Merate: una serata di riflessione tra la vita e la morte con la fraternità Casa Nicodemo

Riflettere sulla morte per dar ancor più importanza alla vita. E' stato questo il tema della serata intitolata "Può la morte insegnarci a vivere?", organizzata dalla fraternità Casa Nicodemo il 13 maggio in auditorium "G. Spezzaferri". "L'obiettivo - ha spiegato Cristina Bordogna - è quello di sperimentare una serata di ascolto e pensiero sulla tematica della perdita, della morte e di come trasformare la propria vita, dandone un significato e ponendosi obiettivi da raggiungere.

 

Bordogna ha introdotto la serata presentando i numerosi ospiti, testimoni di esperienze di vita e morte, che hanno portato la loro parola in aiuto a chi ha vissuto momenti simili: la filosofa e consulente pedagogica, Laura Campanello; don Venanzio Viganò, assistente spirituale all'hospice "il Nespolo"; un'equipe infermieristica di cure palliative; Manuela Pioltello, psicologa e recruiter; Rosita Garghentino, neuropsichiatra infantile. Ad accompagnare la serata intermezzi di musica e letture, legate al tema ed alla testimonianza appena portata.

Laura Campanello e don Venanzio

La prima ad intervenire è stata la filosofa Campanello, che ha condotto una serie di considerazioni sul valore della vita e sulla morte come trasformazione. Una riflessione incentrata sulla vita, non inesauribile, ma con un conto alla rovescia inesorabile. Capito questo dobbiamo comportarci al meglio delle nostre possibilità e migliorarci in ogni aspetto della vita, per sfruttare ogni minuto vissuto. La morte non è dunque puramente legata alla fisicità, ma si rivede anche nello sprecare il tempo che ci è dato, nel procrastinare e rimandare al futuro i nostri progetti. La morte conferisce alla vita un'autenticità dolorosa, una necessità di vivere il presente e sfruttarlo al meglio, in modo da non rimpiangere in futuro le opportunità sprecate. Il messaggio è quello di dover imparare a trasformare al meglio la nostra esistenza e renderla tale, ovvero sentendoci vivi e ricchi di esperienze e non come semplici visitatori che attendono l'ineluttabile fine.

Cristina, Rosita, Manuela, équipe infermiere

Successivamente ha preso parola don Viganò, il quale ha posto la visione di vita in un contesto spirituale. Una contemplazione sulla vita legata alla parola di Dio. "Molti evitano di riflettere sul percorso da loro intrapreso, riponendo ogni speranza e senso della vita nel grande progetto del Signore" ha spiegato il sacerdote. Questo modo di vivere è però sbagliato, in quanto in Occidente si tende ad avere un'idea di Dio come colui che tende i fili della nostra vita, che sceglie quale strada è giusto percorrere per farci poi giungere alla sua meta. "Il vero senso del volere di Dio è il vederci intraprendere con le nostre gambe i sentieri da lui battuti, ma senza avere una guida automatica. Dobbiamo costruire passo dopo passo la nostra esistenza, vivendo con passione e amore per gli altri e noi stessi" ha concluso don Venanzio.


In conclusione hanno brevemente preso parola la equipe di infermiere, seguite da Pioltello e Garghentino, così da testimoniare sulla vita e morte, con cui sono a contatto nel loro lavoro di ogni giorno, scegliendo una parola rappresentativa.

Le prime hanno scelto la parola "dono", in quanto ritengono che le loro esperienze, al fianco di numerosi malati terminali, abbiano donato loro lezioni di vita indispensabile, contribuendo a dar maggior valore alle persone che amano e alla loro esistenza.

La psicologa Manuela Pioltello ha incentrato la testimonianza sulla parola "coniglio", riportando la storia di una sua paziente adulta che, dopo la morte dei genitori, smise di occuparsi di se stessa, portandosi quasi alla morte. Unica zattera di salvezza fu il suo coniglietto domestico, che un giorno le si avvicinò per chiedere da mangiare. Lei iniziò ad uscire di casa costantemente per acquistargli da mangiare, fino a che un team di psicologi, assieme a Pioltello, le hanno trovato un lavoro, salvandola dalla solitudine mortifera. "Ogni momento in cui pensiamo di essere inutili e pronti alla morte, dobbiamo ricordarci che c'è sempre un coniglio che ha bisogno del nostro aiuto" ha spiegato.

Cristina Bordogna


La neuropsichiatra Rosita Garghentino ha selezionato "relazione", in quanto non si può non vedere la vita senza la morte. Per le morti ha sempre sofferto molto, in quanto estremamente legata alla vita. E' questo che rende difficile il suo lavoro, il vedere morire neonati o riscontrare malattie terminali in piccole creature che da poco avevano visto la luce. Ciononostante è sempre stata grata e legata a quello che fa, ritenendo che ogni morte non fa altro che rinforzare il nostro desiderio di vita e l'amore per chi ci sta attorno e quello che facciamo.

Terminata la serata Cristina Bordogna ha ringraziato per la partecipazione e le numerose esperienze condivise, augurando a tutti di rafforzarsi dalle esperienze di morte e di migliorare la propria vita, invitando a confrontarsi a Casa Nicodemo, per poter vivere altre serate simili.

M.Pen.
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