LIBRI CHE RIMARRANNO/62: lo sguardo naïf dei bambini per Topolino e Grolefante

Si affaccia alla porta dello studio con il visino furbo mentre io sono chino sul pc, circondato da libri aperti, da fogli sparsi di appunti, tazzine vuote di molti caffè. Stai scrivendo, mi dice mio figlio piccolo.
Sì, gli rispondo. Ma me l'ha detto non come una constatazione ma quasi come una domanda retorica, che desiderava una risposta diversa.

Mi leggi questo libro, mi dice allora, che è il vero motivo per cui ha messo piede nel sanctasanctorum. Come fai a dirgli di no?
Sono grato alla maestra di italiano di mio figlio minore, che ha appena finito la prima elementare, che mi ha fatto scoprire un bellissimo racconto a fumetti.
E sono grato anche a lui, che mi ha fatto perdere il filo di quello che stavo scrivendo al pc ma mi ha fatto trovare un altro filo, molto molto più bello
"Grolefante & Topolino. Che coppia!" (Terre di Mezzo editore, 2020, 48 pagg. Euro 12) è un racconto illustrato di Pierre Delye e Ronan Badel. È in alfabeto maiuscolo, quindi adatta ai primi lettori in erba, come i bambini piccoli, ma adattissima anche ad essere letta loro ad alta voce.
I protagonisti hanno entrambi due orecchi grandi rispetto al loro corpo, una bocca, un naso lungo, una coda, e sono grigi: "Dunque siamo uguali!", si dicono.
È l'intreccio delle pagine ci svela situazioni a metà tra il comico e il filosofico, ci apre una porta sullo sguardo naïf che è tipico dei bambini e dei buoni, e con il quale anche il mondo degli adulti sarebbe migliore.

Le loro piccole avventure sono giocate su questo profondo senso di amicizia che nasce dalla percezione (assurda, e perciò comica) della loro uguaglianza, che permetterebbe scambio di ruoli, e aiuto reciproco: la scena in cui sotto il sole cocente Topolino zampetta fresco all'ombra immensa dell'amico e Grolefante non vede l'ora di poter fare a cambio per poter stare lui all'ombra di Topolino è solo la prima di una serie di pagine così paradossali da risultare credibili al cuore di un piccolo lettore come mio figlio.
Noi adulti le sappiamo inverosimili, eppure le leggiamo come credibili, desiderabili, in un mondo dove l'amicizia possa contare più di qualsiasi differenza di razza, di forza, di dimensione.
Rubrica a cura di Stefano Motta
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