La Valletta:gli sms drammatici dall’Ucraina. La storia di dolore di bimba e papà disabili
Sono storie drammatiche e, se possibile, ancora più dolorose di quelle raccontate nelle prime settimane della guerra. Ora infatti che la fine del conflitto si fa sempre più lontana, le situazioni di indigenza e difficoltà diventano più marcate. A questo si aggiunge la paura che è diventata quotidiana e di casa con bombe e razzi che sfiorano e purtroppo qualche volta abbattono anche palazzi con civili all’interno.
“Tremavano le gambe. Abito al nono piano. I missili viaggiano molto bassi, sembrano sopra la casa. Non si vede la fine di tutto questo. Oltre ai tanti che hanno perso la casa, ci sono anche quelli che hanno perso il lavoro; le aziende piccole chiudono e spostano nelle zone più sicure”.
“Ora l’esercito bielorusso sta facendo le esercitazioni vicino ai nostri confini. Non si sa effettivamente che intenzioni abbiano. Nella macchina abbiamo sempre il pieno di carburante più una tanica di benzina di riserva. Nel baule ho già messo le cose che potrebbero servire, come sacco a pelo e vestiti. Il problema è che qui manca la benzina, ci sono code chilometriche per fare riferimento.
Non immaginavamo mai che sarebbe potuto accadere ciò in Ucraina”.
Chi già viveva condizioni di povertà ora è passato in una di disperazione.
Immobilizzata su una sedia a rotelle che, in base agli spostamenti, diventa anche una specie di carello, la bambina, bionda, dal volto allegro, gli occhi azzurri e profondi, ha necessità di una assistenza continua. Inizialmente erano entrambi i genitori a occuparsi di lei poi a seguito di una operazione anche il papà è diventato inabile nei movimenti e dunque anche al lavoro. Unica a potersi occupare dei suoi cari dunque è la moglie nonché mamma che, con non poca fatica, si deve occupare di alzare figlia e marito, lavarli e vestirli, preparare il cibo, accompagnarli negli spostamenti.
La guerra chiaramente ha complicato le cose in maniera drammatica perché ora le limitazioni sono tantissime, le risorse scarse e i mezzi meno ancora. La famiglia va avanti con i sussidi dello Stato e con gli aiuti dalla Brianza.
Uno dei problemi, però, non è tanto la mancanza di cibo, vestiario, prodotti vari ma il costo che hanno raggiunto. I prezzi sono lievitati a prezzi folli. Uno stipendio si aggira attorno ai 200 euro mensili e la spesa per una famiglia media arriva ad essere identica nei costi a quella fatta in Italia, con proporzioni che non reggono chiaramente.
“Abbiamo notizie tramite i nostri partners che la popolazione sta facendo la fame” ha concluso Milena Panzeri “il problema è che non è semplice far arrivare i carichi, bisogna controllare tutto e studiare i percorsi affinchè non vengano intercettati e poi venduti e quindi il nostro lavoro vada vanificato. La gente è in ginocchio, i bambini non vanno a scuola ormai da mesi e stanno perdendo qualunque relazione sociale. Il passaggio dei bielorussi davanti alle loro case inizialmente non li spaventava perché quella gente prima veniva a trascorrere le vacanze in Ucraina. Ora si è ribaltato il mondo. E hanno paura di tutto e di tutti”.
Ma in un panorama di dolore e preoccupazione, qualche spiraglio di luce dona speranza. È il caso di due profughi pakistani, Ali Asad e Shafique-Hamza, ospiti presso la famiglia Bonanomi, e arruolati nella loro azienda che hanno voluto “restituire” il bene ricevuto. E così terminate le ore lavorative si portano al magazzino dove viene stoccata la merce da inviare in Ucraina danno una mano nello smistare e nel preparare i bancali.
“Voi ci avete aiutato quando siamo arrivati e non avevamo niente, adesso tocca a noi aiutare queste persone”.
“L’altra mattina è partita la sirena alle 4:40 mentre dormivo e ormai sappiamo che più forte accendono le sirene, più rischio c’è. A quell’ora mentre stai dormendo ti prende una paura che non ti dico” è uno dei messaggi ricevuti in questi giorni da Milena Panzeri, col marito Aleandro titolare del Trasporto di La Valletta che da marzo hanno ampliato il loro già enorme sforzo a favore dell’associazione Cassago Chiama Chernobyl, diventando snodo principale degli aiuti inviati in Ucraina.
“Tremavano le gambe. Abito al nono piano. I missili viaggiano molto bassi, sembrano sopra la casa. Non si vede la fine di tutto questo. Oltre ai tanti che hanno perso la casa, ci sono anche quelli che hanno perso il lavoro; le aziende piccole chiudono e spostano nelle zone più sicure”.
La popolazione vive pronta per la fuga. Che qualcosa stesse cambiando i residenti se ne sono accorti perché davanti alle loro case hanno iniziato a transitare i mezzi militari e i carri armati russi. Uno sfrecciare continuo, con mitragliette caricate e soldati bardati di tutto punto.
“Ora l’esercito bielorusso sta facendo le esercitazioni vicino ai nostri confini. Non si sa effettivamente che intenzioni abbiano. Nella macchina abbiamo sempre il pieno di carburante più una tanica di benzina di riserva. Nel baule ho già messo le cose che potrebbero servire, come sacco a pelo e vestiti. Il problema è che qui manca la benzina, ci sono code chilometriche per fare riferimento.
Non immaginavamo mai che sarebbe potuto accadere ciò in Ucraina”.
Chi già viveva condizioni di povertà ora è passato in una di disperazione.
E’ il caso di una bambina di 9 anni, disabile, del suo papà e della sua mamma che grazie a un collaboratore ucraino del Trasporto che fa la spola tra i due Paesi, riescono a ricevere aiuti dalla signora Milena a cui si spera possano unirsi anche altre forze.
La guerra chiaramente ha complicato le cose in maniera drammatica perché ora le limitazioni sono tantissime, le risorse scarse e i mezzi meno ancora. La famiglia va avanti con i sussidi dello Stato e con gli aiuti dalla Brianza.
Uno dei problemi, però, non è tanto la mancanza di cibo, vestiario, prodotti vari ma il costo che hanno raggiunto. I prezzi sono lievitati a prezzi folli. Uno stipendio si aggira attorno ai 200 euro mensili e la spesa per una famiglia media arriva ad essere identica nei costi a quella fatta in Italia, con proporzioni che non reggono chiaramente.
Ora, passati i mesi caldi estivi che creano non pochi problemi nello stoccaggio e nella conservazione e successiva spedizione delle merci, ripartiranno le raccolte e dal presidio di La Valletta si stanno già preparando ad un nuovo periodo di lavoro eccezionale.
“Abbiamo notizie tramite i nostri partners che la popolazione sta facendo la fame” ha concluso Milena Panzeri “il problema è che non è semplice far arrivare i carichi, bisogna controllare tutto e studiare i percorsi affinchè non vengano intercettati e poi venduti e quindi il nostro lavoro vada vanificato. La gente è in ginocchio, i bambini non vanno a scuola ormai da mesi e stanno perdendo qualunque relazione sociale. Il passaggio dei bielorussi davanti alle loro case inizialmente non li spaventava perché quella gente prima veniva a trascorrere le vacanze in Ucraina. Ora si è ribaltato il mondo. E hanno paura di tutto e di tutti”.
Ma in un panorama di dolore e preoccupazione, qualche spiraglio di luce dona speranza. È il caso di due profughi pakistani, Ali Asad e Shafique-Hamza, ospiti presso la famiglia Bonanomi, e arruolati nella loro azienda che hanno voluto “restituire” il bene ricevuto. E così terminate le ore lavorative si portano al magazzino dove viene stoccata la merce da inviare in Ucraina danno una mano nello smistare e nel preparare i bancali.
“Voi ci avete aiutato quando siamo arrivati e non avevamo niente, adesso tocca a noi aiutare queste persone”.
S.V.