numero di matricola sulla sua carne, con il passare del tempo si fosse trasformato in oracolo, perdendo la consistenza di persona reale. Sacro ai media e al mercato, è atteso come una star da un pubblico silente e in lacrime, unico scrigno di verità", scrive Sessi a pag. 107, nella sua ampia riflessione che completa il libro. Il racconto di Luigi, in una prima persona fittizia poiché creato attraverso la collazione di fonti, oltre che naturalmente grazie all'incontro diretto dell'autore con Ferri, la cui identità è custodita e protetta, il racconto vero e proprio, dicevo, occupa solo le prime 93 pagine. Il resto sono fonti e riflessioni altrettanto coraggiose.
Un libro che deve essere letto da tutti quelli, insegnanti e politici in primissima fila, che bamboleggiano retoricamente intorno alla Shoah, spettacolarizzane il dolore, impadronendosi ideologicamente della sofferenza, facendo un cattivo servizio alla Storia e alla memoria, cioè al futuro.

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Rubrica a cura di Stefano Motta
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