Brivio, incendio al municipio: per la difesa non c'è la prova

Una "Colonna infame" ai giorni nostri, un processo dove, insomma, sembra tutto chiaro dalla partenza ma così non è: secondo l'avvocato Giovanni Priore del foro di Lecco il suo assistito sarebbe un moderno Gian Giacomo Morra ingiustamente alla gogna, accusato per una "suggestione" di danneggiamento a seguito di incendio come previsto dall'articolo 424 del codice penale al secondo comma. In base alla tesi della Procura della Repubblica lecchese sarebbe stato proprio il briviese R.I., classe 1955, ad appiccare il fuoco alle porte d'ingresso del Municipio, danneggiandole, a giugno 2020.
Dopo la richiesta di condanna a un anno e sei mesi di reclusione formulata lo scorso aprile dalla pubblica accusa, rappresentata dal vice procuratore onorario Mattia Mascaro, oggi è toccato all'avvocato Priore tessere le fila della sua tesi difensiva: secondo la toga non ci sarebbe la prova oltre ogni ragionevole dubbio che il 67enne imputato abbia commesso il fatto di cui è accusato.
Sarebbe infatti stato incriminato solo perchè "era stato trovato fuori di sé intorno alle 2" e, quale perfetto colpevole, gli inquirenti sarebbero stati fuorviati nel riconoscerlo come tale dai frames estrapolati dal sistema di videosorveglianza.
Non sarebbe quindi stata raggiunta la prova oltre ogni ragionevole dubbio della colpevolezza dell'imputato, per cui il legale ha chiesto l'assoluzione per non aver commesso il fatto. In subordine, non essendo chiaro se effettivamente sia scoppiato un vero e proprio incendio, l'avvocato Priore ha chiesto la riqualificazione del fatto dall'ipotesi aggravata del comma 2 dell'articolo 424, a quella più "lieve" delineata dal primo comma.
Repliche e sentenza sono state fissate dal giudice Giulia Barazzetta all'udienza del 19 settembre.
F.F.
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