S. Maria: con l'ANPI, Magni e Brambilla si fa memoria della Resistenza sul territorio

 


Resistere significa, letteralmente, 'fermare respingendo', senza cedere né opporsi nei confronti di qualcuno o di qualcosa, mantenendo salda la propria posizione. È stato proprio di Resistenza - questa volta con la R maiuscola - che hanno parlato Alberto Magni e Anselmo Brambilla nel corso della serata organizzata in occasione della ricorrenza del 25 aprile in sala civica a Santa Maria Hoè. L'appuntamento, il secondo di due incontri, è stato organizzato dall'ANPI di Merate e ha visto il patrocinio del comune ospitante. Ad aprire l'incontro è stato Fulvio Magni, rappresentante dell'Associazione Nazionale Partigiani, che ha ringraziato caldamente il primo cittadino Efrem Brambilla per aver ospitato l'evento.

Fulvio Magni, Alberto Magni, Anselmo Brambilla

È stato proprio il concetto di Resistenza il protagonista della prima parte della serata: Magni, infatti, ha spiegato come la guerra di Liberazione servisse esclusivamente per abbattere l'occupazione nazifascista dal territorio italiano. "I partigiani" ha specificato "non erano altro che persone che volevano che la guerra finisse, pure con idee politiche contrastanti ma unite da un unico obiettivo". Il fil rouge della serata è stato proprio il nostro territorio, che nel corso degli anni del conflitto ha ospitato numerosissimi partigiani e ha visto fiorire un movimento molto forte di resistenza al nazifascismo. In un excursus storico, Alberto Magni - storico, docente all'Istituto Viganò di Merate e membro della segreteria dell'ANPI - e Anselmo Brambilla - storico, ricercatore e responsabile della sezione esteri per Regione Lombardia - hanno ripercorso la Resistenza nella Brianza lecchese, iniziata proprio sul Monte San Genesio dopo l'armistizio dell'8 settembre del 1943.

Per comprendere al meglio gli anni del fascismo, Magni si è concentrato sulla sua ascesa, avvenuta negli anni immediatamente successivi alla prima guerra mondiale. "Quel periodo si è portato dietro tensioni, violenze, difficoltà economiche e sociali, sfociando allo stesso tempo in grandi novità a livello politico e ideologico" ha esordito, ricordando di come dopo la rivoluzione russa il modello sovietico fosse quello a cui le forze di sinistra aspiravano. "L'idea che anche in Italia potesse affermarsi un regime come quello sovietico iniziò a spaventare a morte il ceto degli industriali, che formavano il partito liberale, ma quando nel 1919 venne approvato il nuovo sistema proporzionale due partiti di massa iniziarono ad avere grande risalto" ha proseguito, parlando del partito socialista e di quello popolare. È proprio nel marzo di quell'anno che il movimento dei Fasci di Combattimento, guidato da Benito Mussolini, fa la sua comparsa. Dotato di grande abilità giornalistico-politico, Mussolini riesce a farsi largo con il suo partito utilizzando forme di violenza e mobilitazione appoggiate dagli industriali. Analizzando la questione dal punto di vista locale, Magni ha ricordato l'episodio in cui le donne dipendenti della Tessitura di Paderno d'Adda stavano scioperando e il proprietario aveva chiamato i fascisti per dare man forte. Era così, dunque, che basandosi sull'idea di Giolitti gli industriali italiani si stavano servendo dei fascisti per ridare "equilibrio" alla collettività. 

Il fascismo fa la sua prima apparizione violenta sul territorio nella primavera del 1921 ad Oggiono, quando nel corso di un comizio del deputato popolare Merizzi i 'neri' iniziarono a fare baccano, sparando prima in aria e poi ad altezza d'uomo. È stato a questo punto Anselmo Brambilla a prendere la parola per raccontare il primo vero fatto di sangue: l'11 ottobre del 1943, a Giovenzana, arrivarono delle SS accompagnate dalla Guardia Nazionale Repubblicana, in cerca di un gruppo che era fuggito dal campo di prigionia di Grumello al Piano, in provincia di Bergamo. Lì, il prete don Riccardo Corti e il fratello, missionario del PIME, padre Ferruccio, avevano infatti accolto in paese alcuni degli ex prigionieri, provenienti da vari paesi. Catturati entrambi, i due furono processati e il primo fu condannato ai lavori forzati nel campo di Mauthausen, in Germania, dove rimase per lungo tempo fino all'intervento del Cardinal Schuster.  "Il 28 di ottobre sempre del 1943, questa volta ad Osnago" ha proseguito Brambilla "Gaetano Casiraghi, classe 1894, fu condannato a morte e impiccato con l'accusa di aver tagliato alcuni metri di filo di rame delle linee telefoniche, interrompendo così le comunicazioni tra i tedeschi".

Fulvio Magni

Alberto Magni e Anselmo Brambilla

È proprio sul nostro territorio che si sviluppa un forte movimento di resistenza al nazifascismo, che dà vita ad una serie di azioni trasversali che diventano il segno di un antifascismo condiviso, che attraversava ideologie e condizioni sociali. "Ognuno di coloro che si è messo in gioco per combattere il fascismo poteva avere un'idea diversa di società. Tuttavia, tutti coloro che lottavano erano sicuri di volere una società diversa rispetto a quella in cui vivevano, e per questo hanno creato qualcosa di unico nel suo genere, che ha capovolto una situazione difficilissima" ha proseguito Brambilla.  A questo punto della serata, il docente Magni ha ripreso parola per raccontare quali fossero i rapporti che legavano, poco prima dell'armistizio, tedeschi ed italiani. "Già nell'agosto del 1943 alcune divisioni alemanne erano riuscite a superare il Brennero. Tra i tedeschi e gli italiani della Repubblica di Salò c'era un rapporto estremamente conflittuale: i primi, infatti, volevano usare il nostro territorio per produrre materiale che sarebbe stato poi esportato in Germania. Il secondo macro obiettivo era quello di reclutare manodopera, e per fare ciò hanno creato una localizzazione militare che ha fatto del nostro territorio un perimetro chiuso in cui la popolazione era controllata dalla Guardia Nazionale Repubblicana". A Monza, ha spiegato Magni, c'era la sede delle SS, mentre Como era la residenza della direzione generale armamenti e produzione bellica. A Bergamo si trovava invece la Wehrmacht e piazza Garibaldi a Lecco ospitava la sede dell'arruolamento coatto dei lavoratori. Il territorio, dunque, era altamente presidiato tanto che Merate divenne il quartier generale delle truppe tedesche, e i nazisti controllavano le vie di comunicazione tra le città e la Valtellina.  Parlando dei luoghi della Resistenza, Magni e Brambilla non hanno potuto fare a meno di citare Aldo Carpi e il figlio Paolo, ucciso nel campo di sterminio di Kamenz, nella cui memoria il 25 aprile di quest'anno è stata posata una pietra d'inciampo a Mondonico di Olgiate.

"Il pittore Aldo Carpi ospitò in casa sua degli ex prigionieri inglesi, e il 23 gennaio del 1944 venne arrestato con l'accusa di avere origini ebraiche e di aver aiutato un'allieva israelita. Fu deportato nel lager di Gusen, da cui farà ritorno nel 1945.  Un ultimo pensiero, prima di lasciare spazio alle domande del pubblico, è andato poi alla 104^ Brigata Garibaldi SAP Gianni Citterio, fondata nel marzo del '44 a Cernusco e intitolata ad un partigiano monzese morto in battaglia. Il comando militare del gruppo venne preso da Nicola Marino, mentre l'aspetto politico venne coordinato da Ettore Sioli, detto Annibale. La Brigata faceva parte della Divisione Fiume Adda, e aveva distaccamenti in tanti comuni della zona come  Cernusco, Montevecchia, Merate, Olgiate, Calco, Brivio, Airuno, Arlate, Beverate, Rovagnate, Valgreghentino, Osnago, Paderno, Robbiate e Lomagna. Quella sui luoghi della memoria è stata una serata densa di contenuti, che ha evidenziato come sul nostro territorio, dopo la firma dell'armistizio e la fuga del Savoia, siano stati tanti i militari che si sono domandati cosa fosse giusto fare. Molti, come bene hanno spiegato i due relatori, hanno iniziato a pensare di reagire, ed è stato proprio il Monte San Genesio il punto focale in cui questi gruppi hanno cominciato ad organizzarsi. Ancora una volta, dunque, l'ANPI ha ricordato l'importanza di coltivare la memoria e di farlo ricordando tutti coloro che hanno lottato perchè la libertà germogliasse, perchè, come scriveva Calvino, "Forse non farò cose importanti, ma la storia è fatta di piccoli gesti anonimi. Forse domani morirò, magari prima di quel tedesco, ma tutte le cose che farò prima di morire e la mia morte stessa saranno pezzetti di storia, e tutti i pensieri che sto facendo adesso influiscono sulla mia storia di domani, sulla storia di domani del genere umano". 
G.Co.
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