Merate: la fuga da Kharkiv di Vladimir e Oksa due radio ingegneri giunti all'osservatorio con la gatta Jessica. Il racconto del viaggio a piedi, in treno, bus e aereo senza acqua né cibo

Sono scesi dall'aereo a Milano con un trolley e uno zainetto rosa. Nel primo c'erano i pochi vestiti ed effetti personali che avevano messo assieme prima che le bombe cominciassero a flagellare la loro città e il rifugio sotterraneo dove erano riparati. Nel secondo, invece, rannicchiata sul fondo, con gli occhi spalancati per la paura e lo smarrimento, ma senza emettere da ore alcun suono, c'era Jessica, una favolosa gattina di colore nero, timidissima, che i suoi proprietari mai e poi mai avrebbero abbandonato.

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Vladimir e Oksa

Jessica durante il viaggio in aereo


Ora scorrazza nell'appartamento che l'osservatorio astronomico di Merate ha messo a disposizione e non appena sente passi estranei va a nascondersi dietro mobili e divani. Ma pur senza farsi vedere ha strappato il cuore a tutti.

Vladimir e sua moglie Oksa sono due ricercatori ucraini della città di Kharkiv, entrambi radio ingegneri. Sono scappati dalla guerra con due valigie, un peso nel cuore che si legge ancor oggi sui loro volti e lo si percepisce ascoltando i loro racconti, e il desiderio di ritornare un giorno, tra diversi mesi ne sono consapevoli, nella loro terra dove troveranno ben poco di quello che hanno lasciato.

Dal 15 marzo sono a Merate, dove erano giunti con altri connazionali ora ospiti presso altre comunità scientifiche, e hanno già ricominciato a lavorare ai loro progetti.
Hanno un figlio che è un giocatore professionista di basket e milita nella nazionale iraniana dove si trova tutt'ora. La nuora, invece, è una bellissima ragazza, eletta Miss Ucraina e che ora si sta occupando da volontaria di trasportare le persone in auto fino alla stazione per raggiungere altre città d'Europa. Il "passaggio" da Kharkiv glielo ha dato lei.

Nessuno si aspettava quello che poi è successo. "Il 24 febbraio all'alba quando hanno iniziato a sentirsi degli scoppi abbiamo pensato fossero fuochi d'artificio" ha raccontato Vladimir "nemmeno i militari immaginavano una guerra. Poi le bombe hanno iniziato a cadere e ci siamo rifugiati nella metropolitana". Per una settimana con altre sei persone, tre gatti e un cane hanno vissuto accampati nel corridoio della stazione, sdraiati a terra su giacigli di fortuna, con uno zaino e pochi oggetti di prima necessità. "Eravamo terrorizzati, non capivamo cosa stesse succedendo. C'erano centinaia di persone come noi nascoste sottoterra per paura delle bombe. Il 3 marzo due rockets (razzi) sono caduti accanto al rifugio: ha tremato tutto, le persone hanno cominciato a urlare disperate, i bambini piangevano spaventati. In quel momento io e mia moglie abbiamo capito che dovevamo scappare e che non c'era più tempo da perdere".
Con l'aiuto della nuora sono saliti su un'auto e sono arrivati a Lviv dove sono rimasti in un ostello per tre giorni ed è stato allora che Vladimir ha preso contatti con il collega Giovanni Pareschi dell'osservatorio di Merate, di cui è stato anche direttore, conosciuto nel 2020 durante alcuni studi sul covid.

Superfluo dire che dalla Brianza la disponibilità è stata massima e senza riserve.
La nuora di Vladimir, con due viaggi, sola in auto alla guida, ha trasportato il gruppo di 7 persone e tre animali fino a dove le era consentito poi è tornata indietro, decidendo di rimanere in patria per aiutare la sua gente.
Giunti al confine lo hanno oltrepassato a piedi, fino a raggiungere un centro di accoglienza. Qui sono riusciti a salire su un bus e poi su un treno fino ad arrivare a Cracovia.
Centinaia di chilometri percorsi il più in fretta possibile, cambiando diversi mezzi e in condizioni che sembrano riavvolgere il nastro del tempo indietro almeno di ottant'anni.

"Nella fuga abbiamo perso lo zaino con i viveri e ci siamo trovati sul treno in uno scompartimento, stretti in piedi con altre 15 persone. Eravamo tutti terrorizzati, stanchi, infreddoliti. Abbiamo viaggiato 25 ore senza avere acqua, senza poter andare in bagno, non sapevamo dove saremmo finiti, eravamo disorientati".
Arrivati a Cracovia la situazione pian piano ha iniziato a distendersi anche perchè il gruppo aveva trovato un primo appoggio a Merate. Restava solo di raggiungere l'Italia.
Il primo problema, però, si è presentato con la presenza degli animali da far arrivare oltre confine. Grazie a una volontaria che li ha portati allo zoo sono riusciti a trovare uno zainetto ad hoc per i viaggi dove poter trasportare Jessica. Poi è stato necessario provvedere alle vaccinazioni di rito e all'applicazione del microchip fino ad ottenere uno speciale passaporto per il felino. Sbrigate queste formalità è stato il momento di trovare un aereo che ne consentisse il trasporto. Non è stato facile ma finalmente tempo qualche giorno un volo della Lufthansa è partito con a bordo il gruppo di scienziati ucraini e i loro animali, ha fatto scalo a Monaco e poi è giunto a Milano dove hanno potuto tirare un sospiro di sollievo.
"Jessica per tutto il tempo del viaggio non ha emesso suono, non ha mangiato, è rimasta rannicchiata nello zaino. Quando siamo stati al sicuro probabilmente lo ha capito e già in macchina si è riappropriata della sua libertà saltando fuori dallo zaino" ha proseguito ridendo Vladimir

A Merate l'accoglienza è stata fraterna. Solo Vladimir e la moglie e naturalmente la loro gattina si sono fermati, il resto del gruppo aveva preso contatti in altri centri di ricerca che hanno raggiunto qualche giorno dopo.

A prenderli per la gola, naturalmente, è stato il cibo italiano che hanno trovato in abbondanza e di cui hanno potuto già gustare qualche prelibatezza locale. Piccoli gesti di attenzione che cercano in qualche modo di alleviare il dolore e la preoccupazione per il proprio paese e i propri cari lasciati a centinaia di chilometri di distanza.

A proteggere la loro fuga in Italia, Vladimir ne è convinto è stata una donna che lui ha visto attraversare la città bombardata, avvolta di luce, con le mani appoggiate sul ventre gravido, e che lo ha raggiunto mentre spaesato fuori dalla metropolitana dove avevano trovato rifugio per sei giorni si apprestava a scappare. Una presenza mistica protettiva che lui sente di avere avuto accanto durante tutto il viaggio.

Vladimir e Oksa stanno cercando di ritrovare una quotidianità fatta di lavoro e di relazioni, non semplice visto le notizie che arrivano dal loro paese ma hanno tanto coraggio e tanta voglia di andare avanti. E a far loro compagnia c'è la timida Jessica che a tutti i costi hanno portato con sé fuggendo dalla guerra. Per nulla al mondo l'avrebbero lasciata là.

S.V.
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