Brivio: il professor Clerici spiega Qohelet e le dicotomie che danno senso alle cose
Il professor Carlo Clerici
Dopo la lettura della terza parte del libro del Qohelet, prima di dare inizio al suo approfondimento, il relatore ha mostrato una copia personale del libro. "Sopra ogni libro che leggo sono solito scrivere il motivo per cui lo possiedo. Su questo c'è scritto «regalato da don Emilio. Febbraio 1989». Questo dimostra la sua premeditazione all'invito a questa serata, - ha scherzato - Mai fidarsi dei preti".
Carlo Clerici, che insegna ormai da vent'anni, ha ammesso la difficoltà di parlare di Qohelet ai cristiani, essendo un testo che si distacca molto dagli altri. "Ma perché questo libro è stato inserito nella Bibbia?" si è chiesto. "Il cardinale Gianfranco Ravasi scrive nell'introduzione che Qohelet è un libro pessimista. Qohelet non parla a Dio, ma parla sempre di Dio."
Il Qohelet, ha proseguito il relatore, è un parlare con amici di quello che ci capita nella vita. La vita però non è sempre quello che ci immaginiamo: è dura, ci porta ad affrontare il dolore. "Ma forse, come giustamente dice Leopardi riprendendo Qohelet, la vita è più segnata dal dolore".
"Però non dobbiamo perdere la speranza, perché c'è un fatto misterioso che accompagna la storia di questo libro. Il Qohelet è stato inserito nella Bibbia, seppur in maniera rocambolesca, e quindi un motivo c'è".
Don Emilio e Ugo Panzeri
Nei versetti letti durante la serata viene detto che il nostro soffio vitale è come quello degli animali "Si nasce e si vive, e in mezzo cosa c'è? In mezzo ci sono delle dicotomie continue nel tempo". E così il professore ha ripreso il testo: "C'è un tempo per nascere un tempo per morire, un tempo per piantare e un tempo per sradicare ciò che si ha piantato. Un tempo per uccidere e un tempo per curare, un tempo per demolire e un tempo per costruire. Un tempo per piangere e un tempo per ridere, un tempo per fare lutto e un tempo per danzare..."
"In questi versetti ci sono 14 opposizioni - ha spiegato - Nel primo capitolo Qohelet parla dei ritmi immutabili della natura, una sorta di eterno ritorno, come le stagioni. In questa natura ci siamo noi uomini, che siamo immersi in questi cicli, ma viviamo un tempo lineare. Noi nasciamo e moriamo."
Dunque il professore è arrivato al nocciolo della questione, ovvero il senso di queste dicotomie.
"C'è un tempo per abbracciarsi e un tempo per astenersi dagli abbracci. Soltanto dopo un virus abbiamo capito quei versetti. E se ci pensate, durante il virus astenersi dagli abbracci era positivo o negativo? Nel contesto della pandemia era positivo. Vedete, in queste dicotomie non ci sono degli opposti, non c'è positivo e negativo. Chi ha detto che fare lutto è negativo e danzare è positivo? Nei versi più avanti Qohelet dirà che è meglio entrare in una casa in lutto piuttosto che in una casa in cui si ride". Dio, dunque, in ogni momento ha fatto una cosa bella.
In tutte le dicotomie del terzo capitolo Qohelet mette in opposizione due verbi, ma alla fine conclude con una dicotomia fatta di due sostantivi: "C'è un tempo per amare e un tempo per odiare, c'è un tempo per la guerra e un tempo per la pace". "In tutte le azioni che compiamo dovremmo saper cogliere una pace e una guerra, - ha concluso - e la pace e la guerra dipendono solo da un fattore: da come sappiamo vivere il tempo, e il tempo ha un senso solo se lo percepiamo come un dono". È forse per questa visione proposta nel Qohelet che il testo è stato inserito nella Bibbia.
Venerdì 8 aprile si terrà il quarto e ultimo appuntamento del ciclo, l'appuntamento intitolato "polvere". Contrariamente da quanto previsto, non sarà l'avvocato Alessandra Colombo l'ospite, ma l'avvocato Matteo Andreotti.