Osnago: toccante discorso di Brivio su storia e dura attualità


Come ogni anno si è tenuto per Osnago il corteo celebrativo del 25 aprile, per omaggiare i caduti ed inneggiare all'importanza della pace. Tappa finale della processione è stato come sempre il monumento in viale Rimembranze, davanti al comune, in cui gli alpini hanno posizionato una corona d'alloro e bandiere della pace, per onorare i martiri della resistenza, seguiti dall'esecuzione del silenzio d'ordinanza.


Ha preso poi parola il sindaco Paolo Brivio, il quale ha ringraziato i presenti, gli alpini, le forze dell'ordine e tutti coloro che hanno contribuito a dar vita ad una giornata ricca di eventi per la festa della Liberazione.

 

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"Alienum est a ratione, è aliena, estranea alla ragione. Sono le prime parole, citando Papa Giovanni 23esimo nell'enciclica Pacem in terris, che utilizzai il 4 novembre 2014, per parlare delle guerre passate del nostro paese, e le ultime che avrei voluto usare oggi. Invece la drammatica attualità che abbiamo oggi sotto gli occhi ci impone di non voltare lo sguardo e riflettere nuovamente sull'inumana follia della guerra, pur in una cornice di festa come ogni 25 aprile.

Poche sere fa ho avuto la terribile fortuna di seguire in tv un reportàge della bravissima giornalista Francesca Mannocchi. Fortuna perchè le immagini e le storie raccolte aiutavano a calarsi nella verità più autentica e profonda della guerra. La verità costituita dal fatto che la guerra è nient'altro che strazio crudele di vite, di famiglie, di relazioni, di comunità e di paesaggi. E nessuna razionalità politica, geopolitica, strategica ed economica basta a spiegare o può legittimare quello strazio. Infatti Papa Francesco ha ricordato pochi giorni fa che la guerra distrugge tutti, anche il vincitore. Noi non abbiamo abbastanza dolore ed abbastanza lacrime per guardarla in faccia quella terribile verità, infatti gran parte dei conflitti finiscono spesso dimenticati o ridotti a materia di talk show. Questa volta però la guerra ci è tanto vicina e minaccia di sovvertire e riscrivere gli equilibri planetari a cui ci eravamo attenuti ed assuefatti per decenni. Non possiamo voltare la faccia. Oggi è la festa della liberazione, figlia in Italia della convergenza tra resistenza partigiana ed avanzata alleata.

Per quanto le pagine di storia non vadano mescolate o indebitamente sovrapposte, perchè i contesti sono complessi e diversi tra loro, vorrei provare a celebrare il passato di cui siamo debitori e a cui siamo affezionati, ricavandone due indicazioni per il presente che ci atterrisce. La prima indicazione si rifà alle sagge parole pronunciate qualche giorno fa dal nostro presidente della Repubblica. Il 25 aprile, pronuncia Sergio Mattarella, rappresenta la data significativa per la nostra Democrazia. La liberazione fu certo lo scioglimento dall'oppressione di una dittatura feroce e ricomposizione dell'unità nazionale, ma il suo valore non sarebbe stato per noi tanto vitale, se non ci avesse dato in dono una democrazia compiuta e matura. I padri resistenti furono davvero padri perchè presto divennero padri costituenti della democrazia italiana, consapevolmente inserita e indiscutibilmente protetta dalle allenaze internazionali, politiche e militari che quegli uomini scelsero di stipulare. I nostri padri fecero la scelta di una democrazia di tipo repubblicana, europea, atlantica, che certo, nei decenni successivi, come tutte le democrazie che impropriamente definiamo occidentali, in tanti passaggi si è dimostrata fragile, incompleta e claudicante. Addirittura minata e tradita da interessi opachi, ideologismi violenti, poteri occulti e avventure militari discutibili. Ma la nostra democrazia rimane il miglior sistema esistito ed esistente per organizzare la convivenza tra diversi. Oggi siamo in presenza di una violenta aggressione militare all'Ucraina, che oltre ad essere una criminale violazione della legalità internazionale, è anche una minaccia alla democrazia. Alla guerra scatenata, uso parole pesanti, da quello che passerà alla storia come il regime più pericoloso e sanguinario, che abbia calcato la scena europea, dai temi di Hitler e Stalin, bisogna resistere senza ingenuità né disinteresse per i diritti degli ucraini, sottoponendo a doverosa e legittima critica, se occorre, le decisioni prese dai nostri governanti e dalle allenaze in cui siamo inseriti,ma riconoscendo che è nostro compiti e dovere storico, difendere la democrazia ed i suoi valori che ci furono consegnati alla Liberazione.

Come si protegga e si difenda la nostra democrazia, è però un dilemma che oggi ci attanaglia. Ottenere con le armi la resistenza ucraina? Fino a che punto si può correre il rischio di incoraggiare ad una catastrofica escalation bellica? Fino a che punto possiamo contraddire una Costituzione che ripudia la guerra? Sono domande che ci inquietano da settimane, ma anche in questo caso le lezioni dei nostri padri ci possono essere d'aiuto. Essi praticarono una dolorosa e prolungata, anche senza tante iniziali speranze di vittoria, resistenza armata, riuscendo a conquistare per l'Italia la libertà e l'autodeterminazione. Ma lo fecero senza ritenere che la guerra sia l'unico mezzo di risoluzione delle controversie internazionali. Non scelsero le armi, insomma, per amore delle armi o fede nelle armi. Questo va ribadito oggi, in tempi in cui gli sforzi diplomatici appaiono insufficienti e andrebbero sicuramente intensificati. Va ribadito in tempi in cui le politiche di riarmo sembrano divenire l'imperativo delle democrazie ed il discorso pubblico si ammanta sempre più spesso di retorica bellica. Ingenuità e disinteresse per la libertà dei popoli vanno banditi e va riconosciuto che in determinati frangenti la difesa armata con le sue allenaze è presidio di democrazia. Ma noi europei siamo chiamati a credere che la pace domani non può avere il volto di un bugiardo equilibrio di potenze riarmate sino ai denti. Siamo chiamati a creare una politica estera comune incardinata su valori di dialogo, cooperazione, mutuo soccorso, uguaglianza e fratellità tra i popoli, la quale asservisca a tali valori ad una difesa armata ed efficente, ma non aggressiva, aperta ma non espansiva, e che magari nel tempo riesca ad integrare pratica di difesa popolare non violenta. La libertà, la democrazia, la difesa per la pace.

Ma mentre i grandi della terra decidono, purtroppo nel male, le sorti del mondo, a noi piccoli cosa è possibile fare? A noi piccoli è possibile occuparci dei piccoli. Anzittutto i bambini, che oggi in Italia, dopo 77 anni di pace benedetta, rischiano di essere indotti a credere che la guerra sia una soluzione alle discordie tra i popoli, che la sopraffazione sia un'azione ammissibile, che le armi da sole regalino sicurezza e che in definitiva la ragione sia del forte bellicoso. Ai bambini delle scuole primarie, che hanno disegnato la pace ed i loro disegni sono su tutte le vetrine, diciamo un grazie sincero perchè hanno dimostrato di capire che la pace non nasce dal conflitto armato. A loro promettiamo ogni sforzo per rinnovare gli insegnamenti di una cultura di pace, di cui c'è bisogno come non mai. Soprattutto dobbiamo preoccuparci di quei piccoli che sono le vittime delle guerre e delle violazioni ai loro inallienabili diritti.

Oggi specialmente, siamo chiamati a preoccuparci ed occuparci dei profughi che sono giunti tra noi. Ad Osnago sono giunti dall'Afghanistan e dall'Ucraina ed alcuni di loro sono qui oggi, con nostro enorme piacere di aver accettato l'invito. La mia gratitutidine va alle famiglie che li hanno accolti innanzitutto. Quello che può apparire un atto di generosità ed umanità, è anche un'ammirevole dimostrazione che dal basso, nel quotidiano, si possono costruire democrazia, pace e fiducia nel futuro. Poi una parola affettuosa va naturalemtne a voi donne e uomini, ragazze e ragazzi, bambine e bambini che soffrite per le sorti dei vostri cari e dei vostri amici, del vostro paese e del vostro popolo. Siamo fratelli, vi daremo una mano come potremo e come sapremo. Una mano per aiutarvi a ritrovare serenità, ad avere fiducia nel futuro, a sperare in un ritorno a casa sotto il segno della libertà e della democrazia, e magari a credere nella possibilità, in un domani, di una riconciliazione nella giustizia tra persone e popoli, riconciliazione che è fondamento di pace vera.

A tutti, buona festa di liberazione onorata, di democrazia difesa, di pace costruita dal basso."

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