La violenza nelle sue diverse forme e nella sua evoluzione secolare fino ai giorni nostri
Enrico Magni
L’intensità della violenza è determinata dalla dimensione, dall’intensità, dallo strumento usato. L’atto è un’azione che implica un agente-oggetto che può essere una persona, un animale, una casa, un territorio, un paese.
I Greci attribuivano ai giochi e ai capricci divini la responsabilità dei delitti. Per i Greci il crimine era sollecitato dal fato, dal destino ingannevole. Per i Romani l'individuo è responsabile del comportamento e dei crimini commessi. I Romani, spostando la violenza del crimine dal cielo alla terra, introducono la nozione di norma.
Nel medioevo peccato/crimine si con-fondono: sono crimini la stregoneria, l'omosessualità... E’ criminoso il danno fisico, personale, la guerra, ma anche tutto quello che offende Dio. Nel Rinascimento domina la concezione demonologica. Con l'illuminismo viene messo al centro l'individuo e la società.
Per il criminologo De Greef sono due i momenti che precedono l’atto violento: la pericolosità, l’instabilità. Per De Greef sono due le modalità della violenza omicidaria: utilitaristico e passionale. L’utilitaristico è ragionato, programmato e segue alcune sequenze. L’omicidio utilitaristico si differenzia da quello passionale per la scelta della vittima e per i motivi che sottendono il delitto. L'omicidio passionale è impulsivo, emotivo. Per Pinatel la personalità criminale è egocentrica, labile, aggressiva e anaffettiva. Per Menninger l’atto violento è causato dal discontrollo tra l’Io e il Sé. Per Williams vale il concetto di costellazione di morte: tutti quelli che commettono un omicidio sono già stati a contatto con l’esperienza traumatica della morte violenta. Williams elenca dei fattori della costellazione di morte: predominio dell’odio sull’amore, invidia primaria molto intensa per costituzione, incapacità di fare a meno di una persona con funzioni di controllo, incapacità di crescere e di funzionare come contenitore, mancanza di figure buone, esperienze tragiche nell’infanzia, malattie dolorose e di lunga durata, essere stati spettatore di uccisioni, avere una struttura di personalità narcisistica, essere arrogante e sottomesso a un capo.
L’agito individuale e la guerra non sono mai eventi incontrollati, anzi richiedono azioni organizzate: le azioni non sempre sono organizzate e coerenti.
Altro elemento è lo spazio in cui avviene l’evento violento: familiare, lavorativo, criminogeno, affettivo, casuale, territoriale, politico. Altro elemento è la circostanza. La circostanza è una condizione non specifica. La circostanza, anche per la guerra, fa emergere condizioni predittive. L’analisi della circostanza permette di connotare i contesti emozionali, le motivazioni, le contraddizioni, gli squilibri ecologici della situazione e quelli geopolitici.
Secondo l'antropologo Joyce Marcus, già nella preistoria esisteva il conflitto, ma è stato difficile tracciare la sua evoluzione dagli omicidi individuali attraverso le razzie di gruppo fino alle vere e proprie guerre organizzate. Alcuni studiosi ritengono che i conflitti di gruppo abbiano avuto origine in ambienti marginali, dove la gente lottava per conquistare le poche risorse.
Secondo Raymond Kelly, collega di Marcus, la violenza di gruppo era invece rara nelle società di cacciatori-raccoglitori non segmentate. Il fattore cruciale per l'origine delle guerre sarebbe stata la divisione delle comunità in clan che agivano l'uno contro l'altro. Inoltre, questo sarebbe accaduto quando l'ambiente era "abbastanza ricco” da potersi permettere di avere i propri vicini come nemici. La guerra è un contesto specifico in cui si manifesta la disumanità, è il prodotto di un meccanismo difensivo che salvaguarda una condizione socioeconomica legata alla sopravvivenza materiale. La violenza è un artefatto della condizione umana: la violenza è un fattore scatenante dell’aggressività.
dr. Enrico Magni