Brivio: l'avv. Andreotti spiega il Qohelet e la polvere sul senso di giustizia che va tolta
Con l'appuntamento di venerdì 8 aprile è volto al termine il ciclo di incontri organizzato dalla parrocchia "Le dodici tavole del Qohelet", omonimo titolo che il disegnatore e scrittore Alfredo Chiappori ha dato al suo quinto lavoro, un volume che raccoglie il libro di Qohelet e gode di un' introduzione scritta dal cardinale Gianfranco Ravasi.
Come per gli altri tre appuntamenti sono stati molti i concittadini riuniti nella chiesa prepositurale di Brivio per seguire la serata intitolata "Polvere". Contrariamente da quanto previsto, l'ospite non è stato l'avvocato Alessandra Colombo, bensì il giovane avvocato briviese Matteo Andreotti, che ha accolto di buon grado l'invito di Ugo Panzeri e ha ammesso di essersi immerso per la prima volta nella lettura del Qohelet proprio per prepararsi a questa serata.
Letto il quarto capitolo, l'avvocato Andreotti si è addentrato nei versetti e ha proposto quella che è stata la sua interpretazione. "Qohelet dice che l'uomo che si affanna per una continua ricerca di beni materiali finisce per essere predominato dall'invidia e dell'odio. Che poi, dice, è la stessa condizione dell'uomo solo, dell'uomo che non ha nessuno. In questo capitolo Qohelet pone l'attenzione sui temi dell'ingiustizia, della violenza, dell'invidia" ha sottolineato l'avvocato Andreotti.
È difficile credere che il senso della giustizia sia finito sotto uno strato di polvere, ha spiegato l'avvocato Andreotti. "Ho ripensato a quei casi di cronaca che vengono spesso trattati anche alla televisione, dove si continua a indagare per scoprire la verità, ma alla fine si arriva comunque ad avere una risposta non chiara. Ho pensato al senso di ingiustizia che le persone dall'esterno possono provare davanti a questi casi. Poi ho pensato a coloro che si vedono violare un diritto. Oppure, pensando alla posizione dell'oppressore e dell'oppresso, ho riflettuto sulla sensazione che entrambi possono provare credendo di essere dalla parte del giusto. E infine, il fatto che a volte la giustizia può non essere da una parte sola, ma da entrambe."
Le persone spesso dimenticano che dove ci sono dei diritti, ci sono dei doveri; dove ci sono delle azioni, ci sono anche delle conseguenze; dove c'è un'azione, c'è una responsabilità. "Ho pensato alla difficoltà delle persone che, con tutto questo senso di polvere sul concetto di giustizia, sono tenute a esprimere un giudizio, e quindi a cercare di togliere questa polvere per fare chiarezza".
Capita di dover difendere chi un'ingiustizia l'ha subita, ma anche chi l'ha commessa. "Può sembrare difficile da comprendere, ma anche chi ha compiuto un'ingiustizia ha il diritto di essere difeso. Anche questa è giustizia. Ma rileggendo il capitolo ciò che si evince - ha spiegato l'avvocato Andreotti - è che chi ha sbagliato è necessario che paghi. Meglio un giovane povero ma accorto, - recita il Qohelet - che un re vecchio e stolto, che non sa più accettare consigli. Il giovane infatti può uscire di prigione ed essere fatto re, anche se, mentre quello regnava, era nato povero."
Al termine della relazione dell'avvocato Andreotti, Ugo Panzeri e don Emilio l'hanno ringraziato, omaggiandolo (come accaduto anche con gli ospiti delle altre serate) con un libro sulla storia di Brivio. Ulteriori ringraziamenti sono andati poi al giovane Gabriele, che ha accompagnato gli appuntamenti deliziando i presenti con le sue melodie suonate alla tastiera, e le suore che hanno contribuito all'organizzazione. L'idea, ha fatto sapere don Emilio, è quella di proseguire con la lettura di altri quattro capitoli. Il prossimo appuntamento è fissato per venerdì 10 giugno.
Come per gli altri tre appuntamenti sono stati molti i concittadini riuniti nella chiesa prepositurale di Brivio per seguire la serata intitolata "Polvere". Contrariamente da quanto previsto, l'ospite non è stato l'avvocato Alessandra Colombo, bensì il giovane avvocato briviese Matteo Andreotti, che ha accolto di buon grado l'invito di Ugo Panzeri e ha ammesso di essersi immerso per la prima volta nella lettura del Qohelet proprio per prepararsi a questa serata.
"Tornai poi a considerare tutte le oppressioni che si fanno sotto il sole, - recita il Qohelet. - Ecco le lacrime degli oppressi e non c'è chi li consoli; dalla parte dei loro oppressori sta la violenza, ma non c'è chi li consoli. Allora ho proclamato felici i morti, ormai trapassati, più dei viventi che sono ancora in vita; ma più felice degli uni e degli altri chi ancora non esiste, e non ha visto le azioni malvagie che si fanno sotto il sole."
L'avvocato Matteo Andreotti
Nell'analizzare questi temi Qohelet indaga parallelamente anche il senso dell'esistenza dell'uomo. "Ho avuto difficoltà all'inizio a rapportare questo testo alla mia esperienza di vita professionale di avvocato, ma poi leggendo e rileggendo penso che le domande 'che senso ha la vita?' e 'che senso ha la fatica dell'uomo?' si possano tradurre in 'che senso ha la giustizia?, esiste ancora un senso della giustizia?, ha ancora senso credere nella giustizia?"
Le persone spesso dimenticano che dove ci sono dei diritti, ci sono dei doveri; dove ci sono delle azioni, ci sono anche delle conseguenze; dove c'è un'azione, c'è una responsabilità. "Ho pensato alla difficoltà delle persone che, con tutto questo senso di polvere sul concetto di giustizia, sono tenute a esprimere un giudizio, e quindi a cercare di togliere questa polvere per fare chiarezza".
Capita di dover difendere chi un'ingiustizia l'ha subita, ma anche chi l'ha commessa. "Può sembrare difficile da comprendere, ma anche chi ha compiuto un'ingiustizia ha il diritto di essere difeso. Anche questa è giustizia. Ma rileggendo il capitolo ciò che si evince - ha spiegato l'avvocato Andreotti - è che chi ha sbagliato è necessario che paghi. Meglio un giovane povero ma accorto, - recita il Qohelet - che un re vecchio e stolto, che non sa più accettare consigli. Il giovane infatti può uscire di prigione ed essere fatto re, anche se, mentre quello regnava, era nato povero."
"Cosa ci può voler dire con questa critica così dura, ma così vicina alla realtà odierna? La mia conclusione è che probabilmente se si vuole tornare ad avere un senso di giustizia non coperto dalla polvere, non serve vivere una vita in attesa che il vento la soffi via, bensì vivere una vita con il coraggio di essere noi a soffiare via questa polvere."
Don Emilio
Ugo Panzeri
E.Ma.