Brivio: don Venanzio parla della morte in Qohelet quale opportunità per vivere bene
È cominciato nella serata di venerdì 10 giugno il secondo ciclo di letture del Qohelet proposto dalla parrocchia di Brivio (in particolare da don Emilio Colombo e Ugo Panzeri) intitolato “Le dodici tavole del Qohelet”. Durante il primo calendario, tenutosi tra marzo e aprile, erano stati letti i primi 4 testi del componimento inserito all’interno della Bibbia, venerdì scorso dunque si è proceduti alla lettura del quinto testo. Titolo della serata: “Morte”.
Don Venanzio Viganò
Dopo la consueta lettura a versetti alternati, eseguita da Alessandro e Viola, ragazzi della parrocchia, è stato l’ospite della serata a riflettere e commentare quanto appena letto: don Venanzio Viganò, sacerdote dell’alta frazione airunese, Aizurro. “La lettura del Qohelet è un percorso impegnativo e scomodo, vi sarete resi conto – ha esordito, – non solo per i temi, ma anche per il clima che si respira leggendo le pagine. Istintivamente non lo cogliamo come positivo”.
Don Emanuele Colombo
Dunque don Venanzio ha portato l’attenzione su un concetto che nel Qohelet viene ripetuto ben 38 volte: tutto è vanità. La parola “hebel” però, come aveva già fatto notare la counselor Paola Lecchi (clicca QUI), è traducibile anche come “soffio”: tutto è soffio. “Può voler dire soffio, alito, vapore, persino la schiuma del mare che si crea come scia dietro barche, qualcosa che c’è ma che subito svanisce”. Hebel peraltro, ha fatto notate il sacerdote, è il nome del secondo nato (Abele), ovvero è la prima persona che nella Bibbia muore e svanisce.
“Nel Qohelet c’è un senso di inesorabilità, di spietatezza nei confronti dei sogni e dei progetti. All’inizio del quinto testo viene detto: non sognare troppo. Tutto è destinato al nulla”. La cosa incredibile del Qohelet – ha continuato don Venanzio – è che non è chiaro neanche se ci sarà un Dio a salvare. “Qualcuno ha definito Qohelet un esistenzialista, per questo è un testo problematico all’interno del canone biblico. Sono testi scomodi quelli contenuti, che ci mettono in crisi, non ci danno delle risposte, però ci fanno pensare. Il Qohelet è problematico per l’immagine di Dio. Per lui Dio c’è, ma è come se non ci fosse, perché lui è in cielo e l’uomo sulla terra. Dio può garantire la giustizia ultima, ma intanto l’uomo è preda dei giorni e dei suoi cattivi sentimenti. Inoltre c’è l’aggravante che la sorte finale è uguale per tutti. Buoni o cattivi, si finisce nella fossa.”
Ugo Panzeri
Il Qohelet tuttavia non è un testo pessimista, ma di un realismo spietato, ha detto il sacerdote. “Viene marcato in modo netto il confine dell’esistenza e viene lasciato a livello terreno. Circoscrive la sorte dell’uomo, o meglio la parte positiva della storia dell’uomo, al godere dei vivi, azioni come mangiare e bere”. Il ragionamento di don Venanzio però si è affinato sugli ultimi versetti del testo letto: “Dio non concede solo ricchezze e beni, ma anche la possibilità di goderli, e questa non è una cosa scontata.”
Ma venendo al tema della serata, perché la morte è un problema? “Perché la morte non consente di portare niente di quello che si ha in questa vita, già precaria e che non garantisce nulla, visto che c’è la possibilità di perdere tutto da un momento all’altro. Qohelet ci insegna questo, se esiste il problema della morte, almeno che la morte da problema diventi opportunità, che diventi un malessere che ti insegni a vivere come si deve. In questo c’è l’unica gioia che Dio dona nel vivere oggi.”
Il parroco ha dunque osservato che Qohelet è un libro dove tutto quello che è scritto, non è scritto perché c’è Dio, ma perché c’è la morte: “Non esagerare nella ricerca del denaro, o del sapere, perché tanto tutto finirà nel nulla. Parla poco, tutto finirà nel nulla. La ricerca eccessiva porta a guai. Il testo ci indica chiaramente quali sono gli effetti collaterali e indesiderati del possesso: un povero dorme sereno, un ricco non riesce a dormire.”
In conclusione don Venanzio ha voluto condividere anche un’esperienza capitatagli proprio il giorno prima, mentre si trovata presso l’Hospice del paese. Una signora, malata terminale, gli ha raccontato che giorni prima parlava con la nuora, a cui era molto affezionata, e le ha ricordato che a breve sarebbe stato il suo compleanno. Nonostante il suo stato di salute, la signora, amante degli anelli, ha chiesto alla nuora di regalargliene uno piccolo e semplice. “Lo so che devo morire, ma tu regalamelo lo stesso perché mi fai felice – ha detto il parroco, citando la signora. – Credo che il Qohelet sia tutto dentro a questo episodio, la sua bellezza è che è un libro scritto sull’uomo. La domanda a cui risponde è che è possibile rivolgersi a Dio al di qua dell’orizzonte terreno. È uno di qui libri che ci dice che per tutti è possibile stare bene.”
Il prossimo appuntamento è previsto per venerdì 17 giugno alle ore 20:30, sempre presso la chiesa prepositurale di Brivio. La serata sarà intitolata “Tenebra”; l’ospite: Pier Luigi Maccalli, missionario SMA sequestrato per due anni.
E.Ma.