Verderio: è morto Ismaele Baraggia storico imprenditore, titolare del famoso maglificio

Verderio ha perso uno dei simboli della sua storia imprenditoriale. Si è spento, infatti, all'età 82 anni Ismaele Baraggia.
Originario di ex Superiore, il suo cognome è particolarmente conosciuto in quanto era il primogenito dei fondatori del "Maglificio". A raccontare la storia dell'impresa, del suo sviluppo e del suo radicamente con la comunità locale, è stato l'ex sindaco Beniamino Colnaghi che conosceva molto bene la famiglia e in particolare Ismaele con cui si era confrontato diversi anni fa per ripercorrere l'attività e la storia della maglieria che diede lavoro a moltissime ragazze e donne residenti nei due Verderio, a Paderno d'Adda e, seppure in maniera minore, anche nella Bergamasca.   Il Maglificio aprì i battenti nel luglio del 1937 grazie al padre, Giuseppe Baraggia e alla moglie Pasqualina Pirola, nello stabile che ancora oggi esiste in via Principale. La buona qualità dei prodotti era frutto di "macchine di maglieria a mano Dubied, tra le migliori sul mercato dell'epoca, acquistate da una società svizzera che produceva macchine rettilinee" riporta Colnaghi sul suo blog. La produzione veniva venduta attraverso due modalità: da un lato ad alcuni commercianti locali, e dall'altro, dal titolare  stesso nei più grossi mercati di alcuni paesi nelle provincie di Como e nel monzese. Nonostante gli anni turbolenti della Grande Guerra, la produzione non si fermò, anzi visse un aumento della richiesta perché alcuni maglifici cessarono l'attività a causa dei bombardamenti e della politica fascista che puntò sulla produzione nazionale.

Secondo da sinista con gli occhiali Giuseppe Baraggia, accanto a lui Tarcisio Sala. Il maglificio
sposorizzò la squadra dell’oratorio di Verderio Superiore del 1° torneo serale di calcio della zona.

 

Al termine della seconda Guerra Mondiale i coniugi Baraggia furono molto lungimiranti e pensarono di costruire uno stabilimento più grande per ampliare l'attività di famiglia. Inizialmente l'idea era di rimanere a Verderio, ma una volta individuata l'area, di appartenenza della famiglia Gnecchi, questa non venne venduta, e quindi i Baraggia, furono costretti a cercare altrove. Era l'anno 1947, quando il nuovo maglificio trovò spazio a Paderno d'Adda in un'area in cui - scrive Colnaghi - "sorgeva una fornace, ormai in disuso, che prendeva il nome di Genasa, presumibilmente dal nome, o dal soprannome, del proprietario". Lì, il "boom economico e la capacità dei titolari di saper comprendere gli orientamenti del mercato e le nuove tendenze in atto fecero incrementare la produzione e il fatturato". Dalle 30 dipendenti a cui inizialmente dava lavoro la maglieria, si passò, nella metà degli anni Sessanta a raggiungere le 90 unità. "La maggior parte delle maestranze e delle operaie provenivano dai due Verderio; ciò anche grazie ad un reciproco atto di stima e fiducia che è sempre intercorso fra i titolari e le dipendenti" prosegue Colnaghi.
Quando il fondatore morì nel 1965, a prendere in mano le redini del maglificio furono proprio Ismaele e sua mamma - da sempre abile sarta - che si trovarono a dover affrontare la concorrenza nel settore. Colnaghi riporta che la nascita di nuovi poli tessili e magliai spinse i proprietari "a percorrere nuove e più impegnative strade. L'idea fu quella di porre la qualità al centro delle produzioni". Investimenti come l'acquisto di macchine nuove e più moderne (Dubied, Stoll e Protti) e telai più veloci e funzionali (Cotton) permisero di aumentare la produzione e diminuire i costi. Poi verso la fine degli anni Sessanta - prosegue Colnaghi - "i titolari tentarono di entrare nel mondo del prêt-à-porter e, nei primi anni Settanta, si avvalsero della collaborazione e della professionalità di un giovane architetto di Legnano, Gianfranco Ferrè". L'aiuto di Ferrè nel creare una nuova linea di moda, il marchio Blu 4, favorì ai Baraggia l'arrivo di nuovi clienti fra i giovani e il ceto medio emergente. Purtroppo, le grandi doti dello stilista legnanese lo fecero allontanare dal maglificio padernese, vivere qualche anno in India, per poi essere chiamato a la maison Dior di Parigi dove il marchio "GFF" divenne famoso in tutto il mondo. "La concorrenza cinese e asiatica, gli alti costi, la burocrazia asfissiante e la difficoltà del sistema industriale italiano ad adeguarsi ai tempi fecero il resto" conclude Colnaghi riportando l'anno di chiusura del maglificio, il 1983.
F.Fu.
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