Merate: la storia della resistenza in Brianza rievocata dall'ANPI, con Magni e Brambilla

Tema spesso dimenticato e quasi mai approfondito è quello dell'occupazione nazi-fascista nel territorio brianzolo dal 1943 al 1945 e dell'eroica resistenza incondizionata degli abitanti. Ad approfondire questo argomento sono intervenuti, in collaborazione con l'ANPI (Associazione Nazionale Partigiani d'Italiani), gli storici Alberto Magni e Anselmo Brambilla nella serata del 22 aprile, in occasione dell'anniversario dalla liberazione d'Italia.

Per avere un quadro generale della situazione fascista in brianza, è stata ripercorsa dalle elezioni del maggio 1921 la presa di potere mussoliniana in brianza. Una presa di potere la quale però, come dichiarato dallo stesso Duce non avvenne mai totalmente: "Non sono mai riuscito a fascistizzare la Brianza". Infatti la Lista Nazionale, nota anche come Listone e formata da partito fascista, maggiori esponenti dei gruppi liberali e altre numerose personalità, non riuscì mai a prevalere, neppure dopo la legge Acerbo del 1923, con la quale il partito eletto col più del 25% otteneva i 2/3 dei seggi. Unico partito extra fascista fu quello cattolico, che si insediò nel popolo, tanto che l'azione cattolica divenne centrale nella resistenza. Fu a questo punto che i gruppi fascisti stanziati nel nostro territorio, con a capo Nino Galimberti e Giussani, diedero il via ad attacchi mirati agli esponenti di sinistra e chiusero cooperative e circoli famigliari, cercando così di eliminare ogni traccia di resistenza. Un clima di ribellione che veniva smorzato dalla forza fascista, ma che non riuscì mai a spezzare la volontà dei cittadini brianzoli, fortemente contrari alla guerra e liberi da ogni forma di tirannia.

Alberto Magni e Anselmo Brambilla


Dal '43 i nazisti iniziarono a insediarsi nel territorio brianzolo per farlo suo e sfruttare ogni possibilità concessa a proprio vantaggio. Furono deportati infatti migliaia di militari italiani sbandati, chiamati gli "schiavi di Hitler", per farli lavorare fino allo sfinimento nelle maggiori industrie tedesche. Nel meratese vennero requisite 25 case e ville per farne centri strategici quali: tribunali militari tedeschi; caserme per le brigate nere e le ss italiane; edifici per la Guardia Nazionale Repubblicana; centri di "rieducazione militare" per i ribelli e i dissidenti. Fu in questo momento che nei cuori dei cittadini brianzoli scaturì il desiderio di ribellione, perchè contrari alla guerra e sicuramente non entusiasti dell'invasione tedesca, che voleva solo sfruttare popolo e territorio, e per una povertà anche alimentare dilagante.

Nacque così un sentimento comune di resistenza all'occupazione nazi-fascista, che ebbe come simbolo il San Genesio. Tutti i ribelli, i disertori, i militari sbandati ed i politici di sinistra, anche milanesi, si rifugiarono sulle montagne, e videro nell'eremo di San Genesio, sul monte Genesio nel lecchese, un perfetto luogo in cui rifugiarsi e dar vita ad una resistenza organizzata. Ex generali dell'esercito iniziarono a reclutare i soldati fuggitivi dai campi di lavoro e crearono diverse brigate partigiane, tra cui la più famosa del nostro territorio fu quella di Gianni Citterio. A questa rivolta si unirono molti operai che avevano dato vita a scioperi contro le aziende locali perchè i tedeschi volevano far sì che lavorassero per la produzione bellica del Reich. Altri curiosi membri della resistenza furono alcuni jugoslavi e rumeni che, a causa dei conflitti si erano insediati per trovare rifugio nella nostra zona.


Diversi furono i nomi ricordati per il loro valore ed impegno alla resistenza, tra questi: Gianna Rocca che a Rovagnate falsificava documenti per far fuggire gli abitanti in Svizzera; i fratelli Giovanni Emilio e Aldo Diligenti, che presero parte a molti combattimenti di rivolta, tra cui quello sul monte San Michele; Giacinto Lazzarini, comandante di una banda partigiana ed agente dell'OSS, riuscì a sventare un bombardamento tedesco che avrebbe raso al suolo Merate; Livio Gratton, direttore dell'osservatorio astronomico di Merate, che fu uno dei promotori del CLN meratese; il creatore del settimanale "La Brianza lavoratice" Ettore Reina, che visse ed operò sempre in clandestinità contro il fascismo; Valentino Carminati, sfollato milanese, fondatore dell'istituto oncologico milanese, divenne medico nel distaccamento Olgiate-Calco e curò numerosi paritigiani feriti. Altro nome che lottò contro l'occupazione fu Gaetano Casiraghi di Osnago, che venne impiccato per aver tagliato e rimosso numerose linee di comunicazione, in quanto la zona brianzola era un centro fitto e funzionale di telecomunicazione.


Ad ogni attacco dei partigiani a membri delle brigate nere, conseguivano rastrellamenti e fucilazioni di massa per scovare i ribelli, come a Valmadrera dove vennero bruciate case e torturati gli abitanti. Mai vennero pronunciati nomi e traditi i gruppi partigiani, sottolineando il clima di unità e volontà nella resistenza. Lo sforzo non fu solo combattivo, ma anche nell'aiutare i rifugiati in montagna, consegnando loro vestiti e cibo, seppur già scarso in quantità. Un popolo di eroi anonimi che senza tregua e rischiando la propria vita non smise mai di fronteggiare il dominio nazi-fascista, anche se ciò significava dividere famiglie per colpa dell'ideologia e creare una guerra civile. Citando Cesare Pavone, Magni termina in questo modo: "Ogni guerra è una guerra civile: ogni caduto somiglia a chi resta, e gliene chiede ragione".

Matteo Pennati
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