LIBRI CHE RIMARRANNO/68: ''La dama delle lagune'' 400 pagine di Marcello Simoni
Non c'è estate senza un libro di Marcello Simoni a farmi e a farci compagnia.
Ma non ho fatto in tempo a finire "La dama delle lagune", quasi quattrocento pagine che si leggono veloci per La Nave di Teseo, che mi esce con "Il castello dei falchi neri" per Newton Compton.
E sia, ma il rischio di inflazionare un ottimo meccanismo narrativo era dietro l'angolo qualche anno fa e ormai quell'angolo è stato svoltato.
Gli esordi di Simoni hanno autorizzato tanti a definirlo "l'unico erede legittimo di Umberto Eco (ma più divertente del maestro)". Così Antonio d'Orrico, su "La Lettura". Si tratta ora di capire però se il divertimento sia una cifra stilistica dirimente.
Libro dopo libro, saga dopo dopo saga, città dopo città, Simoni replica alcuni stilemi del romanzo d'avventura che rendono ciascuno dei suoi romanzi un acquisto sicuro, perché sicuramente avvincente, e una lettura non impegnativa, perché la velocità con cui si girano le pagine è direttamente proporzionale a quella con cui ci si dimentica poi della storia letta, per passare ad altro. Se è l'autore stesso a sfornare due libroni tra aprile e luglio dello stesso anno pare rendersene conto da sé, in effetti.
Più Ken Follet che Umberto Eco, che si può citare al limite solo (ed esclusivamente) per "Il mercante dei libri maledetti", Simoni ha in un questo romanzo il pregio di rendere epica la storia di una località cui lui è molto legato, la sua città Natale, e che nell'immaginario collettivo ha poco di epico: Comacchio.
È qui che nell'807 si svolge l'avventura del ritrovamento di una misteriosa reliquia, un corpo di donna sigillato in una teca di metallo. Creduta da alcuni un demonio da altri una santa, la reliquia provoca naturalmente delle morti soprannaturali e delle invidie molto naturali tra monaci, vescovo e dignitari del luogo. Che è situato in una posizione strategica, sul mare tra Venezia e Ravenna, avamposto carolingio sulla costa ancora legata all'impero bizantino, e per questo crocevia di mercanteggiamenti e invasioni militari.
Ma non ho fatto in tempo a finire "La dama delle lagune", quasi quattrocento pagine che si leggono veloci per La Nave di Teseo, che mi esce con "Il castello dei falchi neri" per Newton Compton.
E sia, ma il rischio di inflazionare un ottimo meccanismo narrativo era dietro l'angolo qualche anno fa e ormai quell'angolo è stato svoltato.
Gli esordi di Simoni hanno autorizzato tanti a definirlo "l'unico erede legittimo di Umberto Eco (ma più divertente del maestro)". Così Antonio d'Orrico, su "La Lettura". Si tratta ora di capire però se il divertimento sia una cifra stilistica dirimente.
Libro dopo libro, saga dopo dopo saga, città dopo città, Simoni replica alcuni stilemi del romanzo d'avventura che rendono ciascuno dei suoi romanzi un acquisto sicuro, perché sicuramente avvincente, e una lettura non impegnativa, perché la velocità con cui si girano le pagine è direttamente proporzionale a quella con cui ci si dimentica poi della storia letta, per passare ad altro. Se è l'autore stesso a sfornare due libroni tra aprile e luglio dello stesso anno pare rendersene conto da sé, in effetti.
Più Ken Follet che Umberto Eco, che si può citare al limite solo (ed esclusivamente) per "Il mercante dei libri maledetti", Simoni ha in un questo romanzo il pregio di rendere epica la storia di una località cui lui è molto legato, la sua città Natale, e che nell'immaginario collettivo ha poco di epico: Comacchio.
È qui che nell'807 si svolge l'avventura del ritrovamento di una misteriosa reliquia, un corpo di donna sigillato in una teca di metallo. Creduta da alcuni un demonio da altri una santa, la reliquia provoca naturalmente delle morti soprannaturali e delle invidie molto naturali tra monaci, vescovo e dignitari del luogo. Che è situato in una posizione strategica, sul mare tra Venezia e Ravenna, avamposto carolingio sulla costa ancora legata all'impero bizantino, e per questo crocevia di mercanteggiamenti e invasioni militari.
Di più non dico, naturalmente, per non rovinare una lettura che è sicuramente piacevole. Rimane a me un po' di delusione per uno scrittore che di fronte al bivio tra diventare un grande scrittore o uno scrittore di successo ha scelto la seconda strada, e non lo so se ha fatto bene.
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Rubrica a cura di Stefano Motta