Merate: la storia della resistenza in Brianza rievocata dall'ANPI, con Magni e Brambilla
Alberto Magni e Anselmo Brambilla
Dal '43 i nazisti iniziarono a insediarsi nel territorio brianzolo per farlo suo e sfruttare ogni possibilità concessa a proprio vantaggio. Furono deportati infatti migliaia di militari italiani sbandati, chiamati gli "schiavi di Hitler", per farli lavorare fino allo sfinimento nelle maggiori industrie tedesche. Nel meratese vennero requisite 25 case e ville per farne centri strategici quali: tribunali militari tedeschi; caserme per le brigate nere e le ss italiane; edifici per la Guardia Nazionale Repubblicana; centri di "rieducazione militare" per i ribelli e i dissidenti. Fu in questo momento che nei cuori dei cittadini brianzoli scaturì il desiderio di ribellione, perchè contrari alla guerra e sicuramente non entusiasti dell'invasione tedesca, che voleva solo sfruttare popolo e territorio, e per una povertà anche alimentare dilagante.
Nacque così un sentimento comune di resistenza all'occupazione nazi-fascista, che ebbe come simbolo il San Genesio. Tutti i ribelli, i disertori, i militari sbandati ed i politici di sinistra, anche milanesi, si rifugiarono sulle montagne, e videro nell'eremo di San Genesio, sul monte Genesio nel lecchese, un perfetto luogo in cui rifugiarsi e dar vita ad una resistenza organizzata. Ex generali dell'esercito iniziarono a reclutare i soldati fuggitivi dai campi di lavoro e crearono diverse brigate partigiane, tra cui la più famosa del nostro territorio fu quella di Gianni Citterio. A questa rivolta si unirono molti operai che avevano dato vita a scioperi contro le aziende locali perchè i tedeschi volevano far sì che lavorassero per la produzione bellica del Reich. Altri curiosi membri della resistenza furono alcuni jugoslavi e rumeni che, a causa dei conflitti si erano insediati per trovare rifugio nella nostra zona.
Diversi furono i nomi ricordati per il loro valore ed impegno alla resistenza, tra questi: Gianna Rocca che a Rovagnate falsificava documenti per far fuggire gli abitanti in Svizzera; i fratelli Giovanni Emilio e Aldo Diligenti, che presero parte a molti combattimenti di rivolta, tra cui quello sul monte San Michele; Giacinto Lazzarini, comandante di una banda partigiana ed agente dell'OSS, riuscì a sventare un bombardamento tedesco che avrebbe raso al suolo Merate; Livio Gratton, direttore dell'osservatorio astronomico di Merate, che fu uno dei promotori del CLN meratese; il creatore del settimanale "La Brianza lavoratice" Ettore Reina, che visse ed operò sempre in clandestinità contro il fascismo; Valentino Carminati, sfollato milanese, fondatore dell'istituto oncologico milanese, divenne medico nel distaccamento Olgiate-Calco e curò numerosi paritigiani feriti. Altro nome che lottò contro l'occupazione fu Gaetano Casiraghi di Osnago, che venne impiccato per aver tagliato e rimosso numerose linee di comunicazione, in quanto la zona brianzola era un centro fitto e funzionale di telecomunicazione.
Ad ogni attacco dei partigiani a membri delle brigate nere, conseguivano rastrellamenti e fucilazioni di massa per scovare i ribelli, come a Valmadrera dove vennero bruciate case e torturati gli abitanti. Mai vennero pronunciati nomi e traditi i gruppi partigiani, sottolineando il clima di unità e volontà nella resistenza. Lo sforzo non fu solo combattivo, ma anche nell'aiutare i rifugiati in montagna, consegnando loro vestiti e cibo, seppur già scarso in quantità. Un popolo di eroi anonimi che senza tregua e rischiando la propria vita non smise mai di fronteggiare il dominio nazi-fascista, anche se ciò significava dividere famiglie per colpa dell'ideologia e creare una guerra civile. Citando Cesare Pavone, Magni termina in questo modo: "Ogni guerra è una guerra civile: ogni caduto somiglia a chi resta, e gliene chiede ragione".