Olgiate: 60 anni dalla prima italiana sulla parete dell'Eiger. Il ricordo di Gildo Airoldi

don Emanuele, Giovanni Capra, Gildo Airoldi, Stefano Motta

Quando l'avevamo intervistato un paio di settimane fa (CLICCA QUI), aveva quasi il timore che alla serata organizzata dalla parrocchia Maria Madre della Chiesa di Olgiate Molgora per celebrare l'impresa che lui e cinque amici hanno compiuto sessant'anni prima, potesse non godere di grande partecipazione. Ermenegildo Airoldi invece ha dovuto ricredersi vedendo il teatro dell'oratorio gremito di persone, alpinisti e appassionati di montagna accorsi per ricordare la storica impresa del primo gruppo di italiani riusciti a scalare la parete Nord dell'Eiger. 

 

A fare gli onori di casa e a dare il benvenuto al centinaio di persone presenti (tra cui il sindaco Giovanni Battista Bernocco e l'assessore Paola Colombo) è stato don Emanuele Colombo, grande appassionato di montagna che sapendo di avere un concittadino come Gildo Airoldi non ha resistito a organizzare una serata per ricordare un pezzo di storia dell'alpinismo, ma soprattutto per cercare di coinvolgere i giovani e trasmettere loro i valori che la montagna può insegnare. 



Diversamente da quanto previsto non sono purtroppo riusciti a venire Andrea Mellano e Franco Solina - perdonati dal pubblico conscio dell'età degli alpinisti -, ma a impreziosire la serata è stata la presenza dello scrittore Giovanni Capra, autore del libro "Due cordate per una parete" (Corbaccio, 2006), che in circa quattrocento pagine ripercorre con precisione ed entusiasmo quei giorni dell'agosto del 1962, e il professore, scrittore e collega Stefano Motta, che dialogando con Airoldi e Capra ha condotto la serata. 

Giovanni Capra e Gildo Airoldi

Stefano Motta

 

Don Emanuele

 

Prima di far salire sul palco gli ospiti è stato proiettato un video a cura di Giovanni Capra per introdurre l'argomento, l'Eiger (l'imponente montagna svizzera alta 3967 metri e situata nella regione montuosa dell'Oberland), e raccontare della leggenda che lentamente è andata a diffondersi in merito alla parete Nord a seguito dei primi tentativi di scalata non andati a buone fine e delle tragedie registratesi, anche ai danni di alpinisti italiani. Saliti sul palco, la prima domanda che il professor Motta ha rivolto a Gildo Airoldi è stata in merito alla preparazione all'impresa, preparazione che - come ha spiegato - è iniziata due anni prima a sua insaputa. Airoldi infatti era il più giovane della sua cordata, composta da lui, dal calchese Romano Perego e da Andrea Mellano, e non aveva idea che l'allenamento a cui lo sottoposero i compagni portandolo a scalare il Bianco e il Cervino in condizioni allo stremo erano solo la preparazione per un'impresa più grande e più rischiosa. 

A specifica richiesta di Motta di portare il pubblico "in parete", Airoldi ha raccontato della partenza, di quando è stato fermato al confine svizzero carico di materiale e un doganiere non voleva lasciarlo passare, dato che aveva solo 21 anni ed era ancora sotto leva. Ha raccontato del biglietto che quel doganiere gli diede quando capì dove erano diretti lui e i suoi due compagni, dicendogli di riportarglielo se mai fosse tornato. E poi gradualmente ha davvero condotto gli spettatori su quella temuta parete, così ombrosa, friabile, fatta di roccia "marcia", e ricoperta di ghiaccio e neve, raccontando anche dell'incontro con la seconda cordata, quella composta da Armando Aste, Franco Solina e dal suo amico Pierlorenzo Acquistapace (partiti un giorno prima di loro), con la quale si ritrovarono appesi alla parete e decisero di proseguire insieme. 

Il secondo nevaio

Il gruppo in vetta

"Non avevamo detto a nessuno dove saremmo andati, e anche una volta tornati non abbiamo detto niente" ha raccontato Airoldi, commosso. A enfatizzare il suo commento è stato Motta, ragionando sul fatto che per i giovani d'oggi sarebbe impensabile non vantarsi, o comunque non mostrare dove si è e cosa si sta facendo. A tal proposito ha chiesto allo scrittore Giovanni Capra come mai la notizia della prima italiana sulla Nord dell'Eiger all'inizio non venne così diffusa, e poi di come è nata in lui l'idea di scrivere un libro a proposito. Capra ha raccontato dell'incontro avvenuto tra lui e i sei alpinisti nel 2002, in occasione di una serata a Brescia per i quarant'anni dell'impresa, e della fortuna che ebbe il giorno seguente ritrovandosi di nuovo insieme gli alpinisti in un ristorante. Trovando grande disponibilità da parte loro cominciò a raccogliere informazioni e dettagli attraverso i loro racconti e dopo quattro anni ne uscì "Due cordate per una parete".

Dopo una seconda proiezione di un filmato, questa volta a cura di Stefano Motta, contenente immagini di alpinisti in parete e interessanti nozioni sull'Eiger, in chiusura alla sera anche don Emanuele ha voluto rivolgere una domanda a Gildo Airoldi, ovvero per quale motivo portare i ragazzi in montagna, avvicinarli a questo mondo, e cosa può dare ancora la montagna all'uomo. "Perché è bello" ha detto Airoldi, raccontando della concentrazione che richiede affrontare una salita, dell'importanza di avere la mente libera da ogni pensiero e di essere concentrati su quello che si sta facendo, poiché con la natura non di deve mai scherzare. E infine di come la montagna insegni all'uomo che ci sono certi limiti che non è mai il caso di sfidare.
Ovazione del pubblico per Gildo Airoldi al termine della serata e infiniti ringraziamenti da parte di don Emanuele agli ospiti e a chi ha contributo all'organizzazione. Uscendo dal salone dell'oratorio Giovanni Capra si è reso disponibile al firmacopie, mentre Gildo Airoldi ha scambiato parole con le persone venute ad assistere alla serata e ha ricevuto un ricordo della serata da parte di don Emanuele. 
E.Ma.
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