Retesalute: il GUP chiede ulteriori indagini per chiarire il ruolo della dottoressa Ronchi
Anna Ronchi
Impiegata amministrativa negli anni al centro delle complesse ricostruzioni contabili che hanno accertato un disavanzo di oltre quattro milioni di euro, è l'unica figura iscritta nel registro degli indagati a seguito degli accertamenti condotti dalla Guardia di Finanza, dopo gli esposti presentati alla Procura della Repubblica di Lecco dai sindaci di alcuni comuni soci dell'azienda con sede a Merate, deputata all'erogazione dei servizi socio-assistenziali nell'ambito.
A chiedere il rinvio a giudizio della dr.ssa Ronchi, contestandole il reato di false comunicazioni sociali, è stato il pubblico ministero Pietro Paolo Mazza, applicato a Lecco per tre mesi dalla Procura di Pavia, ereditando il fascicolo dal predecessore dr.Paolo Del Grosso, trasferitosi a Torino sul finire dell'anno. Secondo il PM ''in qualità di dirigente preposto alla redazione dei documenti contabili societari dell'Azienda Speciale Retesalute'' la dottoressa Ronchi ''consapevolmente esponeva nei bilanci per gli esercizi 2017 e 2018 fatti materiali rilevanti non rispondenti al vero ovvero ometteva fatti materiali rilevanti la cui comunicazione è imposta dalla legge sulla situazione economica, patrimoniale o finanziaria''.
In particolare - secondo l'impianto accusatorio tutto da dimostrare - l'imputata contabilizzava come costi e ricavi di Ambito a conto economico, importi privi di rilevanza economica in quanto ente capofila "per specifiche progetti che con ruolo di ente gestore e pagatore", oltre alla mancata imputazione di importi secondo il principio della competenza economica.
Inoltre all'ex amministrativa di Retesalute verrebbero contestati due "storni" dei costi effettuati il 30 giugno 2017 di cui uno per 237 mila euro e un altro di 194 mila euro del mastrino debito verso il fornitore Consolida. A questi si sarebbero poi aggiunti altri due storni, il 31 luglio 2018 di 555 mila euro del mastrino debitore verso il fornitore Consolida e il 31 gennaio 2018 di euro 70mila del mastrino debitore verso il Consorzio Domicare di Reggio Emilia e Contributi e rette area disabili. Operazioni che avrebbero comportato un risultato di esercizio in pareggio anziché in perdita per 885 mila euro nel 2017 e di 514 mila euro per il 2018.
Operazioni queste, che secondo il sostituto procuratore della Repubblica Mazza, avrebbero indotto altri in errore "al fine di conseguire un ingiusto profitto, rappresentato dal risparmio di spesa per i soci enti comunali che avrebbero dovuto ripianare le perdite e dal conseguente vantaggio per il consiglio di amministrazione derivante dal mantenimento delle cariche e dei relativi emolumenti".
Una tesi, quella della Procura, completamente lontana dalla realtà secondo il parere dei suoi legali che stamani sono comparsi al cospetto del giudice per le udienze preliminari Nora Lisa Passoni e del PM Giulia Angeleri, attuale titolare del fascicolo d'indagine. Gli avvocati De Benedetti, Camporini e Domini del foro di Monza, hanno rilevato l'esigenza di un'integrazione probatoria, alla luce del ruolo di semplice dipendente (e nell'ultimo periodo di collaboratrice esterna) rivestito dalla propria assistita in Retesalute. La dottoressa Ronchi, secondo la tesi della difesa, non avrebbe mai avuto una carica apicale nell'Asp con sede a Merate e al servizio dei comuni dell'ambito. Impossibile dunque attribuirle responsabilità che non le competono, alla luce peraltro della presenza di un consiglio di amministrazione, di un direttore e di un apparato - compresa l'assemblea dei sindaci - preposti al controllo. Consiglio di Amministrazione che, per inciso non ha ottenuto vantaggi in termini di emolumenti cone scrive il PM in quanto, come noto, la carica viene prestata gratuitamente a termini di statuto.
Si torna in aula ad ottobre per il prosieguo della vicenda giudiziaria; improbabile che i legali della difesa chiedano di avvalersi di riti alternativi. La decisione spetterà unicamente al giudice Passoni che dovrà stabilire alla luce delle risultanze probatorie, se archiviare il fascicolo o procedere con il rinvio a giudizio della professionista, che da tempo ormai non lavora più per Retesalute.
La dottoressa Ronchi era inizialmente salita alla ribalta delle cronache quando si era scoperto che nel luglio del 2016 aveva versato dal proprio conto personale a quello di Retesalute 25mila euro, fondi necessari per poter pagare gli stipendi dei dipendenti. Tre mesi e precisamente il primo novembre, se li era restituiti. Un'operazione, che seppur al di fuori dalle regole della corretta gestione, era stata intesa come un gesto di generosità nei confronti dell'azienda, che si era ritrovata con le case vuote e nell'impossibilità di far fronte agli stipendi dei lavoratori. Un episodio questo che non risulta però nella richiesta di rinvio a giudizio nei suoi confronti formulata dalla Procura.
Resta da chiedersi come una semplice impiegata possa aver agito all'insaputa del Revisione dei conti di Retesalute e dell'Organismo di Vigilanza dell'azienda senza che 24 revisori dei conti di altrettanti comui soci - prima dell'ingresso degli oggionesi - di altrettanti segretari comunali e di un'intera assemblea dei soci-azionisti-clienti composta da 24 tra sindaci e assessori ai servizi sociali. Oltre agli organismi dell'Ambito distrettuale di Merate.