Merate: il mercatino di cose ''vintage'' sostenuto dai cinesi che guardano, fotografano, inviano, ricevono l’ok e...acquistano Hobbysta, i locali comprano poco la merce al 90% va in Cina


Hanno scandagliato tutto il mercatino disposto tra il castello Prinetti e piazza della Libertà, andata e ritorno più volte nel corso della giornata, dotati di smartphone di ultima generazioni, fotocamera, bastone estensibile (quello utilizzato anche per i selfie, ndr), treppiede di appoggio, auricolari e microfono. Non cameraman o cronisti intenti a raccontare il mercatino delle "antichità" sotto la torre ma "intermediari" tra l'Italia, in questo caso Merate, e la Cina. Una vendita in diretta tramite prodotti fotografati, descritti o videoregistrati inviati in tempo reale in Oriente dove un acquirente (società, privato, rivenditore, negozio) li ha visionati, studiati, valutati chiedendo in qualche caso immagini più nitide o puntate su particolari precisi e poi ha dato l'ok o meno per l'acquisto.

Una breve contrattazione con l'ambulante in qualche caso e poi il saldo della merce in contanti seduta stante.

A Merate è la prima volta ma, fanno sapere gli hobbysti, nella maggior parte dei mercatini funziona così ed è solo una questione di passaparola, poi arrivano ovunque.

Sono ragazzi di origine cinese, perlopiù studenti intenti a guadagnarsi qualcosa, tenendo i collegamenti con la madre Patria e diventando il tramite per comperare prodotti italiani di artigianato locale, vintage, da collezionismo.

Quest'oggi tra i banchi del mercatino ce n'erano 5/6 tra i venti e i trent'anni.

Inconfondibili i tratti somatici e "anomala" la loro presenza che è stata notata da chi si è trovato a passare tra le bancarelle.

Ciascuno di loro ha passato al setaccio ogni banco, autorizzati dal venditore a prendere in mano gli oggetti, girarli e rigirarli, fotografarli, in alcuni casi facendo anche una diretta video con la ripresa dell'intera esposizione e poi il "focus" su qualche prodotto specifico.

Porcellane, argenteria, quadri, ma anche mobili, sedie, suppellettili, oggetti da collezione. Tutto quanto ha un "fascino" o un imprinting italiano e che in Cina diventa merce rara e pregiata da esporre e, perchè no, magari anche da riprodurre.

A spiegare il funzionamento sono stati gli stessi intermediari. "Abbiamo contatti con il nostro Paese. Andiamo nei vari mercatini, fotografiamo gli oggetti e li inviamo online ai compratori. Ci viene detto quali vanno bene e quali no e noi li acquistiamo pagando direttamente il commerciante. Poi li spediamo in Cina".

Un processo molto semplice. Ma per che gli hobbysti è la salvezza. Perchè se qualcuno passeggiando tra le bancarelle di questi mercatini, non necessariamente a Merate, si è chiesto chi potesse essere interessato a comperare vecchi servizi di porcellana o argenteria, la risposta ora l'ha trovata. Chi l'avrebbe mai detto?

"Per noi rappresentano l'80/90% delle vendite. Meno male che ci sono loro, altrimenti..." hanno raccontato alcuni standisti "Settimana scorsa ero a Bergamo, uno di loro che oggi è qui ha acquistato un mobile. Me lo ha pagato subito, non avendo come trasportarlo fino a Milano ci ho pensato io ad accompagnarlo".

Lo dicono senza giri di parole: i clienti dei mercatini sono loro, i cinesi. Ovunque, anche stando...in Cina. Dal "locale" arriva ben poco, di certo non sufficiente a giustificare una giornata intera spesa in una città, spesso sotto il sole o con l'incertezza della pioggia, a volte al freddo altre temendo il vento.

 

Intercettato Merate, ora è probabile che anche le prossime puntate del mercatino delle antichità vedano il "dragone" snodarsi tra i banchi a caccia di prodotti unici, artigianali. Di certo non imitazioni.

S.V.
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