Merate: gli studenti dell'Agnesi posano 2 pietre di inciampo a Arcore. ''A un padre amato'' morto di covid, poesia di una figlia
In particolare, gli studenti hanno recitato in tedesco e poi in traduzione italiana: "Mio fratello aviatore" di Bertold Brecht, "Lo avrai, camerata Kesselring" di Piero Calamandrei, sulla guerra e la Resistenza e "A un padre amato", di Patrizia Bui, dedicato alle vittime del Covid.
E proprio in quest'ultimo testo è racchiuso un dolore profondo e ancora pulsante che ha accomunato nei primi mesi del Covid a marzo 2020 migliaia di famigliari delle vittime, entrate negli ospedali o ricoverate nelle case di cura, e impossibilitate ad avere accanto a sé negli ultimi istanti di vita i loro cari. Privati anche di una sepoltura con la vicinanza di un parente.
La composizione della professoressa del liceo Patrizia Bui racconta in versi, delicati e struggenti, grevi di sofferenza, l'ultimo tragitto del padre Bruno, residente a Lecco, ammalatosi di Covid.
"Quando l'ambulanza è arrivata a prenderlo a casa gli hanno chiesto in quale ospedale volesse essere ricoverato e lui ha subito detto Merate perchè io ero più vicino" ha spiegato "è entrato il 30 marzo al Mandic, era il nostro giovanotto di 90 anni. Non l'abbiamo più visto. È morto l'8 aprile. È stato cremato e non ha avuto nessuno alla tumulazione dell'urna. Una situazione tristissima che condivido con tante famiglie di miei alunni".
Bruno Bui
Nella poesia il pensiero va agli ultimi attimi dell'uomo, con il solo pigiama indosso, che si lascia alle spalle la sua abitazione e i suoi affetti, alle parole non dette, agli abbracci che non ci saranno più, ai sorrisi persi, alla sua voce divenuta silente.
"A lui e agli oltre sei milioni di morti di covid nel mondo dedico queste parole" ha concluso la professoressa.
partito di casa
un lunedì mattina,
mai più rivisto
mai più risentita
la sua voce
nota.
Il suo corpo
tante volte abbracciato
al rivedersi
al salutarsi
di soppiatto
per fargli solletico
o anche solo per farlo sorridere,
in questo pomeriggio
qualunque
ritorna cenere
da un luogo che non
significa nulla
né per lui
né per noi
in un’urna
fredda e muta,
che non vedrò
nemmeno mai,
in questa fastidiosa
primavera che ho chiuso
fuori dalla porta.
Non so e non saprò mai
quello che avrei voluto dirgli,
quello che alla fine gli avrei detto
davvero,
se il corso del tempo
lo avesse spento
a piccoli tratti di corda regolari
oppure con colpi tremendi
inferti a tradimento
a un corpo sempre più
fragile.
A un padre amato
partito di casa
in pigiama,
disarmato
contro l’agguato
spietato,
ignaro dell’abisso di morte
che lo attendeva
dietro l’angolo
insieme a tanti altri
poveri corpi inermi,
fratelli ritrovati,
increduli spettatori di un destino
inimmaginabile,
vorrei riservare
un posto
buono, dove riposare per sempre
al sicuro da tutto,
nella zona più cara
del mio cuore.
15 Aprile 2020, ore 15.45, Cimitero Monumentale di Lecco