La tragedia in Marmolada: i nostri fiumi, le nostre montagne mentre soffrono ci stanno parlando
Mentre sto scrivendo questo pezzo le agenzie battono la notizia che il numero delle vittime sinora accertate sono sei. Sono sul balcone del mio albergo a Pera di Fassa e la strada è una continua processione di mezzi di soccorso a sirene spiegate. Gli elicotteri in cielo sembrano essersi calmati adesso, dopo aver portato in quota sul ghiacciaio della Marmolada le squadre dei soccorritori.
Ero ad arrampicare in Catinaccio, oggi, con mio figlio grande. Abbiamo trovato una chiazza di neve e ci siamo detti che era un regalo, in questo mese di luglio. Scendo in valle e il mio amico Manuel, pizzaiolo storico di Pera di Fassa, mi accoglie per la nostra solita chiacchierata pomeridiana sul dondolo dell'albergo dei suoi genitori: "Hai sentito cosa è successo in Marmolada?", mi chiede mentre compulsa le notizie sullo smartphone. "No"; dico io. Quando arrampico non chatto, di solito. "È crollato un seracco sotto la cima ed è rimasta sotto della gente" "A che ora?", chiedo io. "Verso le due". E la prima cosa che ci siamo detti con gli occhi è stata: "Ma si può andare in ghiacciaio a soli 3000m a luglio alle due di pomeriggio?"
Il ghiacciaio in una immagine del Corpo Nazionale Soccorso Alpino e Speleologico. A destra il professor Stefano Motta
Chiamo casa i miei genitori per rassicurarli: "Se stasera sentite al TG che c'è stata una disgrazia in Val di Fassa sappiate che noi siamo sani e salvi: eravamo da tutt'altra parte" "Giusto ieri sera al TG hanno fatto vedere che il ghiacciaio della Marmolada era in crisi"; mi dice mia mamma. Ecco.
Aspetto il primo che intitola "Montagna assassina" per spiegargli che la montagna fa purtroppo quello che deve fare, e i seracchi a luglio si sciolgono, vieppiù a soli 3000 metri con lo zero termico che questa estate rovente ha portato purtroppo ben più su.
Aspetto il secondo che neghi il surriscaldamento globale: le nostre montagne, i nostri fiumi, i nostri boschi ce lo stanno urlando a gran voce!
Aspetto il terzo che spinga ancora sull'innevamento invernale artificiale in località dove ormai non nevica più nemmeno con gli effetti speciali, o il quarto, il quinto, il sesto che vogliono ancora trasformare la montagna in un Parco Divertimenti aperto tutto l'anno. Mentre risento gli elicotteri in volo, in direzione Trento o Bolzano, là dove ci sono gli ospedali più grandi e preparati per un'emergenza così drammatica, spero che la conta delle vittime non salga, e spero che i soccorritori non si facciano male e non corrano anch'essi dei rischi gravi.
Le agenzie ribattono: sei morti, otto feriti, dieci dispersi.
La natura sta cambiando e non c'è dubbio che la responsabilità sia in gran parte nostra. Poi penso che c'è una guerra in corso, che ci sono partiti che litigano per lo ius scholae - giustissimo - e per la liberalizzazione della cannabis - una pirlata - e che non a così irraggiungibile distanza c'è una guerra in corso nel cuore dell'Europa, e mi dico che stiamo lasciando ai nostri figli un mondo arido. E non perché il ghiacciaio della Marmolada si sta ritirando.
Stefano Motta